la Repubblica, 27 giugno 2022
Editto della mafia russa: Sulla guerra siamo neutrali
La Guerra in Ucraina potrebbe avere un effetto destabilizzante sulla mafia russa. Di recente è trapelato un editto dei ladri-in-legge, la fratellanza che domina il mondo criminale post-sovietico, il quale ribadisce il principio di neutralità: i boss non devono imbracciare il fucile per la causa ucraina. Allo stesso tempo, i membri non devono partecipare neppure allo sforzo bellico russo. Ma resistere alle pressioni generate dal conflitto non è facile e potremmo assistere a lotte interne all’organizzazione nel prossimo futuro tra chi decide di seguire il codice tradizionale e chi lo tradirà.
La mafia russa si pronuncia attraverso editti, chiamati nel gergo criminale progoni. Una parola derivata dal verbo “scacciare”, progonsi può tradurre con ‘missiva’. Questi testi, scritti in bella ma a volte incerta grafia, spesso su fogli di quaderno a righe o a quadretti, con i concetti principali sottolineati, interpretano le regole che informano la vita dei membri dell’organizzazione, la quale è presente in quasi tutti i paesi occidentali, come l’Italia (qualche anno fa ci fu un omicidio a Bari per un conflitto tra fazioni diverse). I principi fondamentali del codice vengono recitati al momento del rito di iniziazione, ma a volte è necessario fornire interpretazioni ulteriori, attraverso le sentenze della Corte costituzionale della malavita. I testi vengono fatti circolare all’interno del sistema delle prigioni, fotografati e spediti attraverso canali riservati su Telegram. Un progon emesso nel dicembre del 2021, ad esempio, reinterpretava le regole circa la casta degli intoccabili, alla luce degli stupri sistematici cui sono sottoposti i carcerati. In base a quel pronunciamento, chi veniva stuprato doveva essere tratto con umanità. Da quanto Putin ha fatto approvare, nel 2019, una legge che criminalizza l’appartenenza alla fratellanza, i testi non sono più firmati con i nomi dei membri influenti che hanno stilato la sentenza, ma con la formula “la massa dei ladri”. Come ha dichiarato a Repubblica Ivan Astashin, che ha passato dieci anni nelle galere russe per ragioni politiche, «in base ad un nuovo articolo del Codice penale, introdotto nel 2019, chi si dichiara ladro-in-legge rischia una pena dagli 8 ai 15 anni; quindi, nessuno vuole firmare col proprio nome».
L’editto sulla guerra in Ucraina di aprile e non lascia adito a dubbi: «Le autorità ucraine stanno cercando di trasformare i criminali in soldati» e fanno di tutto per «macchiare l’onore dei carcerati per bene». Chi accetta di combattere nell’esercito infrange il codice e subirà le peggiori conseguenze. In cima alla pagina sono riprodotte le immagini di due stelle a otto punte, il simbolo della fratellanza. Chi le usa senza autorizzazione rischia la vita. Il testo è firmato “la comunità dei ladri-in-legge”. Come spessoaccade per questi comunicati, essi vengono diffusi sul sito CrimePrime. ru, una fonte molto affidabile. L’amministratrice del sito, Lilya Kharina, ha confermato che il testo è autentico.
Cosa ha spinto la fratellanza a fare questo pronunciamento? La versione più diffusa riguarda le attività di Lera Sumskoj, il nome di battaglia con cui è noto Sergej Lysenko, un membro di nazionalità ucraina. Secondo fonti russe, Lera e il suo gruppo si sarebbero arruolati nelle unità della difesa territoriale. D’altra parte, fonti ucraine insistono che Lera vive in Turchia e non ha alcun ruolo nella difesa del paese. È possibile che anche la mafia russa sia vittima della disinformazione di quel paese? Un altro esponente di peso della fratellanza presente in Ucraina è Zakhary Kalashov detto Shakro Molodoy. Sembrano essere attivi anche Valery Sheremet (Sharik) a Odessa e Vasily Rusan (Vasya Ushaty) a Kiev, ha dichiarato Kharina in una intervista a Lenta-ru. Nessuno di questi ha ruoli ufficiali.
Il conflitto che si prospetta all’interno della fratellanza non è dunque tra boss ucraini e russi, ma piuttosto tra chi si adegua al codice tradizionale, che impone di non imbracciare mai le armi per uno stato, e coloro che potrebbero essere tentati di entrare nelle unità paramilitari. La pressione per appoggiare lo sforzo bellico è forte soprattutto in Russia. E vi è un parallelo significativo nella storia della fratellanza: negli anni Quaranta Stalin creò delle unità combattenti formate di criminali confinati nel Gulag sovietico. La fratellanza allora scomunicò tutti coloro che decisero di combattere in Europa. Quando la guerra finì e i traditori tornarono nelle carceri scoppiò un conflitto violentissimo tra le due fazioni. Allora, come oggi, la mafia russa affronta una sfida cruciale per la sua indipendenza.L’autore è docente di criminologia all’università di Oxford.