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 2022  giugno 30 Giovedì calendario

Il sequel dell’Orlando furioso, scritto a otto mani

I paladini di Carlo Magno hanno conquistato la pace per la cristianità, gli infedeli non sono più una minaccia, e Orlando... Beh, sessanta anni dopo le vicende ariostesche, il grande re è morto, Orlando è ancora attivissimo, e «i paladini regnano incontrastati, ma l’Impero sta per essere scosso dalle fondamenta». E, sulla scena, appare «una nuova generazione di eroi» (una bella ragazza dai capelli rossi, un aspirante paladino ingenuotto, una bambina)... Così accade in Furioso (Mondadori, pagg. 322, euro 19,90), dichiaratamente un sequel del capolavoro di Ariosto, firmato da La Buoncostume, ovvero Carlo Bassetti, Simone Laudiero, Fabrizio Luisi e Pier Mauro Tamburini, che da anni lavorano insieme come scrittori, registi e sceneggiatori. Qui rispondono Pier Mauro Tamburini e Simone Laudiero.
Come vi è venuta questa idea «furiosa»?
(Laudiero) «È venuta a Mondadori, in realtà: dato che siamo matti e abbiamo un certo sguardo sul fantastico, ci hanno proposto di fare un libro ispirato all’Orlando furioso».
E voi?
(Laudiero) «E noi, anziché scappare e scrivere un libro più semplice, ci siamo appassionati. Benché non sia una cosa saggia scomodare i mammasantissima della letteratura...»
E poi?
(Tamburini) «E poi dovevamo anche capire che cosa fare: un retelling, come spesso si usa oggi, sarebbe potuto essere una strada ma, parlando fra noi, abbiamo deciso di fare un sequel, una storia ambientata sessanta anni dopo il libro di Ariosto».
Già in una testa si affollano molti pro e contro: come se ne mettono insieme quattro?
(Laudiero) «Noi nasciamo sceneggiatori, un lavoro in cui la scrittura è preferibilmente di gruppo, quindi siamo molto abituati. A volte è più facile uscire dall’impasse se si è in quattro, anziché da soli con i propri demoni, all’infinito».
Come funziona concretamente?
(Tamburini) «La prosa è opera di Simone. Come gruppo lavoriamo sui fondamentali, i personaggi e la trama; io faccio da filtro per la trama, che rileggiamo tutti insieme, poi rifaccio da filtro e, a quel punto, Simone scrive. Dopo la prima versione se ne parla, io rifaccio da filtro... e così via, per due anni, fino a che non siamo obbligati a consegnare. In teoria avremmo dovuto impiegare un anno ma poi, con la pandemia, abbiamo dovuto fare il lavoro via call, anziché tutti insieme in una stanza, e i tempi si sono dilatati».
Scrivere un sequel dell’Orlando furioso, cosa che diversi hanno tentato, già subito dopo Ariosto, è quantomeno sfidante. Non avevate un po’ di paura?
(Laudiero) «Molto, specialmente all’inizio. Poi però ci siamo resi conto che il ciclo carolingio e questo mondo di paladini e cavalieri sono open source per natura, come si direbbe oggi. Ciascuno, Ariosto compreso, ci metteva mano come voleva, in modo libero, per raccontarlo; e noi facciamo nostro quello spirito, cercando anche il nostro divertimento, il nostro interesse e la nostra fantasia. Siamo sceneggiatori del 2022: la filologia e l’attenzione alla coerenza sono dentro di noi, però abbiamo pensato di non lasciarci intimidire troppo e che, a quel tempo, era tutto più libero e aperto; e, con questa paraculata, ci siamo alleggeriti la coscienza. E ci siamo divertiti, seguendo il modello, con rispetto, ma divertendoci».
In questo senso, come avete scritto ironicamente su Facebook, siete «gli unici veri eredi di Ariosto»?
(Laudiero) «Ah no, non ci sentiamo eredi per niente».
(Tamburini) «Era solo un modo per finire la battuta: Ha lasciato solo debiti».
E il mondo fantastico?
(Laudiero) «Certo ci ha ispirato, abbiamo il gusto del meraviglioso, di raccontare quel mondo. Una cosa che colpisce oggi è la potenza delle immagini che crea Ariosto, la loro ricchezza e varietà».
(Tamburini) «E poi c’è il tema del desiderio dell’uomo, sempre insoddisfatto, che è centrale: Orlando impazzisce per gelosia e voglia di conquista, e questo risuona molto con la contemporaneità, con questo continuo desiderio inappagato che si esprime, nel piccolo, nell’incessante scroll dei social e, nel grande, nella ripresa delle esplorazioni spaziali».
I nuovi paladini sono cattivi: sono tiranni.
(Tamburini) «Abbiamo spinto all’estremo quello che già c’era nell’Orlando furioso: l’incapacità di Orlando di controllare le emozioni è portata al limite e, dopo la morte di Carlo Magno, i paladini diventano loro stessi il potere».
(Laudiero) «I paladini sono volitivi, materiali, collerici, vendicativi... Rinaldo devia dal suo cammino per le donne, fanno guerre infinite per uno scudo».
Che cosa non poteva mancare nel «cocktail furioso»?
(Tamburini) «Il castello di Atlante e l’anello dell’invisibilità di Angelica. E poi un contorno di armi e creature».
Com’è questo «mondo furioso»?
(Tamburini) «Da autore è straordinario, perché è pieno di possibilità: lanci un sasso nell’acqua e parla... Se dovessi viverci però mi preoccuperei, a meno di essere un paladino, o un mago molto potente. Un po’ come nel nostro mondo».
C’è anche una «apocalisse furiosa» in corso.
(Tamburini) «Anche qui abbiamo spinto al massimo quello che c’era in Ariosto: dove può portare quell’insoddisfazione costante di personaggi sovrumani? E, oggi, dove sta portando il desiderio umano incontrollabile?»
Sulla fascetta c’è scritto: «Pirotecnico, epico, fantastico».
(Laudiero) «Sarebbe la fascetta dell’Orlando furioso... Noi abbiamo cercato di replicare quel sentimento lì, è il nostro tentativo».