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 2022  giugno 29 Mercoledì calendario

Intervista a Franco Mussida della PFM

Maggio 1976. La PFM prova alla Royal Albert Hall. “E sul palco spunta la Regina Madre”.
Cosa ci faceva lì?
Visitava la sala, fu attratta da Albinoni suonato da Flavio Premoli.
Franco Mussida, lei si è inchinato, ovviamente.
No, me la sono data.
Come? E l’etichetta?
Eravamo ragazzi. Ho sorriso educatamente e appena ho potuto mi sono dileguato.
Nell’anno dei Sex Pistols!
La regina: “Amo i musicisti italiani”. Ed eravamo prog, non punk.
Avevate conquistato il Regno Unito grazie a Greg Lake.
Fu merito del promoter Franco Mamone, che gli passò una cassetta. Greg venne a vederci a Roma nel ‘72, ci mise sotto contratto.
Il 1972 è l’anno dei due capolavori della Premiata, Storia di un minuto e Per un amico.
Il prog era ricerca. Ovunque la forma canzone tradizionale era superata. In quel momento irripetibile potevi sperimentare mettendo in un solo brano ingredienti rock, classici, folk, jazz, etnici. La world music germinò lì. E se non avevi un posto ti facevi ospitare nei locali. Finito di ballare, i giovani si mettevano seduti ad ascoltarti.
Storia di un minuto è una miniera. Impressioni di settembre
È il sottoscritto che oltrepassa il cancello della casa popolare dove viveva con i genitori e si inoltra nel mondo. Mogol, che scrisse il testo, lo vidi una sola volta in studio: mi passò un foglietto e feci una variazione vocale. ‘No, dove sono adesso non lo so’.
Quell’album era il concept di un giorno nella vita.
Composi La carrozza di Hans mentre guidavo il pulmino e gli altri dormivano.
Al volante?
Tornavamo da un club di Torino, il College, non avevo carta né modo di fermarmi. Dovevamo presentare un nuovo brano al Festival dell’Avanguardia e Nuove Tendenze. Così immaginai tutta la struttura. Una volta a casa a Milano. verso le tre di notte, accesi il registratore e presi nota della musica. Il giorno dopo, a casa di Premoli, ci lavorammo su. Vincemmo il Festival.
Comporre col pensiero o dormendo l’ho sentita solo da McCartney per Yesterday e Keith Richards per Satisfaction.
A me succedeva. Una sera in albergo ero senza il mio Grundig. Ci dormii su e al risveglio misi insieme Stati di immaginazione. La musica nella testa ha due ali: a sinistra quella emotiva, a destra quella immaginativa. La memoria non ha bisogno di leggere, trattiene il racconto e poi affida alle dita il dono arrivato da chissà dove.
All’epoca del debutto collaboravate con il datore di lavoro, Battisti. Emozioni, Mi ritorni in mente. La canzone del sole.
Andammo a Roma per registrare con Lucio. La mia chitarra su La canzone del sole è quella che arpeggia sotto, non quella guida del giro ‘da spiaggia’ Mi-La-Re.
Com’era Battisti?
Talmente avanti che se ne fregava di qualche sua stonatura. La canzone del sole? Buona la prima. Non si poteva far impazzire gli ingegneri del suono che avrebbero dovuto far tagli su nastri da 5 cm.
E De André?
Più metodico, con una voce benedetta dal cielo. Lo rivorrei qui. Avevo lavorato per lui su La Buona NovellaCreuza de Ma,Anime Salve. E cose meno conosciute, come l’antico provenzale di Mis Amor.
In America la PFM sfondò.
Al Central Park con i Beach Boys, grandi figure familiari. E Santana, che al Roxy di L.A. mi prestò una sua chitarra: qualcuno aveva fregato la mia.
Che consigli per i Maneskin?
Tempi diversi, oggi l’immagine è fondamentale. Noi suonavamo in raduni oceanici, ma pure in piccoli locali nell’America profonda. E pur cantando in italiano non dovevamo ricorrere alle rete per proteggerci dalle bottigliate. Ai Maneskin suggerirei di mantenere salda l’identità di gruppo, perché sono un esempio per tanti emergenti.