il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2022
Intervista ad Antonio Matarrese
Mondiali del 1982, gli azzurri iniziano male, ormai è storia, ma dopo il secondo pareggio con il Perù l’allora neo presidente della Lega, Antonio Matarrese bolla gli azzurri: “Li avrei presi a calci nel culo”. Tuoni, fulmini, inchiostro sui giornali, polemiche, applausi e il primo silenzio stampa. “Dissi quello che pensavano tutti”.
L’altro ieri ha compiuto 82 anni e la battuta, la provocazione, gli attacchi a Carraro, l’accento barese, la Democrazia cristiana, il potere sono ancora le sue cifre sulla camicia.
Diventò presidente della Lega poco prima del Mondiale.
A marzo del 1982 riuscii a fregare Artemio Franchi.
Scavalcato in extremis.
Lui insisteva: “O divento commissario o niente”. E allora mi sono mosso.
Ha “mosso” le sue pedine.
In certi casi basta adottare tecniche semplici; (pausa) sono da sempre per la politica semplice e diretta.
Da bravo democristiano.
Sono Dc in tutto; (ride) sa quante volte hanno provato a mettermelo nel culo?
Tante?
(Sospiro) Ehhh.
Ci sono mai riusciti?
Forse qualcuno, ma il trucco è togliersi un secondo prima, come per il mio secondo mandato in Lega; (pausa) poi con certe persone. È chiaro?
Ecco il riferimento a Franco Carraro: non vi siete mai presi molto, i due totem nazionali del pallone.
È sempre necessario crearsi un avversario, altrimenti come si può vincere?
Strategia.
Recentemente ho presentato il mio libro al Salone d’Onore del Coni (“E adesso parlo io”, scritto con Alberto Cerruti) e c’erano tutti i grandi.
E…
Si è presentato pure Carraro, eppure non lo avevo invitato. Spudorato. (Sorride) Ci conosciamo da una vita.
Già dal Mondiale dell’82.
Vuole arrivare alla storia del calcio in culo…
Appunto, è storia.
Dopo la seconda partita ai Mondiali ho solo reso plasticamente quello che in Italia volevano tutti: dargli un calcio in culo.
Lo espresse pubblicamente.
Per forza, stavano tutti zitti, con l’allora presidente della Federcalcio, Federico Sordillo, che non capiva un cazzo di pallone e restava zitto, zitto; (cambia tono) quello era un avvocato, guarda caso amico di Carraro.
Riecco Carraro.
Mi chiamava alle sei del mattino.
Sempre Carraro.
E certo! Imitava l’avvocato Agnelli, come lui voleva apparire sempre pronto. E si fingeva mio amico, in realtà aveva già capito che ero in ascesa. Aveva paura, mi marcava.
Quel calcio nel culo alla fine è servito.
La squadra si strinse contro di me, ma era il rimprovero di un genitore verso un figlio poco attento.
Alla fine del Mondiale le hanno riconosciuto un merito?
No, ci mancherebbe: nessuno osa riconoscere i meriti quando qualcuno trova la formula giusta.
Stanno silenti.
Però quanto mi sono divertito.
Quanto?
Vuole un esempio? Questa la situazione: Carraro presidente della Federcalcio e io della Lega. Il calcio passava un brutto momento (inchieste di Calciopoli). Carraro mi chiama: “Ho nominato sette saggi, organizziamo una riunione con loro per trovare una soluzione”.
Bene.
Tra i sette saggi ricordo che c’erano pure Cassese e Spaventa.
Due nomi importanti.
E che me ne fotte?
E allora?
Rispondo: “Vi aspetto in Lega”. E Carraro: “No, venite voi in Federcalcio”. È chiaro?
Cosa?
Mi voleva portare in casa sua, mettermi sotto: noi in quaranta loro in sette, ma dovevamo muoverci noi.
Soluzione?
Ci penso tutta la notte, poi trovo la soluzione e chiamo un presidente di Serie B, uno dei 40: “Quanti soldi aspetti dalla Lega?”. “700 milioni”. “Bene, allora domani in Federcalcio, se qualcosa non torna, ti faccio un cenno, ti alzi e mandi tutti a quel paese”.
E così?
È finito tutto a puttane: poco dopo l’inizio, alla prima frase che non mi tornava, ho fatto quel cenno. Carraro si incazzò tantissimo.
Contano più i soldi o il potere?
Il potere è come una scopata continua, devi solo averne la forza.
Oggi cosa rappresenta il Mondiale del 1982?
È nella storia, è la vittoria più italiana; (pausa) quella era un’Italia che aveva bisogno di alzare disperatamente la testa: quando siamo tornati ricordo le signore che uscivano dai palazzi e gridavano e applaudivano i calciatori (per la prima volta la pausa è lunga). Era un grazie collettivo di chi respirava dopo troppo tempo, dopo un decennio e più di dolore.
E…
È stato magnifico. Non lo dimenticherò mai.