il Fatto Quotidiano, 7 luglio 2022
L’incontro tra Conte e Draghi
Le “risposte concrete” che Giuseppe Conte torna a chiedere anche dopo l’incontro con Mario Draghi arriveranno “sicuramente”. A sera da Palazzo Chigi rassicurano, smussano gli angoli. Sanno che il leader dei Cinque Stelle ha anche un problema interno rispetto alla permanenza nel governo: sopratutto in Senato. Ma sono convinti che non voglia uscire. Dunque, si dicono pronti a tenere in considerazione le questioni sollevate dall’avvocato. Se è per il reddito di cittadinanza, assicurano il loro appoggio. Mentre chiudono alla rottamazione delle cartelle. Sulle bollette ci sarà di certo un intervento. Così come sono previsti nuovi correttivi per il super bonus, magari da inserire nel decreto semplificazioni o nel testo sulle bollette. Mentre di salario minimo, il premier parlerà con i sindacati, la prossima settimana. E anche un intervento sul cuneo fiscale è in programma. Quando e come, va stabilito. Qualcosa potrebbe entrare nella legge di Bilancio. Ma sarà in autunno: troppo tardi per l’ex premier, che ha bisogno di segnali presto, subito. Si vedrà, ma la giornata di ieri racconta che si cerca un punto di caduta.
Conte varca il portone di Palazzo Chigi alle 11 e 58. Fonti di governo narrano che, appena arrivato, dica più o meno esplicitamente di non voler far cadere l’esecutivo. Ma lui a In Onda smentirà: “Non ho assicurato il mio sostegno”. Di sicuro Draghi lo ascolta in “rispettoso silenzio”, come riferirà ai suoi. Parla quasi solo Conte, che infatti conferma: “Il premier ha ascoltato senza smentirmi e senza contraddire ciò che dicevo”. I due si danno del tu: e non era scontato. A conferma che la rottura non è in realtà dietro l’angolo ci sono le omissioni. Conte consegna un documento con le richieste: non c’è alcun riferimento all’inceneritore, e solo un rapido passaggio sul pacifismo. I due non parlano di armi. D’altra parte, “è un discorso chiuso”, ribadiscono a Chigi. Quindi, Conte “è stato abile a parlare di cose che può ottenere”. Nel dialogo entra Beppe Grillo e il fatto che a lui – come raccontato da Domenico De Masi al Fatto – il premier avrebbe chiesto di sostituire Conte. Ma su questo punto, nessuno insiste. “Non è il caso di riferire ciò che ci siamo detti su questo: questa questione ha inciso sulla nostra comunità, ma non deve incidere sul governo”, racconterà l’avvocato. Di certo Draghi non fa domande, neanche sulle intenzioni di Conte. I due si salutano con l’idea di rivedersi presto. D’altra parte, è il metodo di Draghi con Matteo Salvini: incontrarlo spesso, anche per dargli la possibilità di “esibire” un credito politico.
Terminato il faccia a faccia, però, ricomincia una guerra, seppure a minor intensità. Palazzo Chigi diffonde la sua versione: l’incontro viene definito “positivo” e “collaborativo”. Soprattutto, assicura che il M5S ha confermato il proprio sostegno al governo. Ma Conte nel pomeriggio usa sillabe molto più problematiche: “Ci aspettiamo risposte vere entro luglio”. La crisi non c’è stata, ma l’ex premier non può escluderla. A Palazzo Chigi osservano con una certa tranquillità. Non si aspettano incidenti. Neanche sul decreto Aiuti, sul quale l’esecutivo ha posto la fiducia. Anche se in Senato non c’è la possibilità – come alla Camera – di votarla astenendosi poi sul provvedimento. E proprio a Palazzo Madama ci sono i contiani più intransigenti: pronti a votare no, forse anche in caso di ordini contrari dell’ex premier. Un rischio concreto. Invece il Pd continua a mediare. È il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a uscire per primo, assicurando appoggio sul taglio del cuneo fiscale e sul salario minimo. “Se M5S esce dalla maggioranza, è impossibile andare avanti”. Un concetto che ribadiscono indefessamente al Nazareno: “In questa legislatura non c’è un altro governo possibile”. Promettono di continuare a lavorare per ricomporre tutto. “Ci auguriamo che il dialogo prosegua e si rafforzi, sempre a favore della stabilità del governo”. Per i dem di Enrico Letta tenere dentro Conte resta vitale.