ItaliaOggi, 25 giugno 2022
Periscopio
Forse stavolta non è esagerato definire «storica» la decisione con cui il Consiglio europeo ha conferito a Ucraina e Moldavia lo status di «Paese candidato» all’ingresso nella Ue e offerto alla Georgia la «chiara prospettiva» di un imminente passo nella stessa direzione. A riprova di tale storicità giungono da Mosca le ormai consuete offese di Dmitry Medvedev che ha definito i leader europei «politici di basso livello, fanatici e rabbiosi». Paolo Mieli, Corsera.
Come tre re magi, Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Mario Draghi sono partiti per l’Ucraina a portare in dono al nuovo Messia Volodymyr Zelensky armi, denaro e propaganda, dubbi doni a un popolo massacrato, che così potrà andare verso la distruzione totale. [E dire che] la guerra si sarebbe potuta evitare se fossero stati presi in considerazione gli accordi di Minsk. Silvana De Mari, La Verità.
«Gli accordi di Minsk» sul Donbass, risalenti al 2014, «non esistono più». Così Putin, il giorno prima dell’attacco della Russia all’Ucraina del 24 febbraio 2022. ilgiornaleditalia.it.
Le immagini dei giovanissimi soldati catturati raccontano il mosaico etnico della Federazione russa: buriati, tuvini, yakuti, bashkiri, tatari, udmurti, provenienti dalle tante Repubbliche autonome della Federazione russa. […] Seguendo il manuale staliniano, Putin ha disposto delle minoranze etniche a suo piacimento per limitare l’utilizzo di forze russe nel conflitto. […] Alla periferia di Kiev ha la sede il movimento Svabodni Idel-Ural (Libertà per l’Idel-Ural) che ha una missione chiara: «Il nostro obiettivo? Il collasso della Russia e la creazione di nuovi Stati sulle sue rovine». Gianni Vernetti, la Repubblica.
Sincretismi un tempo impensabili potrebbero trovare un trampolino nella Commissione Dubbio e Precauzione di Ugo Mattei e Massimo Cacciari, diventata un freak show che accoglie egomaniaci come Alessandro Orsini o Carlo Freccero, giovani cattolici conservatori come Gabriele Guzzi, reporter come Giorgio Bianchi (100mila e passa iscritti sul suo canale Telegram) che durante il Covid elogiava le manifestazioni di Forza Nuova e ora difende i separatisti del Donbass dagli «ukronazisti». E poi costituzionalisti radicali, benecomunisti, intellettuali disgustati dal tecnopopulismo Pd-Cinquestelle. Parliamo di segmenti politici «al di là della destra e della sinistra», ora più che mai in cerca di quell’alchimia rossobruna che il filosofo marxista Costanzo Preve, padre spirituale di Diego Fusaro, dieci anni fa portò agli estremi al punto tale da pubblicare con case editrice esplicitamente neofasciste. Paolo Mossetti, il Foglio.
Non importa quanto un partito cerchi di assecondare i desiderata del sistema dominante: se non si annulla nella corrente liberalprogressista resta un bersaglio. Francesco Borgonovo, La Verità.
Ci fu data la lingua, sì, per parlare; ma anche i denti per tenerla assiepata. Carlo Dossi, Note azzurre.
Il Centro: tutti lo inseguono, nessuno riesce a conquistarlo, e neppure a definirlo. E sì che i potenziali demiurghi di quest’area politica sono [tanti]: Di Maio, Renzi, Calenda, Toti, Brugnaro, Saia. Ministri, ex premier, governatori, sindaci di primo livello: «Quanti generali, ma le truppe?» ironizza ferocemente il leader forzista Antonio Tajani. Emanuele Luria, la Repubblica.
Giovanni Russo, un amico di Ennio Flaiano, l’aveva chiamata «flaianite». È diventato addirittura un sostantivo: «Tendenza a citare o ad attribuire, talvolta anche a sproposito, battute dello scrittore Flaiano». Qualcosa di simile sta accadendo con Draghi. È la draghite. Carmelo Caruso, il Foglio.
Con il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte andato in frantumi, il partito putiniano mondiale ha perso una pedina importante sulla scacchiera europea. Mario Lavia, Linkiesta.
A seguire Di Maio nella scissione motivata dalla necessità di non «disallineare» l’Italia dalla Nato e dall’Ue [c’è anche] Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri dal 2018, che nel 2016 definiva l’Ucraina «uno stato fantoccio della Nato» e volava a rappresentare il M5s al congresso di Russia Unita. Francesco Cundari, Linkiesta.
Arriva Carla Ruocco. La presidente della commissione Banche – quella che urlava al governatore Ignazio Visco: «Ci dica che fine ha fatto l’oro della Banca d’Italia» – è appena passata con Luigi Di Maio. Ora è una moderata per Draghi. Vestito a fiori, zeppone ai piedi, fascia rossa da bolero sudamericano alla vita. Sembra Aurora Miranda nei Tre caballeros. Salvatore Merlo, il Foglio.
Mi aggiro nelle città come una puttana si aggira in una città senza marciapiedi. Non mi sopporta nessuno, ho fatto ridere milioni di persone, ho fatto il comico, mi amano milioni di persone, ma sono solo. Beppe Grillo, l’Elevato.
Senza lusinghe pel mondo ramingo io vo / e me ne rido beffando il destino così. Rulli e De Filippis, Scettico blues.
Vorrei conoscere gli autori del questionario in cui si chiede alle famiglie con un disabile a carico: «Da zero a quattro, quanto ti vergogni del tuo familiare?». Massimo Gramellini, CorSera.
Spero che Donald Trump venga incriminato, condannato e incarcerato per incitamento all’insurrezione: l’assalto a Capitol Hill è avvenuto a causa sua. John Grisham.
Chi? Moi? Caino (Monty Python’s Flying Circus).
Col mese del Pride sono arrivate le bandierine. Ognuno ha la sua, ché mica il mondo poteva essere semplice, vai a letto con gli uomini, con le donne, con tutti e due, con nessuno dei due. Macché. Ogni sfumatura ha innumerevoli sottinsiemi, ognuno determinato a considerarsi speciale e meritevole d’etichetta personalizzata. I non scopanti, per esempio (asessuali, in gergo medicalizzato), che dovrebbero essere i meno identitaristi e militanti di tutti, hanno sedici (sedici) sottoinsiemi con relativa bandierina. Guia Soncini, Linkiesta.
Le bugie, mai; la verità, non sempre. Roberto Gervaso.