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 2022  luglio 02 Sabato calendario

Intervista a Richard Osman


La gentilezza salverà il mondo (non solo la letteratura noir) dalla sofisticazione, narrativa ed estetica, che sembra essersi impadronita di ogni gesto: dal fotoritocco compulsivo sui social alla scrittura di storie confezionate a tavolino nell’illusione che basti miscelare di tutto un po’ (suspense, iperbole giocosa, erotismo...) per ottenere successo. Richard Osman, 51 anni, presentatore e romanziere dall’esordio fulminante (nel 2020 Il club dei delitti del giovedì ha venduto due milioni e mezzo di copie in Gran Bretagna superando J. K. Rowling e Dan Brown) è convinto che gli stratagemmi per scalare le classifiche, invece di suscitare interesse, finiscano per allontanare il pubblico.
Del suo approccio al genere crime, e di come sia riuscito a trasformare quattro ultraottantenni ospiti di una casa di riposo in un’amatissima squadra investigativa, parlerà al festival «Il libro possibile» di Polignano a Mare (il 9 luglio alle 21.20), dove presenterà il terzo volume della saga, Il colpo che mancò il bersaglio (che uscirà da Sem a fine ottobre), ambientato tra i canali di informazione locale: un riferimento alla sua vicenda professionale – Osman è stato autore e co-conduttore del quiz Pointless in onda su Bbc One – dalla quale ha imparato a comprendere gli stati d’animo della platea televisiva: «Parlare di forza e gentilezza significa andare dritti al cuore della nostra cultura... Mi piace creare storie che facciano piangere, ma avvolte in un alone di mistero».
L’altra rivoluzione dolce, che verrà sviluppata nel quarto libro già in cantiere, consiste nella scelta di puntare su una fascia d’età sottorappresentata, gli «over anta». Osman ribalta la prospettiva rendendo interessanti i retired, pensionati dal lavoro ma non dalla vita, esempi di saggezza e intraprendenza oltre la quiete stereotipata della campagna del Kent. Ed ecco che, mentre le aspettative vengono spiazzate dal cast inusuale, ad ancorare l’attenzione è la trama congegnata per appagare l’implicito bisogno di rassicurazione che si cela dietro il fascino dell’ignoto. Osman sa dosare gli opposti: una banda di anziani, considerati fuori target per il ruolo di aspiranti Sherlock Homes, con lo svolgimento da classico del genere che avvince grazie al suo potere catartico. «Il terzo libro – anticipa Osman a “la Lettura” – ha a che fare con il mondo della tv, una di quelle stazioni di notizie locali dove spesso i personaggi presentati come star sono ignoti nel resto del Paese. L’ospite di un anchor del posto, della quale si erano perse le tracce, viene assassinata e i quattro protagonisti iniziano a indagare».
Come le è nata l’idea di ambientare «Il club dei delitti del giovedì» tra gli ospiti ultraottantenni di una casa di riposo?
«Sfortunatamente mia madre vive in una casa di riposo in Inghilterra, un posto che sembra uscito da un romanzo di Agatha Christie. Vado spesso a trovarla e ogni volta che parlo con le persone le loro storie sono straordinarie. Nella nostra cultura, ma immagino succeda anche in Italia, gli anziani tendono a diventare persone invisibili, ed è per questo che ho scelto un gruppo di persone che vivono nell’ombra ma molto sagge per impersonare i detective perfetti. Il fatto che siano ospiti di una struttura porta a pensare che non abbiano una casa, a sottostimarli, ma il loro buon senso sfida i pregiudizi... Quale strumento migliore di un giallo, allora, per mettere nel giusto risalto le loro potenzialità?».
Una scelta in controtendenza rispetto al mito dell’eterna giovinezza che impera sui social.
«Nella società digitale in cui viviamo la possibilità di guadagnare denaro viene considerata un’esclusiva dei giovani, per i quali vige una sorta di ossessione, mentre gli anziani vengono ignorati. Le nuove generazioni prima di pubblicare una foto pensano al filtro, a come apparire più giovani e diversi da ciò che sono. Si preoccupano troppo del giudizio degli altri, di essere cool, di dire o fare la cosa giusta… Al contrario, dovremmo celebrare la libertà che si conquista invecchiando, che temo manchi alle nuove generazioni… Gli anziani non dovrebbero essere una minoranza ma si sentono come se lo fossero e di sicuro sono sottorappresentati».
Quali sono gli ingredienti di una «crime story» di successo?
«In un mondo segnato dalla grande incertezza del futuro, da forze pericolose che si scontrano quello che fa una crime story è presentare un puzzle impossibile all’inizio del libro, ma il lettore sa già che alla fine ci sarà una soluzione. E lo sa mentre si addentra nelle pieghe del racconto, che non lo fa sentire in una condizione di instabilità. Quando sai che porterai le persone in quella direzione, sai che durante il viaggio puoi andare dove vuoi perché alla fine darai loro una qualche forma di soddisfazione… Durante la pandemia non potevamo prevedere che cosa sarebbe successo il mese dopo… una storia in cui accadono cose orribili, brutali, ma che sai nel tuo cervello troverà uno sbocco, è rassicurante».
Lei è stato scelto da un regista come Steven Spielberg per la versione cinematografica del proprio romanzo d’esordio...
«Quando ho scritto il primo libro ho mantenuto un grande riserbo perché sono un conduttore popolare, almeno nel Regno Unito, e temevo che avrebbero pubblicato qualunque cosa scrivessi, che le persone l’avrebbero comprato anche se non fosse stato buono. Prima che venisse pubblicato, Spielberg lo ha letto e gli è piaciuto. Non ci conoscevamo, non mi aveva mai visto in tv, ma la fiducia di quest’uomo, un grande narratore come Agatha Christie e Alfred Hitchcock, mi ha incoraggiato. Quando ha avuto la bozza tra le mani, ha pensato fosse una storia con la quale le persone si sarebbero identificate. Il fatto stesso che abbia suscitato il suo interesse è stata per me una grande conferma».
Che cosa la induce a pensare che l’arma più potente sia la gentilezza?
«L’ho capito grazie alla mia carriera televisiva: se riesci a proporre un programma che sappia intrattenere con gentilezza la gente se ne innamora, è ciò che vogliono milioni di persone molto più di quanto desiderino storie brutali o distopiche».
Molti suoi colleghi puntano sull’erotismo, ritiene sia ancora un argomento tabù se associato alla terza età?
«I miei libri non contengono scene di sesso ma c’è molto romanticismo. Una dei personaggi è alla ricerca costante di un uomo, flirta… vuole l’amore, un compagno maschile. Penso che il cervello di una settantenne sia identico a quello di una quarantacinquenne o di una venticinquenne. Il nostro cervello non cambia, cambiano le condizioni fisiche e le abilità ma abbiamo tutti gli stessi desideri e passioni».
L’Italia potrebbe fare da sfondo a uno dei suoi prossimi romanzi?
«Adoro l’Italia. La mia compagna parla italiano ed è vissuta a Roma. Stiamo pensando di tornarci per un po’, saremo a Polignano per il Festival e poi in Toscana… A dicembre ci sposiamo e vorremmo trascorrere la luna di miele a Venezia. Quando saremo lì voglio parlare con più persone possibili, il vostro Paese è un’indiscutibile fonte di ispirazione. Ho molto amato il film Il talento di Mr. Ripley, sempre così affascinante...».