il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2022
55 anni fa: Beatles al debutto in tv
Alle nove e mezzo della sera, con 40 secondi di anticipo, viene il turno dei Beatles. Hanno già registrato giorni fa la parte ritmica del pezzo, per il resto andranno dal vivo. Nello studio della BBC c’è un’orchestra di tredici elementi, con il solito George Martin a smistare le consegne e vari ficcanaso a fungere da figuranti: Mick Jagger (che non perde occasione per studiare le mosse dei rivali), Keith Richards, Marianne Faithfull, Graham Nash, Keith Moon degli Who. Un tripudio floreale celebra il climax della Summer of Love psichedelica, colori nell’aria saturi come il catalogo del Pantone. Peccato che i 400 mila telespettatori sparsi per il pianeta vedano la scena in bianco e nero: a ricrearla nella sua naturale multicromia, più di vent’anni dopo (per il documentario The Beatles Anthology), penserà un software basato su alcune istantanee scattate in questa cruciale sera del 25 giugno 1967. È il momento clou del primo programma in mondovisione: si intitola Our World, idea britannica, 14 Paesi in coproduzione, 26 collegati nei cinque continenti, con grande entusiasmo soprattutto nel Commonwealth e in Europa, la sostanziale indifferenza del pubblico statunitense, il boicottaggio dell’ultim’ora del blocco del Patto di Varsavia, in segno di protesta per la guerra dei Sei Giorni di un paio di settimane fa, con Israele a umiliare i vicini arabi cari a Mosca.
I Beatles sono le superstar dell’evento mediatico, anche se non mancano altri giganti del secolo sparsi qui e là nei collegamenti: Maria Callas, Pablo Picasso, Leonard Bernstein. L’Italia punta su Franco Zeffirelli, impegnato a Tuscania nelle riprese di Romeo e Giulietta, con il compendio di un sano orgoglio sportivo tricolore, gli olimpionici fratelli d’Inzeo ripresi in sella a Castellazzo d’Adda. Altri paesi puntano su cose dannatamente noiose, auto-marchette turistiche o product placements: il Canada inquadra scorci paesaggistici, i giapponesi si vantano della metropolitana di Tokyo in costruzione. Intervistano Marshall McLuhan, che sentenzia: “Chi non accetta il progresso vive guardando nello specchietto retrovisore. In ogni tempo, la gente è terrorizzata dal presente. Gli unici ad avere il coraggio di decifrare cosa accade sotto i loro nasi sono gli artisti”. E i Beatles di fiuto per esplorare il villaggio globale ne hanno più di tutti. Non sono stati loro a sbancare l’America nel ‘64 con le loro apparizioni all’Ed Sullivan Show? Avevano regalato un po’ di sana eccitazione a un paese in lutto per la morte del “papà” JFK, e si erano presi cura di quegli adolescenti che volevano perdere la testa con il rock’n’roll e non precipitare nel buco senza fondo di Dallas. La Beatlemania era nata in tv. E adesso, all’inizio di questo mese di giugno ‘67, non hanno shakerato definitivamente le coscienze di chiunque, grandi e piccini, con l’epocale, maestoso, inarrivabile concept di Sgt. Pepper’s? E appena una settimana prima di questa kermesse in mondovisione, McCartney non ha forse rivelato a una troupe di ITV di aver assunto l’LSD? Commento di George Harrison: “Per diciotto mesi abbiamo cercato di convincere Paul a provare l’acido e tutto a un tratto lo vediamo che ne parla in televisione”.
Dunque,l’onda del tubo catodico va cavalcata, il segnale lanciato perché un paio di satelliti lo rispediscano su tutto l’orbe terracqueo. La BBC ha chiesto ai Beatles una canzone che induca il mondo a vivere in pace e armonia. McCartney propone la propria Hello Goodbye, ma figurarsi se John gli cede il passo. Così Lennon partorisce una melodia quasi elementare, che tutti possano canticchiare. All you need is love, infarinata qui e là con ingredienti da gran cuisine: frammenti dei Concerti Brandeburghesi di Bach, lo standard Greensleeves, In the mood di Glenn Miller, l’attacco della Marsigliese, più l’autoriferimento compiaciuto di Yesterday e She Loves You. Un delizioso pasticcio da mettere in forno per il prossimo 45 giri. Con il corollario di una frase intonata da Lennon che fa la gioia dei complottisti: “Non puoi salvare nessuno che non possa essere salvato”: ma certo, la teoria del P.I.D., Paul è con ogni evidenza morto. Però stasera sembra proprio lui, in questa diretta irripetibile. Tra i cartelli sfoggiati dagli uomini-sandwich che gironzolano per lo studio, con la scritta Love in molte lingue, ne spunta uno curioso: Come back Milly. No, non è un amore infelice, non è un archeowhatsapp né una mail di cartone. O forse sì, perché nel giorno in cui si avvera la profezia di McLuhan, McCartney ha guardato sotto il naso: e mentre il buio cala su Londra, sua zia Milly sta facendo colazione a Melbourne, dove è andata a trovare il figlio. Sì, in questo 25 giugno 1967 siamo tutti connessi, ci mandiamo messaggi agli antipodi attraverso uno schermo. Chissà come sarà il futuro.