Robinson, 9 luglio 2022
Carta, facci ancora sognare
Nessuno conosce l’origine della carta. Sappiamo di cosa è composta (fibre di cellulosa disgregate e mescolate per ottenere un liquido che viene posto su uno stampo e fatto percolare), ma non chi l’abbia inventata. I cinesi sostengono che sia stato un eunuco della corte degli Han di nome Ts’ai Lun nel 105 d.C.; la produsse usando corteccia degli alberi, canapa, resti di tessuti e reti da pesca. Fu nominato marchese ed ebbe una rendita consistente, probabilmente non è stato lui. Che sia una invenzione cinese, non c’è dubbio, tuttavia il marchese perfezionò qualcosa che c’era già. Carta e acqua sono una sola cosa, per questo la Cina dei grandi fiumi è stata il luogo perfetto per la sua nascita. Ora senza la carta non ci sarebbe stata la rivoluzione scientifica e neppure la diffusione della cultura in Occidente. Per quanto abbia contribuito a creare i grandi imperi burocratici, ci ha dato anche la democrazia moderna. Tuttavia per produrre un foglio di carta formato A4 serve l’equivalente di una tazza piena d’acqua, ci ricordano gli ecologisti. La preoccupazione riguardo il consumo di acqua ed energia elettrica, poi l’inquinamento dei processi industriali per ottenerla, sono problemi che toccano tutti, soprattutto i consumatori inveterati di carta. Che fare? Massimo Donà ha scritto un libro, Filosofia della carta ( Baldini+ Castoldi), in cui intreccia la storia della carta e i temi che riguardano il suo rapporto con la Natura e le questioni della metamorfosi e dell’ibridazione, come recita il sottotitolo del volume. La cellulosa con cui si produce la carta è un ibrido; si compone di un polimero ( polys e méros: molte parti), «una molecola costituita da un gran numero di gruppi molecolari uguali e diversi mediante una catena di un sempre identico legame ( covalente)». Si tratta d’un tema su cui non solo la scienza, ma anche la filosofia ha riflettuto a fondo. Uno scrittore che dell’ibrido ha fatto il centro delle proprie meditazioni è Primo Levi, non a caso un chimico che da questa branca del sapere tecnico ha tratto idee che valgono per innumerevoli problemi anche sociali. La carta, poi, non è solo un “oggetto” materiale: prima di tutto è un’idea, come ricorda Mark Kurlansky in Carta, sfogliare la storia(Bompiani). Il nesso che esiste tra le invenzioni e il loro uso necessita infatti di un quadro concettuale che permetta agli oggetti di svilupparsi e diffondersi. Durante il Rinascimento la carta era senza dubbio una idea nuova e servì la grande avventura umanistica, per farla divenire lo strumento di diffusione di pensieri elaborati nei secoli precedenti da filosofi e scrittori. Nel medioevo, e anche dopo, la carta si produceva usando i vestiti consunti; poi arrivò l’invenzione dei mulini per la carta, che fecero del paese marchigiano di Fabriano il centro più importante di produzione in Europa. Questo oggetto in apparenza bidimensionale divenne, come scrive Pierre- Marc de Biasi inLa carta ( Electa), il tappeto volante degli umanisti su cui la scrittura viaggiava per l’Europa creando la modernità. E oggi cosa succederà? La carta lascia lo spazio ai supporti elettronici che limitano il consumo di carta e di acqua? Il libro scomparirà? Nella prefazione al bel volume di Donà, Carlo Petrini si domanda se la sostenibilità porterà alla fine della carta. Oggi l’ 80% di questa materia proviene dalle foreste create per la produzione di cellulosa – i filari di pioppi della Pianura padana – e nel contempo l’industria cartaria ha trovato metodi e forme per ridurre l’inquinamento. D’altro lato, i supporti elettronici consumano tanta elettricità e non assicurano la continuità degli archivi elettronici, tema messo in luce da Umberto Eco in molti suoi interventi. Poi c’è la questione della fisicità della carta, del giornale e del libro: toccarli e sfogliarli sono processi immediati, cui non facciamo spesso caso, eppure sono fondamentali per la memorizzazione delle parole e delle frasi lette. La cultura umana ha bisogno delle tre dimensioni e la lettura su un supporto elettronico non riesce a raggiungere lo stesso coinvolgimento e completezza di quella prodotta dal libro posto tra le nostre mani. Come scrive Donà la carta non solo ci fa sognare: essa stessa sogna, vive e rivive come la foglia dell’albero, da cui proviene la sua materia profonda in una metamorfosicontinua.