il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2022
La mattanza dei cani in Cina
Il solstizio d’estate è festeggiato da molte popolazioni sin dall’antichità. Si celebra l’inversione del corso del Sole nel cielo. La luce comincia a cedere alle tenebre e ogni giorno il dì cede qualche manciata di secondi alla notte. Le tradizioni sono affascinanti, ma si interrompono se giriamo lo sguardo verso la Cina. Il 21 giugno, a Guangxi Zhuang ha luogo la mattanza di cani e gatti, il Festival di Yulin. Il problema non è cibarsi di queste carni (per noi, almeno per quanto riguarda il cane, inaccettabile) ma come barbaramente si uccida e in che condizioni igienico-sanitarie si svolga l’evento. Nel 2020 il ministero dell’Agri – coltura e degli Affari Rurali della Cina ha decretato che cani e gatti siano esclusivamente da utilizzare come animali da compagnia. È un’assurdità che in un Paese dove si rischia la vita solo esprimendo un pensiero non allineato al governo, questa legge venga totalmente disattesa. Cani e gatti vengono rubati in giro, raccolti a decine in reti, mantenuti senza cibo né acqua e finiti a bastonate. Non vogliamo qui affrontare l’aspetto animalistico che è ben rappresentato, anche se ignorato, ma quello igienico-sanitario. Abbiamo più volte parlato dei cosiddetti mercati umidi che, malgrado gli accordi e le promesse, la devastante pandemia, restano ancora aperti. Eventi come il festival Yulin sono acceleratori di potenziali infezioni. I circa 10.000 cani e gatti che vengono proposti come prelibati alimenti, sono senza alcun controllo veterinario. Spesso sono randagi abbandonati in quanto malati. Se il governo cinese sembra non accorgersene, crediamo che i nostri organismi internazionali, creati a protezione della nostra salute, dovrebbero intervenire. Dai parassiti che possono essere albergati su questi animali, l’uomo potrebbe infettarsi contraendo la Malattia di Lyme, l’Anaplasmosi e l’Ehrilichiosi con conseguenze anche letali. Ma a queste se ne aggiungono molte altre, anche molto contagiose. L’Oms ha dichiarato che l’attuale epidemia di vaiolo della scimmia è un’emergenza internazionale. Se ciò è valido per circa 2.000 casi al mondo di un’infezione che nella sua più grave manifestazione provoca qualche pustola e uno o due giorni di febbre e che, se si facesse adeguata informazione potrebbe essere contenuta con misure individuali ben precise, ci aspetteremmo un’allerta almeno di pari entità per questi ignorati incubatori di malattie che continuano a esistere in Cina e interventi drastici. La visita ai mercati umidi è una delle tappe comprese nei tour turistici, si potrebbe cominciare, vietandole.