Il Messaggero, 4 luglio 2022
Intervista a Gianni Morandi
Sessant’anni fa in questo periodo scalava le classifiche dei 45 giri più venduti e ascoltati nei jukebox con Andavo a cento all’ora: quella canzone trasformò in realtà i sogni di un ragazzino che a 11 anni già lucidava scarpe nella piccola bottega del padre ciabattino, a Bologna. Sei decenni dopo Gianni Morandi è ancora in giro. Con l’entusiasmo di sempre. E quell’umiltà e una voglia di raccontarsi senza badare alle strategie di comunicazione che una carriera da popstar non gli ha strappato via. A 77 anni l’Eterno Ragazzo è così entusiasta del successo di Apri tutte le porte, la canzone che Jovanotti ha scritto per lui e che dopo il terzo posto all’ultimo Festival di Sanremo ha vinto il Disco di platino, che ha dimenticato di festeggiare il sessantennale della sua prima hit: «Ma c’è tutto l’anno per recuperare», sorride lui, che si prepara a pubblicare un nuovo singolo. Il terzo firmato da Jovanotti, dopo L’allegria e Apri tutte le porte: si intitola La ola e uscirà il 15 luglio.
Morandi, non va in ferie?
«No. Potevo fare una lunga tournée, ma non avevo troppa voglia. Non mi sento ancora del tutto autonomo».
Le lesioni dell’incidente dello scorso anno sono ancora debilitanti?
«Sì. Non riesco a suonare bene, a stringere questa mano (la destra, che ha subito diversi interventi a causa delle ustioni e lo costringe a portare ancora un tutore, ndr). Suono con tre dita. Non il massimo. Al limite girerò con Jovanotti sulle spiagge, se vuole (sabato è stato ospite del debutto a Lignano, ndr). È meno impegnativo».
Canterete anche il nuovo singolo?
«Per ora no. Devo ancora prendere confidenza con la canzone. È un pezzo più romantico. L’ha prodotto Lorenzo insieme al suo tastierista Christian Rigano. È una bachata latino-romangola. Vorremmo girare il video in una scuola di ballo latino americano. Lorenzo ha sempre idee geniali. Questo tour mi ricorda un po’ i Cantagiro dei miei anni».
Addirittura?
«Le atmosfere sono più o meno quelle, da festa popolare. Celentano partecipò per la prima volta a quel concorso nel 62 e si spaventò: troppa gente. Fu Gino Paoli a convincermi a buttarmi, nel 64, due anni dopo Andavo a cento all’ora. Ricordo ancora quella volta che alcuni ragazzi la scelsero ad un jukebox e io corsi a nascondermi: avevo paura che mi riconoscessero (ride). In quell’edizione, oltre a me, c’erano anche Dino, Lucio Dalla, Piero Focaccia: È una cosa fantastica’, ci disse Paoli».
Vinse con In ginocchio da te: cosa ricorda di quell’estate?
«La fila delle macchine per le strade delle varie città in cui faceva tappa la carovana. Era impressionante. Bagni di folla ovunque. Se ci fermavamo a mangiare qualcosa in un ristorante scoppiava il caos. Tempi diversi».
Non le sembra che quella voglia di spensieratezza sia tornata, dopo la pandemia?
«Eccome, soprattutto in questa estate della ripartenza. Nell’immaginario collettivo gli Anni ’60 rappresentano l’Italia degli ideali, delle speranze, della voglia di ricostruire il Paese. E poi le 500 della Fiat, i primi frigoriferi, le televisioni in casa. Ora anche la musica pop italiana va a ripescare le atmosfere dell’epoca».
A partire da Fedez, che sta spopolando con La dolce vita.
«Sa che dietro quella canzone c’è lo zampino di mio nipote Paolo (figlio di Marianna, secondogenita di Morandi e della ex moglie Laura Efrikian, e di Biagio Antonacci, ndr)? È bravo. Dopo Mille quest’estate ne ha azzeccata un’altra. Per me scrisse nel 2019 Stasera gioco in casa, che cantai al Teatro Duse di Bologna».
Il 19 dicembre proprio da Bologna condurrà su Rai1 uno show tutto dedicato a lei, Go Gianni Go: l’ufficio stampa smentisce la presenza di Jovanotti. Cosa bolle in pentola?
«Davvero? Non lo so. Presto per parlare dello show. Stiamo mettendo insieme un po’ di idee».