Corriere della Sera, 28 giugno 2022
Aldo, Giovanni e Giacomo in versione separata
TAORMINA «Ma dobbiamo parlare del Trio?», chiede Aldo Baglio. Al Taormina Film Fest si prende Una boccata d’aria, come il titolo del suo secondo assolo diretto da Alessio Lauria (dal 7 luglio nelle sale per 01). «Un ruolo inedito per me, avevo bisogno di fare altre cose, non volevo fare l’Aldo che conoscono tutti». Via dalle battute, dagli sketch, dalla gestualità larga da folletto, dalle sue «facce». «Abbiamo tutti bisogno di sperimentare. Se Giovanni e Giacomo mi hanno dato consigli? No, ognuno si fa gli affari suoi. Ma il Trio non si tocca, la gente continua a guardarci su YouTube, non ci abbandonano neanche nei film brutti. Stiamo lavorando a quello nuovo, Il più bel giorno della nostra vita. Uscirà a Natale». Un tuffo nell’usato sicuro dell’umorismo surreale: «Due soci d’affari sposano i loro figli e arrivo io come un tornado alla Hollywood Party con la mia esuberanza che fa danni incredibili».
Nel film cerca di salvare la sua pizzeria sull’orlo del fallimento, un segreto che tiene nascosto alla moglie (Lucia Ocone), un’eredità contesa e un rapporto conflittuale col fratello che non vede da anni. Curioso: gli altri due del Trio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti, hanno sterzato anch’essi su toni amari: il primo verrà a Taormina con la sua opera prima, Le voci sole: «È il mio primo ruolo drammatico, è la storia attualissima di una famiglia che si disgrega, una caduta agli inferi, storia attualissima, io ho perso il lavoro durante la pandemia e vado in Polonia per cercarne un altro»; Giacomo recita a teatro con la moglie Daniela Cristofori in Funeral Home, il titolo suggerisce l’aria che tira. Aldo dice che quel pizzaiolo ha molto di lui: «Potrei essere uno che dice bugie e nasconde le cose, quella vigliaccheria e fragilità le conosco, mi appartengono. Ho amici che si sono ritrovati schiacciati dal debito con le banche cercando di vivere al di sopra delle loro possibilità. Il pizzaiolo fa i conti col passato». Lei in questa storia ha ritrovato qualcosa delle sue origini umili? «Beh, abbiamo girato in una Sicilia non di cartolina, dove sono stato fino a tre anni prima di trasferirci a Milano, abbiamo girato a Vita, un paesino colpito dal terremoto dove vita non c’è. Io… ho fatto la terza media, ho lavorato presto in un’officina sognando di fare il tornitore; ho studiato da disegnatore meccanico solo che sono arrivati i computer. Poi l’impiego alla telefonia pubblica, ma dovevo vivere tutta la vita così? Mi ritrovai col rischio di perdere il lavoro statale: volli perderlo. I miei colleghi della Sip mi dicono che li facevo ridere, io non me lo ricordo».
A Natale
«Vie diverse ma sempre uniti, già stiamo preparando la commedia natalizia»
E il Trio? «Con Giovanni eravamo amici già prima. Facevamo i mimi alla Scala e guadagnavamo bei soldini, volevamo comprare un furgone e fare spettacoli nelle piazze. A Milano alla fine degli Anni ’70 c’era un bel fermento, il Ciak, lo Smeraldo, ci siamo ritrovati lì. Oggi non ci sono i locali ma i social che io non uso, la tecnologia mi spaventa». Dice che tutti e tre hanno cominciato «in modo inconsapevole, anche i nostri personaggi, i nostri Tafazzi, sono nati per caso», Giacomo Poretti era capo infermiere, Giovanni Storti insegnava acrobazia in una scuola..
Al primo film da solo, Aldo si presentò intimidito, leggendo un biglietto ringraziò produttori e compagni di viaggio per avergli dato quella possibilità. «Non andò benissimo il mio debutto, qui c’è una squadra forte e si vede, il film, lasciatemelo dire, è venuto bene».