Corriere della Sera, 6 luglio 2022
Elisabetta Sgarbi attrice per errore
Attrice per errore. Anzi, per rimediare se non a un errore, almeno a un imprevisto. Elisabetta Sgarbi avrebbe dovuto solamente girare il «filmino» (lei lo chiama così, odiando la parola «videoclip») del nuovo singolo degli Extraliscio, «Le nuvole», estratto dall’album «Romantic Robot», in radio da venerdì prossimo.
Era tutto pronto, un set notturno suggestivo. Mancava solo un dettaglio: gli Extraliscio. «Mi hanno lasciato da sola – racconta Sgarbi —. Ma questo fa parte della loro follia. Li avevo convocati a Comacchio, a mezzanotte, con Gilda (che avrebbe dovuto girare quella che poi è stata la sua parte, ndr), figlia di Mirco Mariani, leader del gruppo. Alla sera mi chiamano, non stanno bene, forse il Covid. Insomma, ci troviamo io, il direttore della fotografia, Andres Arce Maldonado e Eugenio Lio». Che fare? Arrendersi non era un’ipotesi contemplata. «Siccome avevo pensato a un omaggio ad Antonioni, avevo trovato i luoghi, affittato le batane, mi son detta: che l’omaggio sia tutto mio, senza filtri, diretto. Così è stato». La carriera di attrice non l’ha mai tentata? «No, impazzirei. In passato l’ho fatto solo per due amici e grandi artisti: ho avuto una parte nel primo film di Franco Battiato, Perduto Amor e poi una in Delitto sul Po di Antonio Rezza e Flavia Mastrella».
La regia, invece, per Sgarbi non è una novità. «Mi era capitato di girare dei videoclip di un gruppo musicale che avevo prodotto, i Castadiva. Poi avevo partecipato a qualche video di Battiato e dei Bluvertigo. Però, ora, è nato un certo fastidio per la parola. Come se necessariamente le immagini dovessero essere un puro accompagnamento del brano musicale. Così con Mirco abbiamo inventato questa parola, filmini, un po’ per ricordare i vecchi super 8, un po’ per indicare un avvicinamento al cinema». Ed ecco dunque la volontà di fare in modo che quelle immagini fossero anche un omaggio ad Antonioni.
«Il brano mi ha rimandato immediatamente a Al di là delle nuvole il suo ultimo film, il cui primo episodio è ambientato tra Comacchio e la parte medioevale della città di Ferrara, dove ho vissuto».
Quando ha realizzato di voler essere anche una regista? «Lo devo a Enrico Ghezzi. Quando ho cominciato a seguire Fuori Orario, e poi i suoi festival. Ho visto un cinema diverso, e ho imparato a vedere diversamente il cinema che avevo già visto. È stata una rivelazione e una folgorazione. Mai diremo grazie a sufficienza a Enrico, genio assoluto».
Crede sia ancora una carriera più complessa per le donne? «Ci sono state e ci sono donne straordinarie nel cinema. Davanti e dietro la macchina da presa. Campion, Cavani, Vitti, Lorenza Mazzetti, Michela Cescon. Ecco, Cescon, che ho invitato a La Milanesiana (in cui c’è anche tanto cinema): il suo Occhi blu è un film sulle donne, ma la donna di Michela sfugge a qualsiasi categoria competitiva col maschio, è un assoluto. Io mi ci rivedo molto e secondo me si dovrebbe ripartire da qua. Comincerei con il dare il giusto valore a quello che c’è, prima di lamentarci di quello che avrebbe potuto esserci».
Con una accortezza valida per tutti: «Per salvare il cinema bisogna andare al cinema. Vedere il cinema sul grande schermo è come andare a messa per un credente».