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 2022  luglio 09 Sabato calendario

Cronaca dell’omicidio di Shinzo Abe

L’uomo che era stato protagonista ai vertici dei Grandi del mondo, che era stato ospite alla Casa Bianca di Washington e nella Grande Sala del popolo di Pechino ieri mattina era in piedi su una piccola pedana rossa in una città lontanissima dalla ribalta internazionale. Stava tenendo un comizio elettorale per un candidato del suo partito liberaldemocratico, sul piazzale della stazione dei treni a Nara, nel sudovest del Giappone. Non c’era folla, la sua presenza avrebbe potuto spostare pochi voti. È stato l’ultimo gesto di dedizione politica per Shinzo Abe, l’ex primo ministro del Giappone, assassinato a 67 anni. 
Erano le 11.30 del mattino (le 4.40 in Italia). Riferiscono i testimoni: «Si è sentito un bang, abbiamo visto uno sbuffo di fumo bianco alle sue spalle. Tre secondi dopo, una seconda esplosione, solo allora Abe è caduto, uomini in borghese hanno inseguito un tizio in maglietta grigia, con pantaloni larghi da turista e una specie di tascapane a tracolla, lo hanno spinto a terra mentre quello scalciava». 
I filmati mostrano Abe disteso al suolo, la camicia bianca insanguinata all’altezza del collo. Hanno cercato di fargli un massaggio cardiaco, è subito arrivato un defibrillatore. Quaranta minuti dopo era in ospedale, trasportato da un elicottero. 
Aveva già subìto un arresto cardiocircolatorio, non respirava, i chirurghi hanno rilevato due ferite profonde, una al collo e l’altra all’altezza della scapola: una pallottola aveva toccato il cuore uccidendolo. La morte è stata annunciata alle 17.03.

La confessione 
L’assassino ha usato un’arma artigianale: una sorta di fucile a canne mozze costruito in casa con due tubi utilizzati come canne da fuoco; erano tenute insieme da nastro adesivo scuro e infilate in una borsetta di tela portata a tracolla, che faceva somigliare il congegno a una telecamera. 
La polizia lo ha identificato come Tetsuya Yamagami, 41 anni, disoccupato. Per tre anni, tra il 2002 e il 2005, aveva prestato servizio nella Marina delle Forze di autodifesa nazionali (così si chiamano le forze armate a Tokyo). In casa sono state altre armi rudimentali come quella del delitto. Nel primo interrogatorio, Yamagami ha detto di aver voluto uccidere l’ex premier per motivi non legati alla sua azione di governo. Ha sostenuto di essere stato spinto da «un grande risentimento per una specifica organizzazione alla quale Abe era collegato», ha riferito il portavoce degli investigatori. A quanto si sa, lo statista era membro della «Nippon Kaigi», un’associazione patriottica e ultranazionalista di cui fanno parte molti esponenti di governo, compreso l’attuale premier Fumio Kishida. La polizia però non ha citato «Nippon Kaigi».
Un delitto premeditato, secondo la confessione. Eseguito al penultimo giorno della campagna per la Camera alta della Dieta (il Parlamento di Tokyo), il voto è domani. 
Ci sono diversi punti da chiarire: la presenza a Nara di Shinzo Abe era stata decisa all’ultimo momento, mercoledì notte. L’assassino dice di averlo scoperto consultando sul web l’agenda dei comizi. È vero o avrebbe sparato a qualunque esponente di spicco del partito di governo?

I due colpi 
L’ex militare, piazzato dietro il podio basso, senza protezione, aveva a disposizione solo due colpi, con quell’arma a doppia canna lunga 40 centimetri secondo i rilievi. Il primo pare aver solo sfiorato Abe, che si è girato dopo quello sparo; il secondo lo ha preso alla scapola e poi è uscito dal collo. È stato devastante per forza d’impatto a quella distanza, quattro o cinque metri secondo i filmati. «Ha causato un’emorragia letale», dicono i medici dell’ospedale. 
«Un atto vile e barbaro», ha detto il premier Fumio Kishida, parole scelte per rimarcare che la violenza nelle strade non è nella cultura giapponese (nel 2021 si sono registrati solo 21 arresti per uso di armi da fuoco, il numero di omicidi è 0,2 per 100 mila abitanti, rispetto a 0,5 in Italia e a 6 negli Stati Uniti). È significativo che gli agenti della scorta dell’ex capo del governo non abbiano sparato per arrestare l’assassino. 
Kishida era affranto, vicino al pianto mentre parlava in tv: anche se dal settembre del 2020 si era dimesso per motivi di salute, Abe era rimasto uno dei leader più influenti del partito di governo, guidava la corrente più forte e aveva determinato anche la scelta del nuovo primo ministro.