Corriere della Sera, 29 giugno 2022
Il compagno Bruno
Aveva scritto a Draghi per criticare la scelta di spedire armi agli ucraini, «non si salvano vite uccidendone altre», senza sapere che di lì a poco avrebbe salvato quattro vite uccidendone una: la sua. C’è stato un tempo, ormai difficile persino da immaginare, in cui in Italia molti facevano politica per passione. Non seguivano un leader, ma un ideale: la libertà, il socialismo, il cattolicesimo popolare. Nel caso di Bruno Padovani, centralinista presso un ospedale della provincia di Verona ed ex assessore, questo ideale era il comunismo. Non lo ha rinnegato quando il Pci è andato in pensione e nemmeno quando in pensione ci è andato lui: a 82 anni scriveva ancora lettere pacifiste al governo. Al paese lo chiamavano tutti «il compagno Bruno», anche i leghisti e senza alcuna ironia. Lunedì scorso si trovava al mare con la figlia, spirava un vento forte e in spiaggia sventolava la sua bandiera preferita, quella rossa. Quattro bimbi sono corsi in acqua lo stesso. Quando hanno cominciato a gridare aiuto, il compagno Bruno si è gettato tra i cavalloni, noncurante del peso delle onde e di quello degli anni. Con altri bagnanti ha portato in salvo i bambini. Poi si è sdraiato sulla riva, come per prendere fiato. Se ne è andato così, nel modo in cui vorrebbero andarsene tutti: con un gesto di altruismo che riassume il meglio di una biografia.
Un tempo la politica era fatta da gente di questo stampo. Non è una favola, ragazzi. Il compagno Bruno è la prova che quel tempo è esistito davvero.