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 2022  giugno 27 Lunedì calendario

Storia del teatro Dal Verme di Milano

È un vivaio di suoni, di tutti i tipi: jazz, pop, rock, sinfonici, lirici. È luogo della parola, di incontri e dibattiti, di performance ed esposizioni. Nel passato ha ospitato veglioni di Capodanno, spettacoli equestri, incontri di lotta e match di pugilato. Ma anche prime di spettacoli rimasti nella storia dell’Opera italiana. Tutto è accaduto sotto il tetto del milanese Teatro Dal Verme, 150 anni tondi tondi nel prossimo mese di settembre. 
La sua storia riflette bene e ripercorre quella della città che lo ospita, dove alto e basso (come si dice adesso) volgare e raffinato si mescolano da sempre più che in altri luoghi(«Milano gambe aperte, Milano che ride e si diverte», cantava Lucio Dalla). Già la sua nascita, nel 1872, è la risposta pragmatica, e quindi del tutto milanese, a un problema. 
Il conte Francesco Dal Verme si era ritrovato un circo equestre di fronte al suo palazzo. La gente impazziva, il conte meno, per gli spettacoli di Gaetano Ciniselli, cavallerizzo onorario del re d’Italia. Il circo aveva dato un colpo di spugna alla calma nobil-borghese del quartiere al di qua della via San Giovanni sul Muro, alle porte del Castello Sforzesco. Le lamentele non sortivano effetto alcuno e secondo i regolamenti comunali l’area era adibita a luogo di spettacolo, con una conseguenza: il circo, diventato nel frattempo «Politeama», non poteva essere abbattuto se non per essere sostituito da un teatro vero. Il conte decise di passare al piano «B», acquistando l’immobile. Non senza difficoltà: si narra che la trattativa con Ciniselli fu lunga, poiché il cavallerizzo mostrò grande abilità nel monetizzare la determinata intenzione dell’acquirente. 
Alla fine il baraccone andò giù, e al suo posto venne tirato su il nuovo edificio intitolato al conte-mecenate, con facciata neoclassica e cupola del corpo centrale a padiglione, forma a ferro di cavallo, 56 palchi e un ampio loggione per un totale di tremila posti. Costruito in un lampo, venne inaugurato il 14 settembre 1872 con l’operona francese «Gli Ugonotti» di Meyerbeer.
In quello stesso anno, il 1872, il conte acquistava un palco alla Scala mantenendolo per oltre due decenni: così da fare benchmarking, ovvero dedicarsi a un’attività di analisi della concorrenza? Chissà. Una cosa è certa. Il Teatro Dal Verme s’affermò presto come la «Scala off», intelligente alternativa a Sua Maestà la Scala. Non avrebbe avuto senso entrare in competizione con la storica istituzione, tra l’altro feudo dell’editore Giulio Ricordi, che si era assicurato i migliori operisti del tempo, Giuseppe Verdi in testa. Vista la situazione il nuovo teatro puntò sui compositori d’opera under 30, lanciò per esempio, uno sconosciuto Giacomo Puccini che si presentava con l’opera – Le Villi – stroncata al concorso Sonzogno. Le Villi veniva allestita nel maggio 1884 grazie a una sottoscrizione di privati disposti a finanziare il progetto, proprio come moderni angel investor che aprono un fondo per sostenere la start up del giovane promettente. Il successo fu tale che Le Villi venne ripresa a Torino e poi alla Scala stessa. Puccini entrava nella scuderia dell’editore Ricordi. Al Dal Verme era dunque nata una stella. 
Per la verità, la frequenza degli spettacoli di lirica andò presto calando, anche perché era entrato in campo l’impresario ed editore Edoardo Sonzogno che aveva fatto del Teatro Lirico il trampolino di lancio della sua squadra di compositori. Stretto fra Sonzogno e Ricordi, gli editori che tutto decidevano in tema d’opera (all’epoca un genere pop, dunque redditizio), anche in questo caso il Dal Verme fece di necessità virtù, concentrandosi su spettacoli alternativi come commedie, i già citati spettacoli equestri, lotta, pugilato, senza disdegnare le feste popolari. All’alba del nuovo secolo fu pure set cinematografico, accolse l’operetta e serate d’avanguardia. Un eclettismo che si dimostrò vincente, almeno questo testimonia il botteghino. 
Nel 1927 diventa la casa di Totò, il giovane comico emergente, della celebre compagnia di varietà Maresca. Nei primi anni Trenta una svolta: il Dal Verme viene preso in gestione dalla Società Suvini-Zerboni che ne fa un cinematografo di prima visione. In tempo di guerra ospita le compagnie di Aldo Fabrizi e Renato Rascel; poi, bombardato pesantemente nell’agosto del 1943, torna operativo dal 1947 dopo una radicale trasformazione che elimina però il cuore della struttura: la torre scenica, con conseguente stop agli allestimenti. Il Teatro diventa così un auditorium che negli anni Cinquanta, un po’ sull’onda del piano Marshall e di quanto ne consegue, accoglie leggende del jazz come Duke Ellington e Louis Armstrong, vede crescere artisti di casa nostra come Macario, Sandra Mondaini, Pietro De Vico, Anna Campori. Poi tanto cinema, ma poca manutenzione per cui nel 1984 chiude di nuovo. Seguono dibattiti su come, perché e quando restaurare. Di fatto, i lavori prendono il via solo nel 1999: il nuovo Dal Verme con una sala da 1400 posti e due da 100 e da 200 posti viene inaugurato nell’aprile 2001. Da allora la gestione è affidata alla Fondazione I Pomeriggi Musicali che gestiscono tutt’oggi l’omonima Orchestra. 
Con il nuovo millennio il Dal Verme è tornato ad essere un laboratorio del pensiero e delle arti senza frontiere. Per quindici edizioni è stato il braccio operativo della Milanesiana, la manifestazione di letteratura, musica, filosofia, scienza e cinema di Elisabetta Sgarbi. Ha così accolto scrittori, premi Nobel e Oscar del cinema. In collaborazione con il centro di cultura digitale Meet ha visto Francis Ford Coppola raccontarsi a colloquio con Grazia Mattei. Il Dalai Lama ha incontrato gli studenti universitari insistendo sull’integrità morale come slancio per il futuro. Per via di un palcoscenico pressoché raso terra, e che dunque annulla le barriere col pubblico, l’auditorium è amato da tanti artisti che pur di esserci si portano i propri progetti acustici, da Keith Jarrett a Ornella Vanoni, Gino Paoli, Zucchero, Jovanotti, Stefano Bollani. A far la parte del leone è comunque l’orchestra dei Pomeriggi Musicali con la sua stagione. 
Di tutto un po’ insomma. Come Milano, appunto.