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 2022  giugno 28 Martedì calendario

Fruttero e Lucentini avranno un giardino a Torino


F. & L. avranno un giardino. Il sindaco di Torino Lo Russo ha proposto all’Ufficio della toponomastica di dedicare l’«area verde» compresa tra Piazza Arbarello, via Fabro, via Bertola e corso Siccardi. Un omaggio doppiamente simbolico, perché Carlo Fruttero abitò a pochi passi da lì. «In considerazione del legame instaurato con la città e della sua ormai “classica” rappresentazione nel loro famoso romanzo La donna della domenica – scrive il sindaco nella sua lettera – si accoglie la richiesta di intitolare una via a Carlo Fruttero e Franco Lucentini, a 10 anni dalla morte di Fruttero, a 20 da quella di Lucentini, e a 50 dalla pubblicazione del giallo cult. Un mirabile affresco della Torino Anni 70, fatta di portici austeri, viuzze secondarie, mercati – fantastiche le pagine relative al Gran Balon – mescolio di provenienze, dove la prima immigrazione, rappresentata dal commissario Santamaria, si affianca alla società snob della Torino bene, si veda da una parte lo snobismo elegante, altolocato e distaccato di Anna Carla Dosio e Massimo Campi, dall’altra quello ipocrita e interessato dell’architetto Garrone, «ratto limaccioso, industrioso, indomito fannullone».La proposta che Torino non dimenticasse i due scrittori è partita il 7 maggio su Tuttolibri, l’inserto de La Stampa. Un’idea amicale, allegra, un po’ eversiva. Fin quasi boutadesca. Quattrocento scrittori e signori dell’editoria l’hanno subito sostenuta con entusiasmo, apponendo firma (come nelle petizioni d’antan). Un altro migliaio di cittadini torinesi hanno firmato digitalmente (come s’addice alla modernità virtuale) sul sito de La Stampa. Altri cinquecento (circa) han sottoscritto con penne, matite e pennarelli, su un grande registro rilegato in pelle nera allo stand de La Stampa durante i giorni accalorati del Salone del Libro. Insomma, una baldanzosa manifestazione d’affetto dei lettori torinesi che ha convinto il sindaco, l’assessora Purchia e la giunta, a trovare un posto per i due scrittori nella mappa di questa città così geometrica e bizzarra, che tante volte essi presero bonariamente in giro per la pletora di targhe, statue equestri, lapidi dedicate a duchi e principi sabaudi dislocate ovunque a rammemorare imprese più o meno gloriose negli annali bellici del Piemonte.Dal loro nirvana, dove prevale la beatitudine dell’ironia, F. & L. sicuramente plaudono all’intitolazione. Mica perché raggiano d’essersi conquistati un tassello nello stradario. Anche perché le belle guide del Touring, di cui ci si poteva vantare nelle biblioteche dei conoscenti, non s’usano più. Plaudono piuttosto perché la realtà li ha sorpresi. Perché le istituzioni si sono rivelate celerissime, sensibili, fin scherzose. E loro che le avevano sempre sadicamente satireggiate! Ne La donna della domenica gli uffici comunali sono figurati come un pantano di rinvii, ritardi, rimandi di competenze. Era più facile far passare per la cruna delle commissioni le foto «spinte» del ragioniere voyeur Regis che ottenere un sacrosanto permesso edilizio. Invece ecco il miracolo! La politica ha trovato una quadra immediata. Per trovare il giardino c’è voluto meno di un amen. Non avrebbero mai immaginato, ruminano con autoironia F. & L., che questa città che si diverte ad esportare con entusiasmo pionieristico ogni più abominevole trovata (citazione da La donna della domenica: «La prima automobile, i primi consigli di fabbrica, il cinema, la prima stazione radio, la televisione, gl’intellettuali di sinistra, i sociologi, il Libro Cuore, il cioccolatino di lusso, l’opposizione extraparlamentare...») gli avrebbe dedicato un cenotafio erboso.Naturalmente è un omaggio meritato. Non solo perché sono stati due magnifici intellettuali capaci di mescolare l’alto e il basso nella loro sterminata cultura, la fantascienza di Urania e Montaigne, i gialli e Tibor Déry, gli incipit e Bonnie and Clyde; non solo perché scrivevano per il piacere dei lettori, con sapienza, intelligenza, divertimento. E nemmeno perché nessuno ha saputo raccontare più intimamente una città. La donna della domenica, appunto, oltre ad essere magnifico, è il romanzo di Torino come l’Ulisse lo è di Dublino o la Recherche lo è dei salotti parigini. Una ineguagliabile tassonomia sentimentale che comprende caratteri, vizi, parole dialettali, americanisti, peccati, prostitute, mercatini, acque del Po, pietre, calure...Ma c’è infine un’altra cosa, last but non least, che rende F. & L. grandiosi immortali di Torino: quella & commerciale simbolo unico della loro officina culturale e del loro solidissimo sodalizio. Si conobbero in un bistrot di Parigi nel 1952 e per tutta la vita riuscirono poi a condividere pensieri, fustigazioni, battute. E persino il successo. Con affetto, gratitudine, stima reciproca. Come due gaudenti tricoteuse tagliarono, cucirono, scrissero a tre mani (l’una di Fruttero, impugnante la stilografica, le due di Lucentini, che batteva a macchina) decine di libri, traduzioni, antologie, articoli di giornali. Ecco, insieme all’immenso understatement con cui seppero guardare al mondo, la loro amicizia resta la lezione più alta. In un’era in cui l’Io è diventato soggetto risentito di desideri, diritti, marronate, sarebbe di nuovo utile pensare con il Noi, come fecero i due grandi amici. —