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 2022  giugno 28 Martedì calendario

Com’è cambiata la spesa degli italiani


È un carrello della spesa che sfreccia sempre più veloce, quello degli italiani. Ma dimenticatevi lo smarrimento di fronte all’eccesso di offerta, a volte anche babelica, di cui cantavano i Clash, Battisti o Springsteen. Dopo due anni di pandemia, e ora il risorgere dell’inflazione, i comportamenti dei consumatori si stanno riorientando e la distribuzione organizzata si sta muovendo per intercettarli, così come i nuovi attori delle vendite on line.
Oggi i due vettori principali che guidano gli acquisti sono il digitale e la prossimità. Lo spiega bene il professor Sandro Castaldo, direttore del Channel Retail Lab dell’Università Bocconi: «Punti vendita più vicini e snelli per il cliente finale e il fenomeno misto del “clic & collect”, cioè la scelta dei prodotti sul sito e il ritiro nei locker o nei superstore a marchio più grandi. Una sintesi di tutto questo sono i dark store dei nuovi colossi stranieri: flessibili, vicini al cliente e con un’app che consente di farsi portare la spesa a casa».
Oggi utenti più maturi, sanno quali sono i pro e i contro delle varie insegne
Il mondo della gdo e retail – vale a dire centri commerciali, concessionari e supermercati – nel nostro Paese conta 41 mila imprese per 854 mila addetti che contribuiscono al Pil per l’8%. Se questi sono i numeri, si fa presto a capire la portata della rivoluzione in arrivo.
Il fenomeno del clic
& collect:
si sceglie
sul sito e si ritira nei locker o nei superstore
«La clientela è diventata più esigente e attenta anche per i vincoli economici sorti con il Covid e l’inflazione, che hanno aumentato i costi e diminuito il denaro a disposizione in famiglia – prosegue Castaldo —. Se in passato bastava aprire un supermercato per avere tanti clienti, oggi il mercato è più saturo e l’utente più maturo, sa quali sono i pro e i contro delle varie insegne, conosce i prezzi è conscio di quali sono i vantaggi dell’assortimento di freschi di una catena piuttosto che un’altra».
La crescita dei discount (non più spartani come negli anni 90)
e dell’e-commerce
La domanda inoltre si è polarizzata, fa notare il docente. Ciò è dovuto a due fattori: la maggiore importanza del cucinare a casa e del mangiare sano e meno soldi in tasca. «Se l’inflazione perdurasse, i clienti sarebbero sempre più costretti a optare per formule discount o per le private label, le marche della distribuzione: più convenienti ma di qualità assodata». In Italia la penetrazione di questi prodotti è del 20%, ma in Nord Europa tocca il 40% con punte del 50% in Svizzera. «C’è ancora molta strada da fare sulle private label, su cui per altro i discount investono molto».
L’esperto
L’analisi di Sandro Castaldo, direttore del Channel Retail Lab dell’università Bocconi
La pandemia infatti ha cambiato le abitudini di acquisto nel 60% degli italiani, che hanno variato non solo brand, ma pure rivenditori e canali. Un anno fa, secondo il sondaggio Coop «2021 Restart», i top manager delle aziende dei beni di largo consumo lo avevano bene presente, tanto da aspettarsi per un 62% la «forte crescita» del format discount e per un 47% una «crescita» dei piccoli super mentre per il 52% i grandi supermarket avrebbero smesso di correre. «Lasciamo perdere il discount anni ‘90, spartano, poco illuminato, con la merce sistemata come in un deposito: oggi strizza l’occhio all’esperienzialità, ha prodotti più numerosi, addirittura offre freschi e pane appena sfornato, risponde cioè a esigenze di prossimità e convenienza – osserva Castaldo —. Il discount è molto forte, lo vediamo dalle quote di mercato: nel mondo del largo consumo vale il 20%».
L’altro aspetto, non di poco conto, è l’e-commerce su cui stanno investendo molte insegne mentre nuovi player che non commercializzavano alimentari sono entrati in questo segmento in piena pandemia. «Parliamo di un comparto destinato a crescere a due cifre, teniamo conto che la vendita on line è cresciuta in modo disordinato a tre cifre durante i lockdown e molti di noi, vista la comodità del servizio, non sono tornati indietro. Si usa la tecnologia anche per risparmiare – analizza il professore —, sul prodotto certamente, ma pure su benzina e tempo: se ho la possibilità di farmi portare la spesa a domicilio, perché non puntare sul punto vendita di prossimità?»
La rivoluzione dunque sta arrivando anche nel viaggio fino allo scaffale. «Stiamo notando che il cosiddetto “customer journey” del cliente è ibrido: le nuove generazioni, Millennial e Z, sono attentissime alla tecnologia, per loro lo smartphone è essenzialmente social e shopping, dunque per loro comprare on line è naturale. I nuovi player lo sanno tanto che la soddisfazione del cliente viene prima di quello che mettono nel carrello, a differenza delle grandi società della gdo».