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 2022  giugno 28 Martedì calendario

Biografia di Leonardo Del Vecchio

Leonardo Del Vecchio (1935-2022). Imprenditore. Fondatore di Luxottica, dal 1995 maggior produttore e distributore di occhiali al mondo. Presidente di EssilorLuxottica, il più grande sistema distributivo del mondo dell’ottica. Azionista tra l’altro di Mediobanca, Generali e Covivio, società immobiliare con base in Francia, la sua ricchezza attraverso l’holding di famiglia Delfin quest’anno è stata valutata dalla rivista Forbes in circa 25 miliardi di euro. «Con la scomparsa di Leonardo Del Vecchio se ne va un pezzo del capitalismo italiano. Con tutte le sue nobiltà. E, anche, con tutte le sue criticità. Del Vecchio è il frutto di una Italia in cui – come ha raccontato il giornalista di Bloomberg Tommaso Ebhardt nella recente biografia pubblicata da Sperling & Kupfer – è stato possibile per un figlio del collegio dei Martinitt diventare prima un piccolo artigiano, poi un medio imprenditore, quindi un grande industriale. Un’Italia, dunque, in apparenza rigida e classista. Ma, in realtà, con ampi spazi di libertà “selvaggia”, in cui la disintermediazione sociale e la sostanziale anomia in cui potevano muoversi, almeno fino agli anni Ottanta, gli imprenditori consentivano spazi di crescita per le nuove imprese. Così è successo a Del Vecchio, che negli anni Settanta e negli anni Ottanta è riuscito a costruire un modello industriale del tutto atipico: in grado di formalizzare i processi e le procedure delle grandi aziende e di adoperare la naturale propensione pulviscolare e flessibile del capitalismo a prato basso dei fornitori, che hanno avuto una funzione rilevante nella costruzione dell’impresa Luxottica» [Bricco, Sole]. «Nato a Milano da genitori emigrati dalla Puglia, ha vissuto da bambino nell’orfanotrofio dei Martinitt, dove sono cresciuti altri grandi dell’imprenditoria italiana come Edoardo Bianchi e Angelo Rizzoli. Nella sua storia dickensiana c’è una giornata simbolo. Domenica 11 settembre 1949, finalmente una splendida giornata di sole. Quello che torna a casa non è più lo spaurito bimbo che aveva varcato il portone del Martinitt sette anni prima, ma un ragazzo che ha imparato un mestiere e non vede l’ora di mettersi alla prova. Leonardo torna nell’abitazione in Via Forze Armate dove vivono ancora la mamma, che adesso fa l’orlatrice, il fratello ventunenne, argentiere, e la sorella, diciannove anni, ricamatrice. Vivono tutti nei due locali al secondo piano delle case minime. Alla mamma e ai fratelli maggiori chiede solo una cosa: “Compratemi una bicicletta: vedrete, mi servirà a far soldi”. Ogni mattina, dall’estrema periferia ovest si sposta in centro, per fare il garzone alla Johnson di Porta Nuova. Quasi dieci chilometri in bicicletta. Vede il primo stipendio, guadagna “trecento lire alla decade come apprendista incisore e disegnatore”. Poca roba, la paga di un operaio è sulle 2.000 lire al mese, ma intanto intasca i suoi primi dané. È un inizio senza sconti, in cui bisogna tener duro e mangiare la polvere. Alla Johnson, Del Vecchio studia come si fanno gli stampi per le medaglie. È l’ultimo arrivato di otto operai, il giovane apprendista a cui si può chiedere qualsiasi cosa. I suoi colleghi lo mandano tutti i giorni a comprare il pranzo. Impara sul campo e la sera studia all’Accademia di Brera, dove i padroni della Johnson, viste le sue capacità, lo iscrivono ai corsi di disegno e incisione. Sono proprio quei tre anni e mezzo alla scuola di Brera a cambiarne il destino. Appena vede una possibilità di crescita, prende e va. “Mi ero stancato di fare il garzone e mi licenziai, anche perché mi era stata offerta la possibilità di diventare operaio”. È il momento di partire, lasciare Milano e trasferirsi al Nordest» [Ajello, Mess]. «Diventa capo terzista fuori Milano e qualche anno dopo si trasferisce ad Agordo, in provincia di Belluno, dove la comunità montana aveva offerto terreno a chi avesse avviato un’azienda sul territorio. Del Vecchio ha 26 anni ed è così che iniziò l’avventura di Luxottica, prima come terzista e poi come produttore di occhiali finiti. Dal 1969 diventa proprietario unico dell’azienda e la svolta arriva poco dopo. Così l’ha raccontata Del Vecchio: “Con una decina di modelli ideati e realizzati da me e Luigi Francavilla (uno degli uomini più vicini all’imprenditore) e presentati al Mido. Eravamo timorosi di non riuscire a vendere granché, invece fu un successo inaspettato. Tornammo ad Agordo stanchissimi e felici e con la consapevolezza che il nostro futuro era cambiato per sempre”. Due le strategie che hanno fatto di Luxottica il leader mondiale degli occhiali. La prima è stata investire nel retail, ovvero nei negozi di proprietà. La seconda le acquisizioni di marchi propri, cruciale fu ad esempio l’acquisto della società che produce i Ray-Ban, in una partita vinta con un altro gruppo italiano, la Safilo di Vittorio Tabacchi, nel 1999. Dopo anni in prima fila, Del Vecchio sceglie di passare il testimone ai manager. Sceglie Andrea Guerra, in arrivo dal gruppo degli elettrodomestici di Vittorio Merloni. È il 2004. Guerra rimarrà in Luxottica per dieci anni. Lascerà improvvisamente nell’estate del 2014. Un’uscita contrastata. Nel 2016 è lo stesso Del Vecchio a riprendere le redini del gruppo. Nel 2017 la notizia del matrimonio fra Luxottica e il gruppo francese Essilor: una fusione da 50 miliardi di euro. Oggi il gruppo Essilor Luxottica è una realtà da oltre 21 miliardi ed è una società che ha superato gli 80 miliardi di capitalizzazione e punta ai 100. Ha più di 180 mila dipendenti nel mondo, 18 mila negozi, quasi mezzo milione di punti vendita serviti» [Gambarini, CdS]. «Di lui resta l’epopea, il colosso degli occhiali con la maxifusione del 2018, e una cassaforte di famiglia, la Delfin che ha circa 25 miliardi di attività in gestione e appena 2 miliardi di debiti. Proprio per diversificare gli investimenti è nata l’ultima stagione, quella della finanza che l’ha portato alla ribalta delle cronache economiche. Quando ha chiesto di salire in Mediobanca s’è destato anche il Copasir paventando la calata degli stranieri, vista la fusione in terra francese. A 87 anni ancora teneva in scacco la Milano che conta, dove da domani tutti si chiederanno che ne sarà del progetto su Mediobanca, di cui era primo azionista con poco meno del 20% e per cui sognava un destino internazionale, magari incrociandone i destini con le Generali di cui pure era grande azionista, col 9,82%. In fin dei conti però per Del Vecchio la finanza è stata solo un diversivo in cui rientrano anche puntate su aziende come Webuild, Guala Closures, Aquafil, Fila, la spac Space. La passione era l’industria, a cui seguiva il settore immobiliare, in cui il Cavaliere di Agordo operava con Covivio, di cui era maggior azionista col 27%. Su qualunque tavolo ha giocato, Del Vecchio ha vinto. “La mia grande forza – soleva dire – è che le persone mi sottovalutano sempre”» [Spini, Sta]. Morto all’ospedale San Raffaele di Milano per una polmonite non legata al Covid. Era ricoverato in terapia intensiva da diverse settimane. «È stato un grande italiano» così il premier Mario Draghi nella nota di cordoglio e condoglianze alla famiglia anche a nome di tutto il governo. I funerali si terranno giovedì mattina al Palaluxottica di Agordo (Belluno), lì dove è cominciata la sua avventura imprenditoriale. Lascia sei figli, avuti da tre compagne diverse, tra cui l’ultima moglie Nicoletta Zampillo sposata due volte. Numerosi i messaggi di cordoglio arrivati da esponenti del mondo dell’economia e della politica. Oltre al premier il commissario Ue Gentiloni, tra gli altri i ministri Giorgetti, Carfagna, Brunetta la presidente del Senato Elisabetta Casellati, gli imprenditori John Elkann, Luca Cordero di Montezemolo, Alessandro Benetton, Letizia Moratti [Mess].