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 2022  luglio 05 Martedì calendario

Casellati vs “Fatto”: la sentenza

II Tribunale, nella persona del Giudice dott. Caterina Zambotto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6958/2020 promossa da: MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI omissis contro SEIF – EDITRICE IL FATTO S.P.A. omissis, CARLO TECCE omissis, ILARIA PROIETTI omissis e MARCO TRAVAGLIO omissis.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica, lamenta di essere stata vittima, dal marzo 2018 al dicembre 2019, di una campagna diffamatoria da parte de “Il Fatto Quotidiano”, sia sul piano personale (articoli volti a insinuare che l’attrice organizzerebbe i suoi impegni istituzionali e sfrutterebbe il suo ruolo al fine di favorire l’attività lavorativa dei due figli), sia su quello istituzionale (articoli concernenti il vitalizio ottenuto dal Senato, illegittimo secondo il quotidiano); ritenendo detti articoli lesivi dell’onore, della reputazione e dell’identità personale e lamentando la sofferenza emotiva e i condizionamenti subiti per effetto di tale campagna di dileggio, l’attrice ha pertanto convenuto in giudizio la società editrice del giornale, Seif Spa, Marco Travaglio, in proprio e nella sua qualità di direttore responsabile, gli autori degli articoli Carlo Tecce e Ilaria Proietti, chiedendo il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, quantificati in € 150.000,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre a una somma a titolo di riparazione ex art. 12 l. 47/1948 e alla pubblicazione della sentenza di condanna per estratto o mediante comunicazione sui giornali “Corriere della Sera”, “Il Gazzettino”, “Il Mattino” e “Il Fatto Quotidiano”, a cura e spese dei convenuti, oltre alla deindicizzazione degli articoli dal sito www.ilfattoquotidiano.it.
1.2 Si sono costituiti i convenuti contestando la fondatezza della domanda, sottolineando la verità dei fatti riportati negli articoli contestati e l’assenza di espressioni ingiuriose e quindi il legittimo esercizio del diritto di critica politica nei confronti dell’attrice, in ragione del ruolo istituzionale ricoperto e dell’interesse pubblico sotteso, contestando altresì la quantificazione dei danni pretesi….
Gli articoli oggetto di espressa contestazione nella citazione sono undici.
L’attrice in citazione ha riferito che il numero di articoli che l’hanno riguardata sono ben di più (oltre 200 articoli dal 25 marzo 2018 al dicembre 2019) e che anche dopo l’avvio della procedura di mediazione i citati giornalisti hanno proseguito nella pubblicazione di articoli ritenuti lesivi, riservandone la produzione ai successivi scritti (….)
“Inoltre vanno stigmatizzati: – la diffusione di una foto dell’attrice con la didascalia “foto con il molestatore”; – la indebita e offensiva accusa “se scrivi di lei, la Casellati ti cerca a casa” (Fatto Quotidiano 10.12.2019) con la foto che la ritrae nella veste di postina; – la calunniosa accusa espressa nel titolo “La Casellati bestemmia in aula” (Fatto Quotidiano 20.6.2020) !! – l’articolo palesemente diffamatorio: “Casellati. Minacce impensabili nella Ue” nel titolo e nel corsivo di pag. 6, con la preordinata campagna di stampa inerente.
E, duole dirlo per la firma che porta, il titolo, assolutamente non coerente con il testo, a pag. 3, dell’articolo “Casellati: “Il potere si avvantaggia con le minacce ai cronisti liberi”.
Per quanto sintetica sia l’allegazione che accompagna tale produzione documentale, vi è l’individuazione del fatto costitutivo, ovvero delle espressioni ritenuti diffamanti e offensive e i convenuti si sono difesi nel merito( …)
Partendo dal primo gruppo di articoli, l’attrice contesta che il quotidiano insinui che organizzi i viaggi istituzionali in concomitanza con impegni concertistici del figlio, così approfittando delle risorse pubbliche per finalità esclusivamente private e che aiuti altresì la carriera dei figli, sempre sfruttando la sua posizione, riconoscendo premi o il patrocinio del Senato a soggetti terzi che in qualche modo possano agevolare la carriera dei figli, sotto forma vuoi di sponsorizzazioni economiche, vuoi di pubblicità o di riconoscimenti.
Questi gli articoli censurati: 1. articolo del 4.7.2018 a firma Carlo Tecce, intitolato “Tutti in tournèe. Casellati in USA (con concerto del figlio Alvise)”; poi all’interno “Coincidenze. Il Presidente del Senato e l’evento del direttore d’orchestra. Casellati tour negli Usa con il concerto del figlio” (doc. 3); 2. articolo del 14.4.2019 (doc. 5), sempre a firma Carlo Tecce, che titola in prima pagina “Familismo. Premi, viaggi e interviste” “Cuore di mamma: così Casellati si fa in quattro per le carriere dei 2 figli” e poi a pagina 6 “Casellati, la Presidentessa sempre in carica per i figli. Incontri e messaggi: come il capo del Senato aiuta le carriere di Alvise e Ludovica. Il dossier. Premia chi invita il suo rampollo in concerto”. Secondo “Il Fatto” “Oggi Casellati rientra da un viaggio in Colombia con una doppia tappa, la capitale Bogotà e poi Cartagena. Palazzo Madama fa sapere che la presidente ha attraversato i luoghi di Gabriel Garcia Marquez e consegnato l’onorificenza di commendatore della Stella d’Italia a Julia Salvi, fondatrice e direttrice del Festival musicale di Cartagena. Il titolo viene assegnato a coloro che contribuiscono ai rapporti di amicizia tra l’Italia e gli altri Paesi. Salvi ha meritato la Stella d’Italia anche perché ha manifestato lungimiranza artistica con l’invito al Festival del maestro Alvise Casellati, che s’è esibito lo scorso gennaio in Plaza de San Pedro Clavera a Cartagena, cara pure a Marquez”. Aggiungendo “Un lasso di tempo più esiguo ha diviso il concerto di Alvise a Baku, in Azerbaigian, e la visita di Casellati. Alvise era in cartellone il 5 ottobre 2018, la presidente è sbarcata il 18, tre mesi dopo Sergio Mattarella, per una forma di diplomazia pleonastica: la prima e la seconda carica dello Stato che omaggiano la Repubblica azera a stretto giro”.
L’attrice contesta altresì il fatto che l’articolo coinvolga, senza giustificazione alcuna, anche la figlia Ludovica, con riferimento all’incarico di consulenza ricevuto da Barbara Degani, alla pubblicazione di un articolo sul cicloturismo redatto sempre dalla figlia sulla rivista delle Ferrovie “La Freccia” e alla sponsorizzazione data all’attività della figlia dalla Fondazione Iseni. 3. articolo del 17.11.2019 (doc. 10) intitolato “Cuore di mamma. Casellati, tutti gli aiutini pubblici alla figlia Ludo” e all’interno “Cuore di madre. Il Senato usato come sponsor. Le marchette di mamma Casellati alla figlia Ludovica”. Nell’articolo si fa riferimento all’attività della figlia dell’attrice, con riguardo sia alla collaborazione con la sottosegretaria all’ambiente Barbara Degani, sia all’attuale attività nell’ambito del cicloturismo, sponsorizzata da due società/gruppi, che hanno ottenuto entrambi un patrocinio del Senato.
3.2 Che il senso ultimo degli articoli sia quello attribuito dall’attrice è vero. Il giornalista prospetta ai lettori, con toni ironici e allusivi, che quelle che potrebbero apparire come coincidenze, del tutto casuali e fortuite, tali non siano. Nell’articolo del 4.7.2018, a proposito della partecipazione a New York del concerto del figlio, si parla infatti di sfruttamento di una “coincidenza talmente perfetta che non ammette retropensieri, Semmai, ossequi”. Parimenti nell’articolo del 14.4.2019 si parla di “riferimenti geopolitici di mamma e figli che, sempre per il caso, a volte si sovrappongono”. Si tratta di una critica insistente, come dimostrato dalla reiterazione degli articoli sul tema, e connotata da un intento polemico. Non viene attribuita all’attrice una condotta penalmente rilevante, bensì censurabile, quantomeno sul piano della sua opportunità. Ma si tratta di una critica legittimamente esercitata. In primo luogo i fatti storici narrati e posti a base della critica – date di concerti e viaggi, attività lavorativa della figlia, società dalle quali riceve contribuzioni e patrocini o messaggi di saluto dell’attrice ricevuti da tali società – sono veri; sussistono i collegamenti temporali e le sovrapposizioni di dati e circostanze riportate negli articoli. Ciò che l’attrice ritiene falsa è piuttosto la lettura che di tali fatti offre il giornalista.
Ma rispetto all’interpretazione personale del giornalista non si può invocare il rispetto della verità, perché necessariamente soggettiva e opinabile: veri devono solo essere i fatti posti a base dell’opinione critica poi illustrata. E tanto ricorre nel caso in esame. Dimostra che il riferimento alla verità non sia utilmente invocabile il fatto stesso che l’attrice, per contestare la fondatezza delle critiche, più che allegare fatti storici specifici, svolga una serie di considerazioni e valutazioni volte a smentire le conclusioni cui giunge il giornalista, deducendo da un lato la non correlazione tra viaggi istituzionali e concerti del figlio, dall’altro la pluralità di paesi che visita e di soggetti, enti e istituzioni con le quali intrattiene rapporti in ragione del suo ruolo. Precisato che negli articoli non è scritto né suggerito che i viaggi siano stati organizzati solo in vista dei concerti del figlio o che l’onorificenza a Julia Sarti sia stata data dall’attrice o rientrasse comunque nelle sue competenze, il giornalista non è comunque tenuto, nello svolgere una critica, ad evidenziare anche gli elementi contrari alla sua tesi: nel momento in cui si muove una critica non si può richiedere all’autore della stessa di essere imparziale e obiettivo. Si tratta altresì di circostanze che il giornalista non era tenuto a far presente ai suoi lettori, perché già rientranti nel loro bagaglio conoscitivo: nessuno può dubitare della complessità dell’organizzazione di un viaggio istituzionale o della pluralità di visite e incontri che il Presidente del Senato effettua nello svolgimento del suo incarico.
In secondo luogo sussiste l’interesse pubblico, che non è mai stato oggetto di contestazione, visto il ruolo pubblico ricoperto. Infine ricorre anche la continenza, salvo quanto si dirà oltre per il termine “marchette”, non essendo state adoperate espressioni sconvenienti od offensive, né offendendosi la persona in sé, né i suoi figli, ma criticando in ultima analisi, l’opportunità di talune condotte, nella misura in cui le stesse si prestano a sollevare dubbi sulle finalità perseguite. Il giornalista ha quindi espresso una sua opinione fortemente critica, fondata su una serie di fatti; a tale opinione si contrappone quella, altrettanto legittima, dell’attrice, che invece esclude profili censurabili o dubbi nei fatti riportati dal quotidiano.
(…) L’unico aspetto censurabile in questi articoli va ravvisato nell’utilizzo dell’espressione “marchette”. Dovendosi infatti guardare a quello che è il significato comunemente attribuito al termine e non a quello del gergo giornalistico, noto solo agli addetti, si tratta di espressione evidentemente volgare ed offensiva e assolutamente non necessaria e sproporzionata alla critica che il giornalista intendeva muovere all’attrice. Limitatamente a tale profilo la domanda attorea è fondata.
3.3 L’altro gruppo di articoli contestati attiene invece più strettamente all’attività parlamentare e in particolare alla questione della spettanza del vitalizio…
Con riferimento a questo secondo gruppo di articoli la domanda è infondata. Un primo gruppo di scritti affronta la questione della spettanza del vitalizio all’attrice, già senatrice, una volta cessato l’incarico per l’intervenuta elezione come membro laico del Csm, ripercorrendo le diverse vicende che l’avevano vista inizialmente soccombente nel contenzioso e poi vittoriosa. L’articolo del 3.10.2019 riferisce della vittoria giudiziale conseguita, criticando il fatto in sé del riconoscimento di tali vitalizi, considerati un privilegio della casta, ma senza usare né toni offensivi, né alludendo a decisioni in qualche modo pilotate o di favore per l’attrice. L’attrice non indica quali frasi o espressioni supportino la sua diversa lettura. Il senso piuttosto, come evidenziato dal sottotitolo, è quello da un lato di sottolineare un paradosso (“Paradossi. La Presidente ieri ha dato il via libera ai tagli, ma intanto ha vinto la causa contro Palazzo Madama, che le aveva negato l’assegno mentre era consigliera al Csm”) e dall’altro di criticare in assoluto la scelta dell’attrice, ritenendo preferibile, come poi esplicitato in altri articoli parimenti citati (cfr. articolo del 14.10.2018), una rinuncia a tale vitalizio.
L’articolo del 9.10.2018 evidenzia la difforme decisione di casi identici, quello dell’attrice da un lato e quello di Michele Vietti ed Enrico La Loggia dall’altro. Se l’aggettivo “fortunata” letto isolatamente potrebbe suggerire o lasciare intendere che si sia trattato di un trattamento di favore, il testo dell’articolo immediatamente sotto non contiene alcun elemento che porti a concludere in tal senso, apparendo quindi il termine utilizzato in chiave ironica. È evidente dagli articoli la contrarietà del quotidiano al riconoscimento di detto vitalizio e peraltro la presenza di giudicati difformi conferma la natura controversa della questione, cosa che rende legittima la contestazione della decisione del Senato.
L’articolo del 13.10.2018 (doc. 17) torna sul tema, riportando argomenti in senso contrario alla spettanza del vitalizio, forniti da quelle che la giornalista definisce fonti autorevoli. L’articolo ancora una volta evidenzia la problematicità del tema e illustra le ragioni per le quali, ad avviso della giornalista, il vitalizio non spetterebbe, senza formulare allusioni a decisioni pilotate o di favore. Le opposte decisioni rese in primo e secondo grado e altresì dai due rami del Parlamento fanno apparire come più che legittima la critica e l’insistenza sul tema, vista l’entità dell’emolumento e la natura pubblica delle risorse utilizzate a tal fine. Non vi è alcun cenno nell’articolo a un conflitto di interessi tra l’organo deputato a decidere su tale contenzioso, ovvero il Consiglio di Garanzia, correttamente indicato dal giornalista, e l’attrice che li avrebbe nominati. Nell’articolo si parla di una nomina da parte dell’attrice, ma riguarda i componenti della Commissione Contenziosa. L’articolo del 14.10.2018 invita l’attrice a rinunciare al vitalizio. Non si vede quale sia il contenuto diffamatorio. Quanto infine all’ultimo articolo sul tema del vitalizio, quello del 6.10.2019, sicuramente la critica in questo caso è più aspra, ma sempre di critica legittima si tratta. L’articolo, che è l’ultimo della serie prodotta e che riferisce delle motivazioni della decisione, di cui in precedenza era noto solo il dispositivo, evidenzia come quanto ottenuto dalla Presidente sia l’esito di un giudizio (“ecco la sentenza che ribalta le regole”), criticando tale decisione, ritenendo quanto riconosciuto non dovuto, se correttamente interpretate le norme, da cui l’utilizzo dell’espressione “regalo”.
Non vi sono però elementi nell’articolo che facciano apparire la decisione come pilotata dall’attrice o comunque di favore in ragione del suo ruolo o resa in una situazione di conflitto di interessi, dandosi piuttosto atto della proroga dei componenti nominati dal precedente Presidente. Quanto riportato corrisponde a verità, la continenza formale non è in discussione e così pure l’interesse pubblico. Quanto all’articolo del 14.10.2018 intitolato “Le 3 vite di Elisabetta Alberti Casellati, la messa in piega della Terza Repubblica”, parte attrice nulla dice sul contenuto dell’articolo e su quale sarebbe la valenza diffamatoria dello stesso. Il titolo è sicuramente irridente, ma non può ritenersi diffamatorio. Quanto all’articolo del 22.6.2019 relativo al regolamento per l’accesso agli atti, la giornalista si limita a riportare in chiave critica il contenuto dello stesso, evidenziando come una serie di prescrizioni adottate finiscano per rendere molto difficile l’esercizio in concreto del diritto di accesso, nonché la presenza di una clausola di salvaguardia molto ampia per sottrarre intere categorie di atti all’accesso. Tutti i limiti della legittima critica appaiono rispettati. Quanto infine all’articolo sul telefonino del 18.9.2019, anche in questo caso non si ravvisa alcun contenuto offensivo, trattandosi solo di un testo ironico e satirico, assolutamente rispettoso della continenza formale. Viene riportato un fatto vero, cioè la telefonata da parte dell’attrice alla Consulta. La circostanza che non sia stato detto che la telefonata era stata richiesta dalla conferenza dei capogruppo all’unanimità non toglie che la telefonata sia stata fatta dall’attrice, mentre il quotidiano si è limitato, con toni ironici, a manifestare il dissenso sull’opportunità di una simile condotta e dubbi sui risultati ottenibili.
3.4 Venendo infine agli articoli prodotti con la prima memoria (…) la domanda è in parte fondata. Quanto al primo articolo dell’8.12.2019 (doc. 27), il titolo si limita a riportare il fatto che l’attrice si sia fatta fotografare insieme alla stilista padovana da cui storicamente acquista abiti e al figlio di quest’ultima, che ha avuto dei precedenti penali per molestie. Non vi è nulla di falso in quanto riferito, vi è ovviamente una critica all’opportunità della stessa, ma non è dato capire in che cosa tale critica trascenda i limiti. Quanto ai titoli degli articoli del 10.12.2019 (doc. 28), dell’11.12.2019 (doc. 29) e del 12.12.2019 (doc. 30) che fanno riferimento all’invio al domicilio dei giornalisti odierni convenuti della missiva contenente l’invito alla mediazione, si tratta invece di titolazione volta a stravolgere il senso della notifica degli inviti alla mediazione, trasformandoli da legittimo, e anzi doveroso, adempimento prodromico all’introduzione della causa in atti intimidatori (minacce). Nulla nel testo delle lettere può definirsi integrante una minaccia, visto che è solo prospettata la volontà di procedere con una causa civile di risarcimento danni per diffamazione. Anche l’aver presentato la notifica presso il domicilio come qualcosa di anomalo è funzionale a sostenere tale tesi. Ciò tuttavia non corrisponde a verità, dal momento che a norma dell’art. 139 c.p.c. la notifica presso l’abitazione costituisce il primo criterio stabilito dal legislatore per individuare il luogo presso cui eseguire la notifica. Il contenuto diffamatorio è evidente, attribuendosi all’attrice una condotta che è anche penalmente rilevante e comunque gravemente scorretta, in quanto volta a limitare le libertà costituzionalmente garantite dei giornalisti, e non è scriminato dal legittimo esercizio del diritto di critica, stante la non corrispondenza a verità di quanto affermato.
Quanto infine al titolo sulla bestemmia, la bestemmia è una espressione ingiuriosa e irriverente contro Dio e i santi e le cose sacre. Nel caso in esame la Presidente ha detto “perdio”: detta esclamazione, per quanto non certo elegante o consona al ruolo, non integra, secondo il comune sentire, una bestemmia, perché priva di contenuto ingiurioso. Ecco allora che il titolo, per l’evidenza dei caratteri e per il fatto che il testo completo dell’articolo, in cui è riportata l’espressione, segue di alcune pagine, è idoneo di per sé a ledere la reputazione dell’attrice, attribuendole una condotta deprecabile che la stessa non ha tenuto. È noto che spesso i lettori si fermano al titolo e il titolo riferisce un fatto non rispondente al vero…
Accertata quindi in via presuntiva la sussistenza del danno, la sua quantificazione, trattandosi di danno non patrimoniale, non può che essere equitativa…
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
accerta la responsabilità dei convenuti per il carattere diffamatorio, nei limiti e per le ragioni esposte in parte motiva, degli articoli del 17.11.2019 a firma Carlo Tecce, del 20.6.2020 a firma Ilaria Proietti, del 10.12.2019 a firma Marco Travaglio, nonché degli articoli dell’11.12.2019 e del 12.12.2019;
per l’effetto condanna i convenuti in solido Società Editoriale Editrice il Fatto Spa, Marco Travaglio, Carlo Tecce (nei limiti di € 5.000,00) e Ilaria Proietti (nei limiti di € 10.000,00) al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, a favore dell’attrice Maria Elisabetta Alberti Casellati di € 25.000,00;
condanna Marco Travaglio, Carlo Tecce e Ilaria Proietti ex art. 12 l. 47/1978 al pagamento rispettivamente di € 2.000,00 ciascuno Marco Travaglio e Ilaria Proietti e di € 1.000,00 Carlo Tecce;
ordina la pubblicazione delle sentenza per estratto a cura e spese dei convenuti su “Corriere della Sera”, “Il Mattino”, “il Gazzettino” e “il Fatto Quotidiano”.
Condanna altresì i convenuti in solido a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in € 940,90 per spese, € 7.254,00 per onorari, oltre IVA, se dovuta, CPA e 15,00 % per rimborso spese generali.
Padova, 27 maggio 2022
Il Giudice, dott. Caterina Zambotto