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 2022  giugno 29 Mercoledì calendario

La modernità di D’Annunzio

È una mia impressione o lo storico Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani, va assomigliando sempre di più a Gabriele D’Annunzio? Forse si tratta solo di una trasfigurazione culturale, ma basterebbe poco (un gioco di barbe) per completare l’opera.
Sta di fatto che, in D’Annunzio, l’uomo che inventò se stesso, documentario diretto da Francesca Pirani e Stefano Viali, Giordano Bruno Guerri ci offre un ritratto interessante sul Vate (Rai 3, ora su RaiPlay nella sezione Documentari). La tesi di fondo è che l’Italia di inizio ‘900 era profondamente delusa dai sogni risorgimentali e vedeva in D’Annunzio una figura in grado di indicargli una nuova strada, quella della modernità. Lo storico Guerri sostiene che D’Annunzio, tra le molte imprese, è stato un anticipatore e modernizzatore di costumi, mode, tendenze, dal vestiario alla politica: «Ha saputo realizzare i propri desideri e sfidare la società esibendoli, progenitore di una cultura fondata sulla trasgressione delle regole, caratteristiche proprie della cultura contemporanea».
Uno degli equivoci che tuttora accompagna D’Annunzio è la sua adesione al fascismo che in realtà non sarebbe mai avvenuta. Si fa riferimento a quando, nel 1920, il Comandante decise di trasformare il territorio fiumano in Stato indipendente. Fra i primi atti, la promulgazione della Carta del Carnaro, una costituzione di stampo libertario e socialisteggiante ispirata dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris. Mussolini copiò riti e miti ma non la Carta, una delle costituzioni più avanzate del Novecento.
I momenti di attualizzazione del documentario, le interviste ai giovani che ignorano di chi sta parlando (modello Fedez), gli accenni alla fluidità di genere, i riferimenti ai Måneskin sembrano tentativi un po’ velleitari per mostrare quanto ancora sia nostro contemporaneo il poeta Gabriele D’Annunzio.