la Repubblica, 30 giugno 2022
Intervista al presidente finlandese Sauli Niinisto
MADRID – L’ingresso nella Nato per la Finlandia è «naturale». Con la Turchia c’è stato un «compromesso» che, però, non riguarda le estradizioni dei presunti terroristi curdi: su di loro «seguiremo solo la legge». Il presidente finlandese, Sauli Niinisto, si presenta sollevato dopo il memorandum di intesa con Recep Tayyip Erdogan sull’adesione di Helsinki e Stoccolma all’Alleanza. Sa che la guerra, «almeno in teoria», non può più essere esclusa. Forse ha ancora in mente l’incontro dell’autunno scorso con Biden alla Casa Bianca quando il presidente americano lo avvertiva che Mosca stava spostando le truppe verso ovest. Ora ammette esplicitamente che Putin è un pericolo e che di lui non ci si può fidare. Ma respinge l’idea che si sia consumato un baratto con Ankara sulla pelle dei ricercati del Pkk curdo. Anzi, sull’essenza democratica dellaTurchia non nasconde i suoi dubbi: «Se guardo a come viene usato il potere, il nostro concetto di democrazia è differente».
Ieri però è stata una grande giornata per la Finlandia?
«Sicuramente. C’è stata molta tensione durante i negoziati con la Turchia. Abbiamo raggiunto un buon compromesso. Sembra che la Turchia sia molto preoccupata per il terrorismo. Le loro richieste nei nostri confronti sembravano una sorta di apertura di un metodo. E continueranno a porlo anche nei prossimi giorni».
Cosa intende per compromesso?
«Il memorandum è chiaro. Ma noi non abbiamo mai sostenuto il Pkk o il FeTo. E quindi non dobbiamo fare nulla di diverso da quel che già stiamo facendo».
Però Ankara ha chiesto subito la consegna di 33 presunti terroristi.
«La Finlandia si atterrà alla propria legislazione e agli accordi internazionali. Quel documento non specifica in alcun modo chi dovrebbe essere estradato. Stabilisce che dobbiamo rispondere velocemente alle loro istanze ma afferma che è importante rispettare i principi concordati nella Convenzione europea sulle estradizioni. In quella Convenzione, siamo tutti e tre coinvolti. In definitiva, quelle richieste sono una questione legale che la sfera politica non può influenzare».
A suo giudizio, però, la Turchia è un Paese democratico? Erdogan è un leader democratico?
«Beh, secondo gli standard della Nato tutti i membri sono democratici. In Turchia si svolgonoelezioni democratiche. Poi, certo, se si guarda più da vicino alla società turca e al modo in cui il potere è usato, allora differisce dall’Europa e dal nostro pensiero di democrazia.
Ho cercato di essere molto diplomatico».
Capisco, ma forse questo è uno dei problemi per cui la Turchia non fa parte dell’Ue.
«Sì, c’è stato un lungo percorso da Helsinki nel 1999. Eppure non ci sono stati progressi e le ragioni sono diverse. Se non ci riesci in 23 anni…».
L’ingresso nella Nato, allora, cosa cambia per la Finlandia?
«Non è una scelta improvvisata.
Abbiamo da tempo diverse collaborazioni. Ci sono patti di partenariato con gli Stati Uniti, con la Gran Bretagna, con la Francia e con altri ancora. Ci siamo avvicinati sempre di più. Poi Finlandia e Svezia sono naturalmente Paesi vicini alla Nato. Mancava solo l’adesione formale. E citando il presidente Kennedy, direi che in Finlandia non ci stiamo solo chiedendo cosa la Nato può fare per noi, ma anche quello che possiamo fare noi per la Nato».
La richiesta di adesione però è arrivata ora, con la guerra in Ucraina.
«All’inizio di dicembre scorso, Putin ha fatto un discorso dicendo che la Nato non avrebbe potuto più allargarsi, in particolare non sulla linea di confine russa. Un messaggio chiaro a noi e alla Svezia. Queste scelte, però, appartengono solo alla nostra volontà. È stato quasi uno shock. Come avremmo potuto contribuire alla stabilizzazione?
Magari se ci fossimo allineati qualcuno avrebbe pensato: certo perché Mosca te lo vieta.
Nell’opinione pubblica finlandese è iniziato a crescere il favore verso l’adesione. Poi quando è partito l’attacco all’Ucraina, è diventato chiaro che avrebbe potuto prepararsi a invadere anche altri Paesi vicini».
È preoccupato per il suo Paese?
«Posso dire che la guerra in Ucraina non ha lasciato margini o spazi di manovra».
In caso di attacco russo la Finlandia è pronta?
«Abbiamo sempre preso la Difesa più seriamente della maggior parte dei Paesi europei».
Avete un lungo confine con la Russia.
«Sì, e anche una lunga storia non molto bella. Ha inciso sul nostro Dna, sappiamo che dobbiamo essere forti. La Nato ci aiuterà anche sulla prevenzione. Non ho mai pensato che la Russia avrebbe attaccato solo noi, ma dobbiamo considerare la possibilità – si spera teorica – di una guerra. E noi siamo capaci di proteggere i nostri confini».
È giusto dare armi all’Ucraina?
«Abbiamo deciso subito di contribuire. Lo faremo sempre di più».
Putin è un pericolo?
«Ricordiamoci che ancora a gennaio hanno detto che non avrebbero attaccato. Dobbiamo stare attenti.
Evitare di offrire scuse per una escalation oltre l’Ucraina».
Esiste una foto in cui lei gioca ad hockey con Putin. Ci giocherebbe ancora?
«Ma era il 2012, la mia prima visita in Russia».
Lei dice che in dieci anni è cambiato tutto? E che quindi Putin prima era un partner e ora è un nemico?
«Non lo chiamerei un partner.
Condividendo quel lungo confine, esistono dei problemi quotidiani da risolvere. Nel golfo di Finlandia, ad esempio, il trasporto marittimo è sempre intenso. Ci sono famiglie con genitori delle due nazionalità. La Russia, insomma, non era un partner ma un vicino da considerare».
Quindi ci giocherebbe ancora?
«No, non ci giocherei più».