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 2022  luglio 11 Lunedì calendario

Sorrento, Francesco abolisce l’elezione del parroco

Per oltre cinque secoli nella basilica di San Michele Arcangelo, a Piano di Sorrento (chi scrive è originario di questo paese del Napoletano), il parroco è stato scelto dai fedeli. Ne abbiamo scritto un paio di volte in questa rubrica: si chiama diritto di patronato e consente ai laici, in virtù di antichi oneri e onori legati alla fondazione della basilica, di eleggere il parroco. Il codice di diritto canonico (riformato da San Giovanni Paolo II nel 1983) lo contempla al canone 523, laddove recita che la nomina del parroco è fatta dal vescovo locale “a meno che qualcuno non abbia il diritto di presentazione o di elezione”.
Appunto. Solo che a Piano, nell’arco di oltre tre lustri, i due vescovi che si sono succeduti nella diocesi di Sorrento e Castellammare di Stabia, Felice Cece e l’attuale Francesco Alfano, non hanno mai indetto il voto e così l’amministratore parrocchiale Pasquale Irolla andrà via a settembre senza essere stato mai votato. È il primo caso in mezzo millennio. Un’abrogazione de facto di questo diritto democratico, nonché una conferma dell’atavico riflesso clericale della Chiesa che considera il credente come un suddito, in barba al Concilio Vaticano II.
Don Irolla fu nominato amministratore nel 2006, quando l’allora parroco Arturo Aiello (regolarmente eletto nel 1991) divenne vescovo di Teano (oggi è ad Avellino). Da allora, nonostante più sollecitazioni, la diocesi non ha ritenuto di convocare le elezioni in ben sedici anni. Nel Novecento, il diritto di patronato è stato attenuato con una terna di candidati stabilita dal vescovo: di solito è composta dall’amministratore parrocchiale – nominato subito per supplire alla “vacanza” – e altri due sacerdoti. Nel mondo sono una ventina le parrocchie che godono di questo diritto, di cui sette in costiera sorrentina.
A colpire, però, è che questa crociata contro lo jus patronatus venga portata avanti durante il pontificato di Francesco, un papa rivoluzionario cui la democrazia non dovrebbe far paura. Già tre anni fa Francesco e la Congregazione per il clero hanno soppresso il diritto di presentazione (l’altro jus previsto dal diritto canonico) in due parrocchie di Ischia. Un caso diverso da quello di Piano di Sorrento. Sull’isola, il vescovo sceglieva il parroco all’interno di una terna di candidati votata dal consiglio comunale. Nel caso del diritto di patronato, invece, la politica non c’entra nulla. A Piano questo vulnus è stato inferto dalla Chiesa locale con la consueta tattica del silenzio: don Irolla è stato trasferito a Capri e al suo posto arriverà un sacerdote che probabilmente non sarà mai “battezzato” dalle urne.
Due settimane fa, nella basilica di San Michele, si è svolta un’assemblea organizzata dall’Arciconfraternita della Morte e Orazione e al vescovo Alfano sono state chieste spiegazioni: un diritto che ha più di cinquecento anni non può morire così. Ma risposte non ne sono arrivate, in nome di una Chiesa clerico-centrica che calpesta i laici. Forse, l’unica strada è il ricorso al giudice ordinario italiano, visto che il Vaticano, in materia, ha un procedimento pasticciato e carente, come suggerito dallo studioso Jean Paul De Jorio in un saggio su Istituzioni Diritto Economia.