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 2022  luglio 10 Domenica calendario

Biografia di Massimo Bochicchio

a cura di Carlo Bonini (coordinamento editoriale e testo) Giuliano Foschini, Andrea Ossino e Fabio Tonacci 

Alle 11.30 di domenica 19 giugno, sulla Salaria, antica via consolare di Roma, muore in un incidente di moto Massimo Bochicchio, il broker che, in appena due lustri, ha movimentato non meno di quattrocento milioni di euro raccolti da una clientela vip che ruota intorno al sistema di relazioni e potere romano che ha nel Circolo Canottieri Aniene il suo simbolo e la sua cornucopia. Bochicchio se ne va tra le fiamme, quelle che bruciano il suo corpo e la moto che guida, in un ultimo drammatico twist di una vita mefistofelica. La sua. Reso riconoscibile solo dal braccialetto elettronico che porta chi, come lui, è agli arresti domiciliari in attesa di un processo in cui una parte dei suoi creditori reclama non solo una punizione esemplare ma, soprattutto, il fiume di denaro che a Bochicchio ha affidato e che Bochicchio ha fatto sparire. Come è stato possibile occultare tutto quel grano? E per farlo finire dove? Cosa ha reso possibile che lo schema Ponzi su cui Bochicchio aveva costruito la sua reggia degli specchi non abbia destato allarme tra i creditori fino a quando non è stato troppo tardi? Per trovare delle risposte abbiamo rimesso in fila i momenti chiave di questa storia, inciampando in almenoun altro cadavere e in qualcosa di più di una suggestione.Un amico di un amico. In certi ambienti, comincia sempre così. Con un amico che ti porta da un altro amico il quale ha un altro amico. Che scoprirai essere un fenomeno. Uno di quelli che «fidati, ti risolve ogni problema». E così, si annullano i gradi di separazione tra chi i soldi li ha e chi li deve nascondere (al Fisco) o farli fruttare a tassi di interesse da Pinocchio nel campo dei miracoli.Anche la nostra storia, dunque, comincia così. Un amico di un amico, nel 1998, presenta Gianfranco Lande a Massimo Bochicchio. Il primo ha 36 anni. Il secondo, 32. E fanno lo stesso lavoro. Sono dei broker. Promotori finanziari. Il che, detto in soldoni, significa frequentare i circoli romani che contano dove proporre investimenti in fondi esteri a fronte di guadagni tra il 10 e il 20 per cento del valore investito. Per giunta, in poco tempo e con l’immancabile clausola di stile dell’«assolutamente sicuro».Lande e Bochicchio orbitano nello stesso quadrante urbano della capitale, quello a più alta liquidità dei residenti: i Parioli. Lande gestisce due società che sono destinate a diventare tristemente note alle cronache: la European investments management (Eim) e la Européenne degestion privée (Egp), con sedi legali all’estero e filiali a Roma. Una delle quali ai Parioli, appunto. Dove, una dozzina di anni dopo quel primo incontro tra i due, i militari della Guardia di Finanza andranno a cercare senza fortuna il tesoro del “Madoff dei Parioli”.Bochicchio a metà degli anni Novanta è un giovane rampante, brillante, dall’intelligenza vivace, che fa delle relazioni sociali il principale strumento di lavoro. «Risultava simpatico a tutti con quella sua famosa parlantina», racconta chi lo ha conosciuto. «Era concavo e convesso allo stesso tempo. Era abile nell’intuire che tipo eri e dunque sapeva dirti esattamente le cose che volevi sentirti dire. Aveva sempre una soluzione meravigliosa se avevi messo del denaro da parte e non avevi ancora deciso che farne». Bochicchio, per altro, campano di origini (è nato a Capua) è anche fortunato. Perché a Roma, dove si è trasferito, ha conosciuto l’uomo che userà come biglietto da visita ogni qualvolta si presenterà al Circolo Canottieri Aniene, l’esclusivo club lungo il Tevere che di Roma, del vero potere romano è da sempre simbolo e teatro. Si chiama Giovanni Malagò, fa l’imprenditore e il dirigente sportivo e, dal 2013 in avanti, il presidente del Comitato olimpico nazionale italiano.Bochicchio diventa socio di Lande 27 luglio 2003L’incontro tra Bochicchio e Lande avviene per caso, come accade per quegli incroci destinati a modificare radicalmente il corso delle vite. I due si annusano, si riconoscono appartenenti alla stessa specie, si piacciono. Il 27 luglio del 2003, Bochicchio entra quindi nella Trollaby investments limited, una società fondata nel 1997 a Londra da Lande e di cui Lande, e il suo socio storico Roberto Torregiani, sono stati direttori.La Trollaby è una società di servizi rimasta attiva fino al 2007. Oggi Lande – contattato da Repubblica – non ne ricorda più né la ragione sociale né lo scopo. Allora il suo lavoro era gestire capitali privati, fare trading sui derivati, creare strutture fiduciarie, mettendo a disposizione dei suoi clienti delle società in cui poi, in qualità di fornitore, manteneva una carica. «La Trollaby era una di queste, da cassetto. Non mi pare di aver avuto a che fare con essa», spiega Lande. Spulciando nei registri delle camere di commercio estere spunta anche la Goldsearch Limited, attiva tra il novembre del 1994 e il settembre del 2000, dove tra gli amministratori, oltre a Lande, figurano Bochicchio, il suo socio e amico di infanzia Sebastiano Zampa, ancora una volta Torregiani e la compagna di Lande, Raffaella Raspi.Tra il 2003 e il 2004, le quotazioni di Bochicchio decollano. Raccoglie i primi soldi veri e li fa girare. I clienti si fidano. Il broker maneggia milioni di euro, spesso provviste in nero, che investe usando due società-vettori londinesi: la Kidman asset management e la Tiber capital. Le cose, insomma, funzionano da Dio e questo convince Bochicchio a trasferirsi nella sola piazza finanziaria che conti in quei primi anni 2000: Londra. Dove, nell’ottobre 2006, diventa – come si legge sul curriculum pubblicato sul sito della Tiber capital – direttore della Global banking and markets division di Hsbc, uno dei più grandi gruppi bancari al mondo. Anche qui, la considerazione che riscuote deve essere notevole perché, tra il gennaio 2008 e l’aprile del 2010, assume il ruolo di co-direttore e advisor per l’Italia della Global investment banking division. Entra così in contatto con Marzio Perrelli, banchiere e dirigente d’azienda nonché chief executive officer per Hsbc in Italia dal 2008 al 2018. Bochicchio percepisce redditi da Hsbc fino al 12 aprile del 2010, quando succede qualcosa che gli amici meglio informati sussurrano così: «Questo è uscito male dalla Hsbc, sei anni fa, sette anni fa è uscito male, la Hsbc al cento per cento non ne voleva più sapere».Ma vediamo come invece illustrerà questo passaggio londinese l’interessato, una volta arrestato, estradato in Italia e sottoposto a processo. Pubblico ministero: «Posso chiederle come si interrompe il suo rapporto con la Hsbc?» Bochicchio: «Mi fa un regalo con questa domanda, perché ho letto sul giornale che io ero stato cacciato. Lei consideri, e sono dati che potete chiedere a Hsbc, che ci sono due modi per lasciare una banca:bad leaverogood leaver, ossia una persona che va via in ottimi rapporti. Io ho fatto un accordo di uscita con Hsbc come good leaver alla fine del 2010. Sono stato uno dei pochissimi a cui è stato concesso di incassare le azioni con cui ero pagato in bonus nei tre anni successivi all’uscita dalla banca».Il testimone chiave. “Bochicchio? Dopo la Hsbc si è messo a lavorare con Lande”. Milano, 2020Fabio Caleca è tante cose: manager finanziario specializzato nella creazione di fondi di investimento, consulente nel settore degli hedge funds, consigliere indipendente di una ventina di fondi e consulente di un pool di clienti di Bochicchio che hanno visto scomparire i risparmi. Soprattutto, agli occhi dei pm di Milano è persona che conosce bene ilmodus operandi del broker nato a Capua. Ha riferito della sua radiazione dall’albo della Consob nel 1998-1999 «perché produceva documentazione falsa a favore dei clienti di cui investiva i risparmi».In effetti, il racconto di Caleca è confermato dai documenti. La parte del suo resoconto che più incuriosisce gli inquirenti è però un’altra. Questa. «Da dipendente della Hsbc Bochicchio ha iniziato a spostare la clientela acquisita per la banca verso la Kidman asset management con sede nelle British virgin island. Al fine di invogliare i nuovi clienti, mostrava un organigramma fittizio da cui emergeva che la Kidman fosse controllata dalla Hsbc e convocava i clienti per le firme dei contratti direttamente negli uffici della banca. Hsbc licenziò nel 2010 Bochicchio per non meglio precisate ragioni e lui allora si è dedicato a incrementare i propri clienti tramite la Kidman e il noto Gianfranco Lande»."Hai il miglior dritto di tutta Roma” Estate 2011, Circolo Canottieri Aniene, RomaOra, se volessimo fissare un punto, nel tempo e nello spazio, dove la parabola di Bochicchio si impenna verso l’alto, ecco, dicono di metterlo qui: estate 2011, un tavolo dell’Aniene, Jovanotti che canta “Il più grande spettacolo dopo il big bang”, le magliette sudate di una partita di tennis appena terminata, un giovane consulente finanziario che fa la spola tra Roma, Milano e Londra e di cui si dice un gran bene.«Hai il miglior dritto di tutta la Capitale». «Sei un paracu... Massimo, lo hai detto giovedì scorso anche al professore!«Perché non avevo ancora visto il tuo!».Sembra sempre sincero. E forse, in parte, lo è. Il suo sorriso e l’affabilità funzionano più della carta intestata Hsbc, falsa, con la quale promuove il fondo Kidman, quello che, magicamente, produce il 10 per cento annuo di cedola netta. Un rendimento che «manco le armi e la droga...». A Bochicchio credono tutti. Gli ex allenatori della nazionale Antonio Conte e Marcello Lippi. Calciatori come Stephan El Shaarawy e Patrice Evra. L’ambasciatore in Gran Bretagna, Raffaele Trombetta. E centinaia di professionisti, conosciuti nei circoli, nelle cene, con il passaparola, che hanno deciso di affidare a quest’uomo simpatico e ciarliero «il loro tallone d’Achille», come lo chiamava con sarcasmo Bochicchio: milioni di euro guadagnati in nero che andavano ripuliti per poter essere reimmessi sul mercato.A Bochicchio credono tutti anche perché porta risultati. Chi ha investito con lui racconta di aver ricevuto, ogni sei mesi, un file pdf con il resoconto dei guadagni in titoli azionari e fondi immobiliari. «La domanda: “Come fa a farci guadagnare tutti questi soldi?” se la sono fatta in tanti», spiega uno degli investigatori che per tre anni si occuperà di inseguire Bochicchio. «Come era successo con i clienti di Lande, quando si ha l’illusione di rendite facili non si cerca la risposta giusta, ci si accontenta di quella migliore». Bochicchio riusciva a far lievitare i capitali grazie a un «algoritmo proprietario»: una funzione che vende e compra in automatico azioni, seguendo i ribassi e rialzi del mercato. «Senza alcun pericolo», assicura Bochicchio. «Gli scambi li facciamo in orario notturno, a Borse chiuse». Un’evidente panzana. Ma tant’è."L’imputato si alzi”. Aula della IX sezione del Tribunale di Roma, 28 giugno 2012All’inizio dell’estate del 2012, Gianfranco Lande è un uomo provato. Barba lunghissima, occhi spiritati, dimagrito, gli ultimi due anni sono stati un inferno. Da quando una delle sue clienti, la signora Paola Vivian, il 9 ottobre 2009 è entrata nella caserma della Guardia di Finanza per presentare un esposto contro di lui, il suo mondo dorato è collassato. La crisi delle banche e dei subprime del 2008 ha spaventato chi gli aveva affidato i soldi. Si sono messi tutti, e tutti insieme, a chiedere di rientrare e così il Sistema è andato rapidamente a gambe all’aria. Quando entra la Corte che sta celebrando il suo processo, Lande si alza in piedi nell’aula della IX sezione penale del Tribunale di Roma. È solo. Gli altri imputati (Roberto Torregiani, Gian Piero Castellacci de Villanova, Raffaella Raspi) hanno scelto il rito abbreviato. L’accusa per tutti è di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di abusiva attività finanziaria, di truffa e altri reati contro il patrimonio. Trecento milioni di euro, euro più euro meno. Tra i clienti che rischiano di non rivedere più un quattrino ci sono Sabina Guzzanti, David Riondino, Francesco De Cecco, i fratelli Vanzina, Samantha De Grenet, i calciatori Stefano Desideri e Ruggiero Rizzitelli. Gli avvocati difensori di Lande, Salvatore Sciullo e Susanna Carraro, avevano inserito Bochicchio e il suo socio Zampa nella lista dei testimoni da ascoltare, in quota “consulenti di Lande”, ma non c’è stato modo di trovare i due. Quindi, per difetto di notifica non sono stati chiamati in aula. La Corte (Carmelita Russo, Anna Maria Gavoni e Roberto Ranazzi) condanna Gianfranco Lande, ribattezzato il Madoff dei Parioli, a nove anni di carcere.Il re dell’algoritmo Estate 2011—estate 2019, Londra-Milano-RomaDa quell’estate il mito di Massimo Bochicchio, l’illusionista del denaro pesante, il broker in grado di fare scomparire, riapparire (e poi scomparire ancora) il denaro, si gonfia come una mongolfiera. Complice anche l’eclissi di Lande, la clientela, come impazzita, si moltiplica, affidandogli centinaia di milioni che scompaiono in mille rivoli contabili al punto da renderne difficile una quantificazione esatta. «Tra i quattrocento e i seicento milioni», scriverà la Finanza in una delle informative agli atti delle inchieste delle procure di Roma e di Milano. Bochicchio in una conversazione telefonica parlava del triplo. «Ho fatto un investimento da un billion e otto». Un miliardo e ottocento milioni di euro.I clienti, per altro, non si preoccupano troppo di dove siano esattamente i soldi. Almeno fintanto che le cedole arrivano. In quattro anni – lo schema dell’investimento proposto dal broker è sempre questo – il capitale sarebbe comunque rientrato. E le cose, effettivamente, vanno in questo modo per sei, sette anni. C’è chi incassa regolarmente le cedole. E chi invece le lascia a Bochicchio per recuperare la somma complessiva, capitale più interessi, solo alla fine del contratto di 4 anni («Gli interessi li ha staccati praticamente ogni anno, ma noi non li abbiamo mai presi perché prendevamo tutto all’ultimo», dice Daniele Conte, fratello dell’ex ct Antonio). C’è chi riesce a rivedere i propri risparmi. E chi invece, scaduti i quattro anni, si riaffida a Bochicchio. «Con i soldi dei nuovi investitori, pagava cedole e capitale ai vecchi», ragiona l’investigatore della Guardia di Finanza. Uno schema antico che porta il nome dell’immigrato italiano, Charles Ponzi, che lo brevettò negli anni Venti del ’900 negli Stati Uniti: partì da 2 dollari, arrivò a raccoglierne 15 milioni. «Uno schema che ha un finale già scritto: a un certo punto tutto, inevitabilmente, crolla». Ebbene, in questa storia, il «punto di rottura» si ha nell’estate del 2019 quando gli amici di Bochicchio si accorgono che qualcosa non torna. Sulle prime, lo bisbigliano ai tavoli dell’Aniene. «Avevo un’urgenza, ho chiesto a Massimo il rientro del capitale e mi sta raccontando un sacco di fregnacce». «Anche a me». «Anche a me». «Anche a me...». È l’inizio della fine.Un decesso con pochi dettagli Londra, 29 ottobre 2019Luca De Lucia è uno dei soci di Bochicchio. Di più, è anche suo cugino, perché figlio di Giuseppina Ingicco, sorella di Anna Ingicco, madre del broker. De Lucia ha 42 anni ed è in salute. E tuttavia, il 29 ottobre del 2019, mentre a Roma comincia a montare la preoccupazione per il mancato rientro dei capitali affidati a Bochicchio, lo trovano morto nell’appartamento al civico 107 dell’elegante Wymering Mansion, a Londra. Per quasi otto anni, De Lucia è stato nell’organigramma della Tiber capital, ha gestito i contatti con Gianluigi Torzi e Nicola Squillace, il broker e il legale coinvolti nella vendita-scandalo al Vaticano dell’immobile di Sloane Avenue, con i quali aveva in mente alcuni possibili investimenti. Ufficialmente, De Lucia muore per cause naturali. La polizia britannica non fa indagini approfondite. Il caso viene chiuso e rubricato come «malore».La caccia al tesoro. Picasso e Warhol Febbraio 2020, LondraLa fine si mostra con una certa drammaticità nelle stesse settimane in cui il mondo scopre un virus chiamato Covid. La finanziaria Kidman, la principale cassaforte attorno a cui il broker ha costruito la sua architettura societaria, scaduto un investimento quadriennale per una dozzina di risparmiatori non è in grado di restituire il capitale iniziale. Non sono briciole, ma 60 milioni di euro. Gli investitori cominciano a tempestare Bochicchio di telefonate. «Tranquilli, è un momento difficile. Il Covid. Ora risolvo». Tra le doti del broker, ce n’è una più spiccata delle altre: saper mentire. «Mi ha detto che era su un taxi a Londra. L’ho appena visto a Piazza Euclide», metterà a verbale uno dei truffati. «Sto facendo un lavoro della madonna per chiudere tutto. Abbiate la pazienza di darmi qualche giorno – chiede a Rodolfo Errani, uno dei suoi soci – Anche perché devo fare 20 anni di galera se non risolvo. Stiamo disinvestendo tutto». Giura. Ma mente. I soldi non ci sono più, o se ci sono non sono nella sua
immediata disponibilità. Scrive la Guardia di Finanza: «A partire dal 2011, attraverso Kidman e Tiber, Bochicchio raccoglie cospicui capitali, veicolandoli in investimenti realizzati in Paesi a ridotta tassazione, come Singapore, Hong Kong e Dubai.In molti di questi Paesi si poteva appoggiare a persone potenti, legate al governo», circostanza grazie alla quale «poteva usare fondi neri e poi rientrarne in possesso dopo averne fatto perdere le tracce». Il punto è che a essere investita è solo una parte dei capitali raccolti. «Gran parte delle somme prese ai risparmiatori – scrive ancora la Finanza – non sono state impiegate nella sottoscrizione di strumenti finanziari, ma dirottate dai conti della Kam (Kidman asset management ltd) a quelli personali di Bochicchio e di Sebastiano Zampa (il suo braccio destro). Poi dal broker movimentate a favore della moglie e del fratello Tommaso e utilizzate per spese personali». Detto altrimenti, quel fiume di soldi Bochicchio se li è in parte spesi. Come? Dal 7 gennaio 2014 al 20 ottobre 2020, «l’estratto conto delle carte di credito registra un totale di uscite per 1.715.796 euro con causali varie». Settimane da sogno a Borgo Egnazia, il resort dei divi di Hollywood in Puglia. Spese da Chanel. Case a Roma e Cortina. Un vaso di Picasso. Quadri di Andy Warhol e Mario Schifano.L’epilogo si avvicina. Gli amici londinesi, che vedono evaporare i loro capitali, si rivolgono a un giudice. Tra di loro c’è anche Antonio Conte perché Daniele, suo fratello, era finito a lavorare con Bochicchio. L’allenatore è affranto: «Non mi sono accorto di un cazzo». Londra ordina il sequestro dei soldi. Ma i soldi non ci sono più. La procura di Milano, nello stesso momento, avvia un’indagine potenzialmente esplosiva. Una fonte confidenziale ha raccontato agli inquirenti che Bochicchio è l’uomo incaricato di gestire, all’estero, il frutto di una tangente pagata per pilotare l’aggiudicazione dei diritti televisivi della serie A. I pm di Milano trovano i primi riscontri e iscrivono Bochicchio e il gotha della Finanza italiana nel registro degli indagati per corruzione, cominciando una serie di accertamenti e ascoltando migliaia di intercettazioni telefoniche.Bochicchio ormai è finito. Lo sa anche il presidente del Coni che prova a rassicurare l’ex ct: «Antonio, posso dirti una cosa? Magari dico una stupidaggine, penso che i soldi lui li abbia, il problema è che si è sparsa la voce... tutti stanno a rientro e quindi lui contemporaneamente non può sistema’ tutti (...) Questo lo conosco da quarant’anni, è una delle persone più simpatiche e brillanti che abbia conosciuto in vita mia (...), secondo me se non sistema tutto da un momento all’altro l’arrestano». Ha ragione Malagò. Mentre Milano chiede l’archiviazione per l’inchiesta sulla presunta corruzione non trovando elementi sufficienti per sostenere un processo, da Roma ordinano l’arresto di Bochicchio. Truffa più una sfilza di altri reati.Game over. Il re è caduto. Latitanza a cinque stelleMarzo 2021, DubaiQuando le cadute sono rovinose trascinano con sé tutto ciò che è stato e tutto ciò che incontrano sulla propria strada. Le partite di tennis e di volley a Sabaudia, le cene a Londra, le barche a Ponza sono un ricordo che svenisce con la stessa velocità con cui sono svaniti i capitali che le hanno rese possibili. La nuova agenda del broker è governata da altre priorità: la signora Bochicchio vive nella paura che un altro creditore si parcheggi per ore sotto casa, come spesso è accaduto. Il fratello continua a ricevere le telefonate di chi pretende di sapere che fine abbia fatto Massimo. C’è anche chi bussa alla porta di “amici” non raccomandabili. Lo fanno coloro che non possono denunciare di aver perso ciò che, ufficialmente, non possiedono, non hanno mai posseduto e non potrebbero possedere. Insomma, quelli del “tallone di Achille”. Che, per altro, hanno perso tantissimo.Lui, ora ribattezzato dai giornali il Madoff dell’Aniene, è a Dubai, lontano da chi lo insegue: sbirri e creditori inferociti, vecchi amici e nuovi nemici. Dubai, per Bochicchio, è una seconda casa. C’è stato più volte, anche quando diceva di andare negli Emirati per incontrare «persone potenti», «legate al governo», gente che ha «un grosso potere in quelle zone» e potrebbe risolvere il pasticcio in cui si è cacciato. Nella primavera 2021 nessuno crede più alle favole del broker. E, il 31 marzo,Repubblicaottiene le conversazioni che i clienti del latitante si scambiano nei gruppi WhatsApp.Quelle chat lo collocano a Dubai quattro mesi prima del suo arresto, quando ormai l’Interpol gli sta alle costole e la Procura di Roma lo accusa di riciclaggio internazionale. «Guardatelo! È a Dubai alla faccia nostra! Ma prima o poi lo pizzicano, avoja se lo pizzicano...», scrivono le vittime. Circola anche una foto, con Bochicchio abbronzato e sorridente in compagnia di due uomini: «Saranno le sue guardie del corpo», ipotizzano nella chat, mentre gli inquirenti che ne hanno seguito gli spostamenti anche a Madrid certificano che «i movimenti delle sue carte di credito attestano che si trova all’estero, dove mantiene un elevato tenore di vita, contando anche sull’aiuto che proviene dalla moglie». Il soggiorno dorato, in ogni caso, dura poco. Perché Bochicchio comunque sente odore di affari, anche a Oriente, sempre in Paesi in cui si crede al sicuro. Dopo gli Emirati, va infatti ad Hong Kong, quindi raggiunge Singapore e di qui si sposta in Indonesia, dove la sua corsa finisce con le manette ai polsi.Fine corsa 9 Luglio 2021, GiacartaNell’estate del 2021 la traiettoria di Massimo Bochicchio ricorda quella di una mosca impazzita. I suoi spostamenti hanno modalità e cadenza frenetiche. Fa e disfa valige ad horas, prende aerei come fossero taxi per brevi stop-over durante i quali incontra di persona interlocutori di cui solo lui conosce l’importanza. Anche chi gli è alle calcagna si muove in fretta. In Italia vengono sequestrati i suoi beni, mentre fuori dai confini si seguono le tracce che lascia la sua carta di credito. Viene immesso nel sistema Interpol un mandato di cattura internazionale che lo sfiora un paio di volte tra Hong Kong e Singapore. E non a caso, in luglio il broker comincia a sentire di aver esaurito il suo tempo. Il denaro, almeno in contanti, sta finendo. E così l’ottavo giorno di quel mese, Bochicchio prepara per l’ennesima volta la valigia. È a Giacarta, in un tiepido mercoledì estivo, quando esce dall’albergo e si dirige verso l’aeroporto. Per quella che, più di un arresto, sembra una resa. «Io non sono stato arrestato, non sono stato portato in cella, non sono stato oggetto di estradizione perché mi hanno espulso per permettermi di tornare subito dove volevo tornare, mi hanno tenuto in una stanza della caserma della polizia metropolitana insieme ai poliziotti che lavoravano, mi hanno fatto dormire là, non sono mai stato arrestato... io sono andato all’aeroporto per tornare», dirà, quando le foto che lo immortalano con le manette ai polsi rasserenano momentaneamente i creditori.Arrivato in Italia sostiene di essersi consegnato volontariamente, di essere pronto a restituire ogni centesimo, di essere anzi una vittima della congiuntura del mercato finanziario, e «anche del casino del Covid». Giustificazioni che espone dodici giorni dopo l’arresto, il 20 luglio, quando è in compagnia del suo avvocato, Gianluca Tognozzi. I due siedono davanti al pm Alessandro Di Taranto e al giudice Corrado Cappiello. È il giorno dell’interrogatorio di garanzia e Bochicchio ripercorre la sua scalata, tratteggia l’architettura delle sue società, insiste nel dire che i soldi che ha gestito sono puliti e spiega al giudice che gli arresti domiciliari «sarebbero una mostruosità». «Non tenetemi ai domiciliari, non c’è motivo, voglio solo fare il mio mestiere, restituire i soldi, non ho altro obiettivo nella vita».Ma la situazione, già complicata, si fa ancora più intricata qualche mese dopo, a novembre, quando la procura lo arresta una seconda volta. Con una nuova accusa: abusiva attività finanziaria. «L’investimento viene gestito in Inghilterra, non c’è bisogno di alcuna autorizzazione», si difende il broker che il 29 novembre, durante il suo secondo interrogatorio, ribadisce la promessa. «Se volevo fare qualcosa rimanevo a Dubai, non è questo il mio obiettivo. Non ho mai voluto esimermi dalle mie responsabi-lità, voglio fare in modo che i denuncianti abbiano il rimborso dell’investimento». Con i pm viene concordato una sorta di piano di rientro. E tuttavia i tempi si dilatano, le speranze dei creditori si affievoliscono, per poi svanire definitivamente la mattina dello scorso 19 giugno.Uno strano incidente 19 giugno 2022, RomaIl 19 giugno, una domenica, sono da poco trascorse le undici del mattino quando Bochicchio è a bordo della sua moto Bmw 750. Il diabete, di cui soffre da tempo, non gli dà tregua, e il giudice gli ha permesso di uscire dagli arresti domiciliari, dove si trova, un paio d’ore al giorno per fare sport o andare in ospedale. Quella domenica mattina il broker ha altro per la testa. Di lì a 24 ore, lunedì 20, lo attende l’udienza in cui il processo nei suoi confronti entrerà nel vivo. Bochicchio esce di casa senza dire a nessuno quale sia la sua destinazione. Sale in moto e percorre la via Salaria. Le telecamere di sorveglianza sparse per Roma non riescono a monitorare ogni suo spostamento. Non si sa bene dunque cosa abbia fatto, chi abbia incontrato e perché. Quello che è certo è che alle 11,30 Bochicchio sta guidando lungo la via Salaria in direzione Roma, con il Grande raccordo anulare alle spalle. Verosimilmente sta rientrando a casa, in piazza Novella, che da lì dista appena tre chilometri e trecento metri. Indossa un casco integrale e guida a una velocità moderata, in corsia di sorpasso, quando, all’improvviso, sembra piegarsi su se stesso. La moto sbanda a destra, invade la corsia adiacente e si schianta contro un muro, al civico 875 della statale. «La Bmw è scoppiata subito dopo l’impatto», dirà un testimone, mentre ogni genere di teoria si fa immediatamente strada nelle chat di chi frequenta i circoli più esclusivi della Capitale. Alimentate dai tanti punti oscuri che hanno costellato la sua vita. Né aiuta il corpo carbonizzato, irriconoscibile anche dal fratello accorso sul luogo dell’incidente. Solo un annerito braccialetto elettronico e la targa semi carbonizzata della moto indicano che la vittima sia proprio Bochicchio."Dicono sia morto” 20 giugno 2022, Roma La mattina di lunedì 20 giugno, neanche il giudice che apre la terza udienza del processo al broker è certo dell’identità di quel corpo carbonizzato raccolto sulla Salaria. «Abbiamo avuto notizia da fonti aperte che l’imputato è rimasto vittima di un incidente. Ma ancora non è documentato giuridicamente, non c’è un certificato di morte», dice il tribunale. «Formalmente non c’è la certezza che quel corpo sia di Massimo Bochicchio, manca il certificato di morte e il fratello dice che è irriconoscibile», fa eco l’avvocato diBochicchio, Gianluca Tognozzi.La corte ci pensa un po’, poi spiega: «Avremmo dovuto sentire due testimoni di polizia giudiziaria. È una situazione di forte imbarazzo ma non so se è opportuno. Forse è il caso di fare un rinvio», mentre a pochi metri di distanza, al terzo piano della palazzina A della cittadella di piazzale Clodio, il pm Andrea Cusani chiede ai medici di fare un’autopsia sul corpo della vittima e anche l’esame del Dna. Le dinamiche dell’incidente restano un mistero, come la vita e la morte di Bochicchio.Un possibile epilogo. Primo settembre 2020, in Messico l’ultima coincidenza di due destini incrociatiCol suo decesso, Bochicchio ha portato con sé il suo segreto: dove sia finito il tesoro sottratto ai suoi creditori. Non esistono allo stato risposte certe. Ma qualcosa c’è. Qualcosa che è forse più di una suggestione. Nell’estate del 2020 Bochicchio non risponde al telefono a nessuno, o quasi. Il broker è sparito, non dice dove si trova, ha spento i telefoni. E tuttavia, il primo settembre, gli investigatori della Guardia di Finanza captano un sms che gli arriva su uno dei numeri italiani. È un messaggio di allerta frode. «Hai appena utilizzato la carta che termina in 84008 per 138.426 pesos (circa 5.345 euro) al resort Be Tulum. Rispondi 1 se Sì o 2 se No». È la traccia che posiziona Bochicchio presso il Be Tulum Beach & Spa Resort, una struttura di lusso al km 10 della carretera Tulum Boca Paila, in Messico. Da quel momento in poi le utenze del broker si ammutoliscono, Il motivo di quel viaggio improvviso rimarrà per sempre un mistero.C’è un altro broker che a cadenza regolare, diciamo ogni 4-6 mesi, andava in Messico a fare, così raccontava agli amici, pesca sportiva. Si chiama Gianfranco Lande. «Non fate paragoni impropri», diceva sovente Bochicchio. «Lui aveva un ufficio di 600 metri quadrati e 30 dipendenti...». Dopo la condanna e il carcere, Lande è andato a vivere a Londra. I suoi clienti truffati sospettano ancora oggi che i soldi spariti, il tesoro del Madoff dei Parioli, siano nascosti da qualche parte. Giù in Messico. Come l’oro dei Maya.