Il Messaggero, 11 luglio 2022
La bomba ecologica degli autodemolitori
Una bomba ecologica esplode nella Capitale dopo quarant’anni trascorsi tra proroghe, ritardi amministrativi, polemiche, pressioni politiche, ricorsi al Tar e persino alla Consulta, manifestazioni plateali che sono sfociate in assalti alla Regione Lazio, in blocchi della circolazione sul Gra e anche nell’occupazione degli archi dell’acquedotto Alessandrino. Con gli autodemolitori saliti sulla cima del monumento per minacciare di «essere pronti al peggio», pur di salvare le loro officine. Sì, perché sono quarant’anni a Roma che si discute di spostare gli 80 sfasciacarrozze della Capitale in estrema periferia. E invece restano saldamente al loro posto, con le licenze prorogate perché la politica non ha voluto decidere. Emblematica la vicenda della quarantina di sfasci presenti sulla Togliatti, gli stessi coinvolti o lambiti dalle fiamme del maxi incendio di sabato. Risale al 1997 l’accordo per la delocalizzazione: eppure sono ancora lì, con il carico di impatto ambientale, degrado e rischi. Inutili le proteste e le denunce presentate negli anni dai cittadini, preoccupati anche dalla loro salute. «Questa era una tragedia annunciata», commentano ora. Sabato una decina di officine è stata distrutta dalle fiamme. E la cosa ha spinto il Comune a riaprire questo dossier. «È arrivato il momento di mandarli via». Il Campidoglio, in collaborazione con la Regione Lazio e la Città metropolitana di Roma, sta già lavorando per mettere a punto un piano integrato di delocalizzazioni, che comprenda gli autodemolitori autorizzati ma, probabilmente, anche parte di quelli al momento privi di regolare licenza.
I SITI ALTERNATIVI
Il piano parte dalla scelta di possibili aree alternative per trasferire gli sfasciacarrozze. Alcune di queste, individuate dal Comune, sono all’interno del grande raccordo anulare: sempre su viale Palmiro Togliatti (ma all’altezza della Prenestina), quindi in via della Cecchignola, via Casal Boccone (all’altezza di via Ugo Ojetti) e via di Tor Cervara (nei pressi dell’intersezione con via Mario Schifano), dove ci sono 45 mila metri quadrati di spazio, adatti a ospitare una decina di autodemolitori. Ma la maggior parte delle aree utilizzabili è stata individuata fuori dal raccordo: via Aurelia (altezza via Pio Spezi), via della Storta (altezza via Selva Nera), via Boccioleto, via Casalbianco (Marco Simone), Osteria Nuova (via della Stazione di Cesano), Consorzio industriale Santa Palomba, via Casal Selce (all’intersezione di via Castel di Guido con l’Aurelia), via Maglianella (altezza via Serravalle Scrivia), via Vaccari (Ottavia), via di Salone (nei pressi della stazione ferroviaria) e via Laurentina (Valleranello). A Casal Selce, in particolare, è stata individuata un’area di 180 mila metri quadrati, buona in teoria per venticinque operatori. Tutto questo avviene in una Roma dove, pur di piegare le resistenze e le pretese della categoria, dal 2018 – durante l’amministrazione Raggi – è vietato rottamare auto, camion e motorini. Gli abitanti della Capitale devono portare i loro vecchi mezzi a smaltire in impianti oltre il perimetro cittadino, con gli sfasciacarrozze capitolini che possono soltanto comprare e vendere ricambi. Ma neppure questo paletto è servito a nulla, con l’ex sindaca sconfitta pure quando provò imporre agli smorzi di adeguarsi a più stringenti norme ambientali e di farsi confermare le autorizzazioni dopo una valutazione del Comune. Un ricorso al Tar spazzò via anche questo tentativo. Così si tornò alle proroghe: la Regione ne approvò una di 24 mesi, con Raggi che la fece impugnare la delibera dal governo. Ma inutilmente, perché la Corte Costituzionale diede ragione alla Pisana. Va da sé che anche questa normativa regionale, che prevedeva una ricollocazione entro il 2020, non è stata mai applicata.
LE TENSIONI
Intanto la tensione cresce. Sabato a Torre Spaccata alcuni residenti, costretti ad abbandonare le loro case, hanno inveito e provato ad aggredire alcuni autodemolitori. Sempre nella stessa giornata un gruppo di giornalisti e cineoperatori stavano provando a riprendere le fasi dell’incendio proprio davanti alle officine. Con i cronisti che sono stati minacciati: «Andate via o vi ammazzo. Vi sfasciamo tutto, che fate state riprendendo? Volete fare dei servizi?». In entrambi casi sono dovuti intervenire i carabinieri per riportare la calma ed evitare il peggio.