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 2022  luglio 01 Venerdì calendario

In Bulgaria l’olio di rosa è passato da 6mila a 10mila euro al chilo

Petali profumati, da raccogliere delicatamente. Da questi si ricava l’oro liquido della Bulgaria, cioè l’olio essenziale di rosa, ingrediente segreto dei grandi profumi, ambito dalle aziende profumiere di mezzo mondo, che in questa stagione dovranno pagare caro per aggiudicarselo. La produzione dell’elisir sta subendo importanti rincari e le rese dei roseti paiono in contrazione. L’olio essenziale di rosa sarà ancora più prezioso quest’anno e, come ha detto all’Agenzia France Presse Plamen Stankovski, uno dei soci di Bulattars, produttrice ed esportatrice, «sarà molto più costoso». Il prodotto è unico, ed è richiesto da brand come Dior e Chanel non tanto per l’aroma, ma per la capacità di legare i componenti, naturali e artificiali, di un profumo e ne favorisce la persistenza.

Nella famosa Valle delle Rose, dove si coltiva la rosa damascena, si lavora a pieno ritmo: i fiori appena recisi confluiscono nei laboratori delle distillerie dove vengono bolliti seguendo un processo pressoché immutato dai tempi dell’Impero Ottomano. Servono migliaia di chili di petali per estrarre un chilo di olio e come ha riportato l’Afp i costi di produzione aumenteranno del 40% nel 2022, rincari che faranno schizzare i prezzi dell’olio da 6 mila euro al chilo dell’anno scorso ai 10 mila di quest’anno. Motivo? Innanzi tutto energetico: le distillerie sono alimentate a gas naturale, diesel oppure a olio combustibile: tutti carburanti i cui prezzi sono schizzati alle stelle dopo l’invasione russa in Ucraina. Ma sono rincarati anche i prezzi dei fertilizzanti, essenziali per le rose.
La Bulgaria è, insieme alla Turchia, tra i principali produttori mondiali di rose destinati all’industria profumiera. Ma il settore deve fare i conti anche con la carenza di manodopera come quella che sta vivendo l’agricoltura italiana. Non si trova personale disposto a lavorare nei roseti. «È un problema», ha spiegato il produttore Dimitar Dimitrov, «facciamo tutto a mano e in tempi stretti: se si tarda un giorno i petali svaniscono».
Infine il clima. L’ondata di caldo è arrivata anche nel Paese dell’est europeo, ma pure la primavera ha fatto registrare temperature sopra la norma. Questo ha ridotto i giorni di raccolta a sole tre settimane, e la resa è stata inferiore al consueto. Servono 4 mila chili di petali per ottenere 1 chilo di olio, il 15% in più del normale. Così si mette a rischio la produzione stimata e abituale di 2,5 tonnellate. Uno scenario che getta nello sconforto i produttori, già provati dalla pendemia che si era fatta sentire sulle vendite. Ora la ripresa della domanda c’è, ha confermato Filip Lissicharov, a.d. della società Enio Bonchev, ma «siamo preoccupati per l’aumento dei costi: c’è interesse da parte degli acquirenti, ma il prezzo è fondamentale». Il futuro non è... roseo.