Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  luglio 07 Giovedì calendario

Ritratto di Christine di Pizan

«Mi ritrovai con un animo forte e ardito, / di cui mi stupivo / Allora diventai un vero uomo, non è una favola, capace di condurre le navi, / Fortuna mi insegnò questo mestiere». Così scrive Christine de Pizan – Cristina da Pizzano – dopo che la morte del padre e del marito, a fine Trecento, la lascia in una difficile situazione economica e la induce a fare della propria passione per la scrittura un mestiere per vivere.
IL PRIMATO
Definita «la prima scrittrice di professione della storia», paladina ante litteram della parità, Christine de Pizan nasce a Venezia, nel 1365 circa. Il padre, Tommaso da Pizzano, è un medico, studioso e astrologo famoso che viene da Bologna. È consigliere della Serenissima, per cui abita nella città lagunare insieme alla famiglia. Apprezzato dal re d’Ungheria, Luigi il Grande, e da quello di Francia, Carlo V, accetta infine di entrare al servizio di quest’ultimo, trasferendosi a Parigi con i suoi. Il cognome viene francesizzato, come i nomi di battesimo. Sono anni stimolanti per la piccola Christine e i suoi due fratelli, che vivono nella bolla protetta della corte: molteplici sono i fermenti culturali di quella fase, che in seguito verrà chiamata l’autunno del Medioevo ma cela già un presagio di Umanesimo. A Parigi, capitale europea, ci sono Università, roccaforti di sapere; convergono letterati, filosofi, scienziati e studiosi diversi. Al tempo stesso, però, la Francia è travagliata dalla Guerra dei Cent’Anni contro gli inglesi, da carestie e pestilenze (è il secolo della peste nera), da un sentimento di insicurezza.
GLI STUDI
Christine è una bambina intelligente, curiosa, versata negli studi e nella scrittura. Suo padre è un uomo aperto per cui la istruisce nelle materie letterarie e nelle scienze, le fa frequentare la meravigliosa biblioteca di corte. Si tratta di una decisione anticonformista. La Pizan dirà che persino sua madre si era opposta, perché riteneva più appropriato che si dedicasse ad «ago e filo». Grazie a questa formazione e alla fiducia che il genitore le ha dimostrato, la poetessa insisterà su un argomento allora rivoluzionario, e cioè che gli uomini e le donne sono «pari per natura».
LE NOZZE
Nel 1379, il padre combina per lei quindicenne un matrimonio con Étienne de Castel, notaio e segretario del monarca. Sarà un rapporto felice, la coppia avrà una figlia femmina e due maschi. Purtroppo, però, Étienne muore nel 1390 in una pestilenza. «Sono sola, e sola voglio rimanere. Sono sola, mi ha lasciato il mio dolce amico; sono sola chiusa nella mia stanza ovunque e dovunque io sia», scrive lei. Qualche tempo prima, forse nel 1387, è scomparso anche l’amato padre Tommaso. E lo stesso re Carlo V, che li ha sempre protetti.
A quel punto, Christine – che non è stata tutelata economicamente dai suoi uomini – deve provvedere al sostentamento di sé stessa e dei figli. All’epoca non era previsto che una vedova si guadagnasse da vivere: di solito trovava un nuovo marito o entrava nel chiostro. Invece lei decide di fare la scrittrice di professione. Delle sue sofferte vicende, che comprendono molteplici cause legali e durano oltre quattordici anni, narra ne La mutation de fortune. Al tempo stesso, compone Le Livre de cent ballades, che le frutta incarichi dai fratelli di Carlo V e da Isabella di Baviera, moglie di Carlo VI.
L’UTOPIA
Scrive quindi molte altre opere. Famosissimo è Livre de la Cité des Femmes, Libro della Città delle Donne, nel quale stila un elenco di dame brave e preparate nella storia. Si tratta di una «allegoria di una città immaginaria», governata da Ragione, Rettitudine e Giustizia, dove trovano protezione e libertà «donne virtuose» fra cui Minerva, Saffo, Didone, Medea, Pentesilea. Christine contesta l’idea che «la donna sia un essere vizioso», sostenuta in libri di Giovanni Boccaccio, Jean de Meung e altri. Si inserisce così nella Querelle de la Rose, un dibattito legato al Romanzo della Rosa, secondo il quale la femmina è solo «un oggetto di desiderio», pregiudizio che lei confuta con forza. Pone invece l’accento sull’importanza dell’istruzione femminile. «Se si usasse mandare le bambine a scuola come si fa con i bambini». Ancora, si dedica all’attività di calligrafa e miniaturista: nella sua bottega si ricopiano libri importanti, come si fa nei conventi. In sostanza, è «un’editrice imprenditrice».
A 53 anni circa decide di chiudersi nel chiostro. Nel 1429, ammirata dal coraggio della Pulzella d’Orléans, redige quindi un poema, il Dettato dedicato a Giovanna d’Arco. «Io, Christine, per la prima volta dopo tanto tempo comincio a ridere per lungo tempo ho vissuto triste come in gabbia nel dolore, io come gli altri, ma la stagione è cambiata Che onore per il sesso femminile quando questo nostro regno interamente devastato, fu risollevato e salvato da una donna».
IL ROGO
Giovanna, tuttavia, muore sul rogo il 30 maggio 1431. Probabilmente Christine non lo saprà mai, perché dovrebbe essere scomparsa poco prima. Aveva scritto: «Una donna intelligente riesce a far di tutto anzi gli uomini ne sarebbero molto irritati se una donna ne sapesse più di loro».