Corriere della Sera, 30 giugno 2022
Chi sono i 10 ex terrorristi che la Francia non estrada
I dieci ex militanti della lotta armata di cui la giustizia francese rifiuta l’estradizione hanno età comprese tra i 61 e 78 anni e si sono rifugiati in Francia decenni fa. Ognuno con vite molto diverse
Il più noto è forse Giorgio Pietrostefani, nato il 10 novembre 1943 all’Aquila, ex dirigente di Lotta Continua condannato a 14 anni di carcere per l’uccisione del commissario Luigi Calabresi nel 1972 a Milano. Dopo la fine degli anni di piombo Pietrostefani in Italia è stato dirigente d’azienda all’Eni e poi alle Officine Meccaniche Reggiane, prima dell’arresto nel 1988. Nel 1992 è arrivato in Francia e si è occupato di una comunità terapeutica per tossicodipendenti allo Chateau de Corvier, a circa 150 chilometri a sud di Parigi, affiliata alla Saman di Mauro Rostagno, altro ex di Lotta Continua. Pietrostefani poi ha scritto molti saggi – tra i quali Il sistema droga – per capire le cause e punire meno, Geografia delle droghe illecite, La tratta atlantica – genocidio e sortilegio, La guerra corsara: forma estrema del libero commercio – ma negli ultimi anni, dopo un trapianto di fegato, le sue condizioni di salute sono peggiorate ed è obbligato a frequenti visite in ospedale.
Marina Petrella, nata a Roma 67 anni fa, già arrestata a Parigi e liberata «per motivi umanitari» nel 2008 dopo l’intervento di Valeria Bruni Tedeschi e Carla Bruni presso l’allora presidente Sarkozy, è stata condannata per vari fatti di sangue tra i quali l’uccisione, nel dicembre 1980, del generale dei carabinieri ed ex partigiano Enrico Galvaligi. «Ho fatto 10 anni di carcere, fra Italia e Francia. E trenta di esilio, un’espiazione quotidiana che dura tutta la vita, una pena senza sconti. Senza la possibilità di tornare nel proprio Paese, e sotterrare i propri morti», diceva Petrella poco più di un anno fa, quando era stata di nuovo arrestata. Vive a Saint Denis, alle porte di Parigi, e «ho cercato di fare del bene, di aiutare gli altri» (come assistente sociale nel XX arrondissement di Parigi, ndr): quello è stato il mio riscatto simbolico».
Narciso Manenti, in Francia da quarant’anni, è stato condannato all’ergastolo in Italia per l’uccisione, il 13 marzo, 1979, del carabiniere Giuseppe Gurrieri, in uno studio medico di Bergamo, davanti al figlio Mauro che era con lui. In una rara intervista al Corriere di Bergamo, nel 2019, Manenti ha parlato della sua nuova vita francese a Châlette-sur-Loing, una paese nel dipartimento Centro-Valle della Loira, a 100 km da Parigi con moglie, tre figli e un’impresa di servizi a domicilio: idraulica, elettricità, giardinaggio e pulizie di primavera. «Sono innocente. Non rivedo mai quegli anni, è una storia passata e non ci penso mai».
Altri si sono ricostruiti assieme. È il caso di Maurizio Di Marzio, 61 anni, condannato per banda armata, sequestro di persona e rapina, che a Parigi ha aperto la pizzeria «Baraonda» dove lavorava anche Giovanni Alimonti.