il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2022
Cos’è e come funziona il price cup sul gas
Per il momento, stando alle parole di ieri del presidente del Consiglio, c’è solo l’impegno della Commissione di presentare a settembre un rapporto completo sul mercato europeo dell’energia, su come può esserne migliorato il funzionamento e sulla possibilità di introdurre un tetto al prezzo del gas. La partita sull’energia rimane ancora nella completa incertezza e il vertice di luglio, richiesto espressamente dall’Italia, non si terrà perché non ci sono le minime basi per un accordo. La fattibilità politica di un tetto europeo al prezzo del gas, insomma, resta molto complicata.
Se ne discuterà a ottobre. Sembra che non ci sia alcuna fretta, ma ieri il prezzo del gas sul mercato all’ingrosso olandese segnava 130 euro per MWh, un anno fa era a 31 euro: +320%. Solo nelle ultime due settimane l’aumento ha superato il 50% per colpa, da un lato, dell’incidente che bloccherà per almeno tre mesi l’americana Freeport attraverso la quale arriva circa un quinto del gas liquefatto americano in Europa e dall’altro della riduzione delle forniture russe attraverso il principale gasdotto Nord Stream 1. A questo prezzo la distruzione di consumi va oltre la semplice razionalizzazione, ma porta fuori mercato la competitività di molte aziende e di interi settori produttivi che utilizzano più energia. Il problema resta il modo con il quale contrastare queste dinamiche di mercato, che si basano quasi esclusivamente sull’ipotesi di una carenza futura di approvvigionamenti. Il governo italiano sin dall’inizio ha puntato su una soluzione europea per imporre un tetto al prezzo del gas. Si sono però perse le tracce di questa proposta ufficiale, sempre che qualche bozza sia mai esistita. In questi mesi sono uscite soltanto dichiarazioni di ministri, anticipazioni di stampa, ma mai qualcosa di ufficiale. Anche ieri Draghi non ha chiarito quale sia la posizione italiana.
Il tetto al prezzo del gas può essere realizzato in molti modi e ognuno ha un impatto e una fattibilità differente. Stando alle dichiarazioni, la proposta italiana potrebbe essere quella di colpire le forniture che arrivano dalla Russia, con lo scopo di diminuirne gli incassi e mediare al ribasso il prezzo rispetto a quello che si paga agli altri Paesi fornitori. Si dovrebbe cioè imporre un prezzo massimo, significativamente più basso di quello attuale, da applicare sulle importazioni di gas dalla Russia. Tralasciando la fattibilità in base ai contratti (di cui ormai sembra non importare più nulla a nessuno), la soluzione potrebbe esser praticabile solo con il consenso di tutti gli Stati membri, che facciano cartello per pagare tutti al massimo lo stesso prezzo, e se la Russia non reagisce azzerando le forniture. Al momento non sembra che ci sia disponibilità a fare cartello, condividendo anche informazioni riservate sui contratti di ogni singolo Paese, e dati i recenti sviluppi anche la scommessa che la Russia non possa, o non voglia, azzerare le forniture sembra azzardata.
Una soluzione diversa, che potrebbe colpire gli incassi della Russia, ma inciderebbe anche su tutti gli altri Paesi produttori, potrebbe essere invece quella di mettere un tetto al prezzo del mercato europeo del gas. Si potrebbe cioè imporre che nei principali mercati spot del gas non possano essere compiute transazioni oltre un certo livello di prezzo. Questa soluzione obbligherebbe i grandi distributori europei di gas a trasferire ai loro fornitori, che sono principalmente le aziende dei Paesi produttori, questo limite al prezzo, per non rischiare di incorrere in una perdita. Il problema è che un tetto al prezzo mal calibrato potrebbe far mancare il gas sul mercato europeo, perché vari produttori potrebbero trovare più conveniente consegnarlo altrove. A quel punto i razionamenti che si vogliono scongiurare, diventerebbero necessari. Se invece si decidesse di compensare i distributori della perdita lasciandoli liberi di comprare il gas a prezzo di mercato non si otterrebbe lo scopo di comprimere gli incassi valutari riconosciuti a tutti i Paesi produttori, Russia inclusa.
La soluzione più praticabile, ma di corto respiro, potrebbe essere quella già in funzione in Spagna e Portogallo, che non interviene sul mercato del gas in generale, ma sul modo con il quale esso contagia quello dell’elettricità attraverso il meccanismo del “prezzo marginale”. Le proposte sono tante ma pare che il governo italiano abbia puntato su un meccanismo di più ampia portata ma di difficile realizzabilità, che ha bisogno di tempo per maturare. Ma tempo non ce n’è più molto e forse è il momento che il governo spieghi come affrontare il rischio di un razionamento energetico. La scelta tra pace e condizionatori non basta più.