Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  giugno 30 Giovedì calendario

Biografia di Antonietta Tartagni

Antonietta Tartagni (1944-2022). «È stata per decenni insegnante di latino e greco. Ogni persona è unica, Antonietta Tartagni è particolarmente unica perché è stata la prima traduttrice di Václav Havel in un paese occidentale. È successo nel 1979, quando il Muro di Berlino era ancora su e in Italia in molti idealizzavano il “socialismo reale”, nonostante la repressione violenta della rivolta d’Ungheria del 1956, nonostante i carri armati nelle strade cecoslovacche nel 1968 a stroncare la Primavera di Praga, nonostante l’espulsione del premio Nobel Aleksandr Solgenitsin dalla Russia nel 1974, nonostante i Gulag. Antonietta era redattrice di Cseo, il Centro studi Europa orientale fondato da un geniale e vulcanico prete di Forlì, don Francesco Ricci, che girava con i suoi ragazzi, tra questi Antonietta, i paesi d’oltrecortina (Jugoslavia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Polonia), animato da quella che definiva “la cultura dell’incontro”. In uno di questi viaggi don Ricci conobbe un sacerdote ceco che poi si rifugiò in Italia e che, nel 1979, gli consegnò un plico, giunto a Roma in una scatola di cioccolatini boemi, contenente cento sottilissime veline battute a macchina: era, grazie alla carta carbone, la quinta, forse la sesta copia di un dattiloscritto. L’autore, Václav Havel, un drammaturgo ceco, in quel momento era in carcere a Praga. Don Ricci decise di pubblicarlo subito: “È l’autodifesa che Havel non potrà pronunciare nel processo che lo attende”. Era Il potere dei senza potere, il manifesto del dissenso nei paesi comunisti dell’est Europa. Antonietta lo tradusse di notte – di giorno insegnava – appassionandosi e affezionandosi a quel verduraio praghese (il protagonista del libro) che, stanco di vivere nella menzogna, si ribella e non espone più tra patate e zucchine il cartello consegnatogli dal partito: “Proletari di tutto il mondo unitevi”» [Casotto, Foglio].