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 2022  luglio 04 Lunedì calendario

Custodire un museo per 4,50 euro l’ora

Vestono camicia bianca e pantalone nero e nei musei di Roma, quelli gestiti da Zètema, la società strumentale di Roma Capitale che si occupa di musei e biblioteche comunali, svolgono mansioni da operatori di sala del tutto comparabili a quelle dei dipendenti dell’azienda capitolina: custodia e accoglienza al pubblico. Ma differente è il vestiario – sono privi di divisa – e differenti sono i diritti.
“Riceviamo i turni il sabato, con un messaggio privato, che variano sia per orari, sia per giorni, sia per sedi. Ma nel corso della settimana possono variare ulteriormente, anche nelle ore immediatamente precedenti l’inizio del turno”. Tanto è vero che esistono anche i turni “jolly”: il dipendente è tenuto a presentarsi ai Musei Capitolini al mattino e solo allora saprà in che sede dovrà recarsi tra le 20 possibili (che spaziano in tutto il centro di Roma e fino all’Appia Antica). Gli spostamenti, ovviamente, sono a carico del lavoratore.
A spiegarlo sono alcuni dei dipendenti di H501, l’azienda a cui Zètema ha esternalizzato parte del servizio di accoglienza nelle sedi e la sostituzione del personale interno – non solo malattie e emergenze, ma anche ferie e pensionamenti – dal 2017 in poi. Circa 150 persone che ogni settimana ricevono i loro “turni” dai responsabili dell’azienda: sono inquadrati a chiamata con il contratto dei servizi fiduciari, 4,7€ euro l’ora lordi di base; non hanno malattia; gli straordinari (circa 2 euro l’ora in più) scattano alle 22; ferie, Tfr e tredicesima sono liquidati mensilmente per 50 centesimi orari in più. E soprattutto convivono con la difficoltà di rifiutare i turni proposti, anche quando comunicati all’ultimo momento, data la necessità di tenere buoni rapporti con l’azienda e data l’instabilità del salario: una settimana capita di lavorare 18 ore, quella successiva 50, senza preavviso.
Molti di questi lavoratori sono studenti, ma c’è anche personale oltre i 35 anni, alcuni laureati e specializzati col sogno di lavorare nei musei, altri animati dalla necessità di arrivare a fine mese. Fino allo scorso anno la paga base erano 5,6€ euro l’ora, ma in seguito a un nuovo accordo quadro stipulato nel marzo 2021, in scadenza a dicembre, si è scesi ai 4,7 euro di oggi. In tanti abbandonano, continuamente, facendo ovviamente calare la qualità del servizio.
Non è una storia di lavoro sfruttato come tante, perché Zètema è una società senza veri paragoni in Italia. Partecipata al 100% dal Comune dal 2007, nasce però come filiazione di Civita, che dagli anni 90 prima come associazione poi come holding si dedica alla gestione dei servizi esternalizzati dai musei ed è una sorta di summa del potere romano: da Gianni Letta a Luigi Abete fino a Luca Cordero di Montezemolo passando per pezzi del Pd romano, che su Zètema ha sempre mantenuto un discreto controllo. Dal 2005 la società gestisce per intero il sistema museale cittadino, compresi eventi e mostre, arrivando a contare su 48 milioni di commesse pubbliche annuali e 800 dipendenti al fine di garantire i servizi culturali.
Dal 2015, date le nuove norme che avevano bloccato le assunzioni nelle società partecipate, Zètema per far funzionare la macchina esternalizza il personale di sala, ma anche i servizi bibliotecari, la vigilanza armata e altro, appaltati con ribassi tra il 15 e il 30%. Tutto a norma. Ma un poco contraddittorio, se nel bilancio 2021 la società scrive di aver adottato negli anni recenti misure volte alla riduzione delle forme di lavoro flessibile, anche in virtù delle nuove norme in vigore, riconducendo il volume di questo lavoro “ampiamente entro i parametri richiesti per legge”. Per il 2022 è addirittura previsto “un sostanziale azzeramento della voce”.
Problema: dal 2017 in poi sono aumentate le commesse a società esterne. A bilancio sono inquadrate come “servizi”, ma si tratta di persone: costavano 12 milioni nel 2016, sedici nel 2021, lasso di tempo in cui il personale assunto è passato da 867 a 763 unità (proprio gli addetti alla vigilanza hanno registrato il calo maggiore).
Quando la società H501 si è aggiudicata il primo appalto, nel 2017, nei musei italiani erano pochissimi i casi di contratto servizi fiduciari (quello della vigilanza non armata): oggi, in assenza di norme, se ne contano decine di applicazioni da Nord a Sud. H501, da parte sua, grazie a queste commissioni – che riguardano anche altri eventi romani come festival, concerti o la gara di Formula E – ha visto il fatturato passare dai 406 mila euro del 2016 ai quasi 2 milioni del 2020, da 1 a 153 dipendenti. Al Fatto Quotidiano spiega che le cause dei bassi salari sono da cercare nelle gare, in primis quelle aggiudicate dal ministero della Cultura con ribassi eccessivi: con basi basse, pochi limiti e la necessità per l’azienda di avere un guadagno, le compatibilità economiche finiscono per essere garantite dai salari.
Col personale interno, invece, Zètema ha inaugurato pochi mesi fa una nuova stagione di relazioni sindacali, dopo lo stato di agitazione proclamato a settembre 2021 e ritirato a marzo. Ma quando si tratta di fondi pubblici (decine di milioni quelli che versa ogni anno il Comune alla società), c’è da chiedersi se sia opportuno inquadrare nelle voci di bilancio riguardanti i “servizi” – qui infatti ricadono questo genere di appalti, sia per le società partecipate sia per i Comuni – quelle che hanno a che fare con la qualità del lavoro e della vita delle persone.
Se il bilancio della società è in ottime condizioni, è anche grazie a centinaia di lavoratori invisibili. Da Zètema assicurano che l’accordo con H501 scadrà a dicembre e poi si procederà a 77 assunzioni: sono però molti di più i posti coperti da personale in appalto e così non sarà certo finito il lavoro povero nei musei e nelle biblioteche civiche della Capitale.