Corriere della Sera, 30 giugno 2022
Nato, la nuova cortina di ferro
I vertici G7 e Nato, e le controreazioni da Oriente, cominciano a disegnare le nuove cortine di ferro del XXI secolo. L’Occidente sperimenta una strategia di contenimento dell’asse Russia-Cina. La novità? Questa strategia ha ormai una proiezione globale, spazia dal Mar Baltico all’Oceano Pacifico. Include armi economiche e armi tout court. L’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, oltre alla rilevanza politica della svolta in Paesi dall’antica neutralità, dà un beneficio militare: rende credibile la difesa dei Paesi Baltici da un attacco russo. Che lo scenario non sia ipotetico lo ha detto Vladimir Putin quando ha evocato la «questione Kaliningrad», enclave russa incuneata tra i Paesi Baltici. Lo scenario di riunificazione territoriale fra Kaliningrad e il resto della Russia ha sinistre analogie con la «questione di Danzica» che Adolf Hitler usò tra i pretesti per invadere la Polonia nel 1939 (con l’accordo di Stalin e la complicità di Mosca). Finora l’Alleanza atlantica soffriva di un deficit di credibilità nel suo impegno a difendere gli Stati membri più esposti. I Paesi Baltici sono distanti dalle basi principali della Nato. Con l’ingresso di Svezia e Finlandia si crea un arco dei Paesi nordici della Nato e la difendibilità da un attacco russo fa un balzo significativo.
Sul fronte del Pacifico il comunicato G7 cita ben 14 volte la Cina. Il G7 nacque anch’esso nella prima guerra fredda, sia pure più tardi della Nato. Il G7 è il club delle maggiori economie occidentali più il Giappone, ma ora vuole allargarsi per includere come osservatori dei grossi Paesi emergenti da sottrarre all’influenza di un club a egemonia cinese come i Brics o l’Organizzazione di Shanghai. I riferimenti più indigesti per Xi Jinping nel comunicato G7 sono su Taiwan e sul Mare della Cina meridionale: avvertimenti lanciati alla Repubblica Popolare perché non destabilizzi quelle aree con atti aggressivi. Al vertice Nato gli ospiti speciali venivano dall’area dell’Indo-Pacifico e sono nazioni alleate dell’Occidente in funzione anti-cinese: Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda. Emblematica la reazione del giornale di Pechino più attento alle cose internazionali, il Global Times: «Non è ammissibile che il liquame di fogna della guerra fredda finisca dentro l’Oceano Pacifico». L’uscita di Mario Draghi sulla partecipazione di Putin al G20 «solo in remoto» è interessante nella prospettiva del Pacifico. Padrone di casa del prossimo G20 sarà l’Indonesia. Toccherebbe a lei gestire un’esclusione della Russia mascherata dalla partecipazione a distanza. L’Indonesia, gigante demografico ed economico (272 milioni di abitanti, quinta economia asiatica dietro Cina Giappone India Corea), è un raro caso di democrazia islamica ed è nella sfera filo-occidentale. Tuttavia il suo primo partner commerciale è la Cina; e Giacarta sta nel campo dei non allineati sulle sanzioni economiche alla Russia. Fa parte di quel vasto «mondo in grigio» (o Terzo mondo nell’accezione del non-schieramento fra i due blocchi) che preferisce non fare scelte di campo. Draghi accende i riflettori sul gigante indonesiano e vedremo se riuscirà a stanarlo. Infine l’asse Biden-Draghi sui tetti ai prezzi di gas e petrolio indica la via maestra perché le sanzioni comincino a colpire Putin anziché l’Europa. La Cina non sta a guardare. A fronte dell’attivismo geostrategico dell’Occidente a guida americana, Xi Jinping rilancia un’iniziativa diplomatica verso le isole del Pacifico, dove già fece un primo tentativo di aprire basi militari nelle Salomone. A Ovest l’espansionismo militare cinese varca un’altra frontiera con la proposta di mandare una «forza di protezione» – ufficialmente mercenari privati – per difendere gli interessi di Pechino in Pakistan. Il Pakistan per ora respinge la proposta di Xi. Ma il Pakistan è in bancarotta e ha bisogno di nuovi prestiti cinesi: è uno dei debitori sovrani «pignorati» dalle Nuove Vie della Seta. In questa e in altre aree del mondo la Cina sta proponendo un embrione di anti-Nato, la sua Global Security Initiative (Gsi) che ambisce a diventare un’alleanza militare.
P.S. Glossario storico. «Cortina di ferro» fu un termine consacrato dal premier britannico Winston Churchill nel 1946. Descriveva la spaccatura dell’Europa, figlia degli accordi di Yalta ma poi imposta con la forza militare da Stalin. «Contenimento» dell’Urss fu la dottrina geostrategica adottata dagli Usa sotto il presidente democratico Harry Truman. Poiché scopriamo che la prima guerra fredda non è mai finita – di sicuro non lo è nella visione di Putin e Xi – questi termini conoscono una seconda giovinezza.