La Stampa, 6 luglio 2022
«È vicina la sesta estinzione del mondo»
In quasi mezzo miliardo di anni, il mondo ha vissuto già cinque estinzioni, ha cambiato pelle, ha visto sparire specie, panorami. Elizabeth Kolbert, scrittrice, visiting fellow del Williams College ed esperta di clima del New Yorker ha vinto un premio Pulitzer nel 2015 perché ha immaginato in un saggio assai dettagliato un altro epilogo. Definitivo questo, eredità dei comportamenti dell’uomo e del suo modo di rapportarsi alla terra e allo sviluppo. Il suo libro si chiama profeticamente «La Sesta estinzione: una storia innaturale». Nel giorno dell’Indipendenza è nella sua casa in Massachusetts, le immagini della tragedia della Marmolada sono arrivate sulle tv via cavo americane.
Fino a qualche giorno fa erano i torrenti di acqua e fango a devastare lo Yellowstone. E ancora restano quasi quotidiane le immagini degli incendi che devastano l’Ovest degli Stati Uniti e il New Mexico.
Elizabeth Kolbert, la sesta estinzione sembra avvicinarsi almeno a leggere i report degli esperti dell’Onu. Ma basta anche accendere la tv. Siamo fuori tempo massimo per aggiustare la rotta?
«Siamo al limite e sicuramente il mondo deve azzerare le emissioni il più rapidamente possibile per contenere il riscaldamento del pianeta che è quello che poi provoca scioglimenti, innalzamento del livello dei mari, incendi devastanti».
E nel frattempo cosa può fare l’uomo?
«Ci vuole realismo, dobbiamo accettare e convivere con la realtà per quella che è. E adeguare i nostri comportamenti: non costruire edifici in alcune zone, non fare certe escursioni. Sono solo esempi, e mi rendo conto che è più facile a dirsi che a farsi e che sia difficile cambiare il nostro stile di vita e le abitudini».
Le nuove generazioni sembrano più attente e ricettive, non trova?
«Greta che non prende l’aereo è un segnale importante, le dà credibilità».
Non basta però a modificare l’atteggiamento dell’uomo…
«Fra i ragazzi c’è la convinzione che si debba fare qualcosa e percepisco in questa generazione una predisposizione a fare ciò che serve. Ma il livello di quel che conta per la salute del pianeta è ben oltre questo spirito».
Dall’accordo di Parigi alla Cop26 di Glasgow, molti leader mondiali si sono mobilitati. E’ questo il «livello che conta» cui si riferisce per invertire il trend?
«Senza i grandi ogni sforzo sarebbe inutile, fra l’altro il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres così come l’Amministrazione Biden sono molto attivi e hanno messo nero su bianco impegni e tradotto in concreto molte iniziative. Sanno esattamente qual è la posta in palio».
Sta arrivando un però…
«Esatto. La politica è l’arte del possibile e ci sono forze importanti e grandi che lavorano in direzioni diverse e che hanno risorse finanziarie importanti. Ma non è giusto nemmeno scaricare le colpe sulle cosiddette lobby e sugli interessi legati per esempio al business del carbon fossile. Alla gente, a noi stessi, non fa piacere vedere schizzare in alto i prezzi della benzina. Potrebbe essere in realtà una chance, salgono i prezzi e si accelera l’uscita da quel tipo di energia. Invece l’inflazione sta erodendo i nostri stili di vita e così si brucia ancora più carbone e si estrae ancora di più per cercare di tenere bassi i prezzi».
È una spirale, un circolo vizioso, come se ne esce?
«Dobbiamo riconoscere che è difficile trasformare di colpo l’intera economia. Ogni Paese industrializzato oggi si regge sul carbon fossile e per rivedere questa dipendenza serve sia una gran lavoro sia una buona dose di volontà politica. Le cose devono andare a braccetto».
Quanto accaduto sulla Marmolada o a Yellowstone per citare due casi assai noti è il prodotto del cambiamento climatico. Sembra una banalità, eppure le schiere dei negazionisti, soprattutto sul ruolo dell’uomo in queste dinamiche, sono sempre folte. Perché?
«Sono figli di quest’epoca. Ci sono persone che pensano ancora che i vaccini contro il Covid non funzionino o siano pericolosi. Viviamo in un’epoca dove la disinformazione è pervasiva e in aumento e molte persone credono in cose che sono distruttive. Se aspettiamo di agire di convincere questa fetta di società, non andiamo da nessuna parte. Sul clima è tempo di agire, senza star lì a guardare sondaggi e perdere tempo nel portare dalla parte della scienza gli scettici. Non abbiamo più tempo per evitare la sesta estinzione».