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 2022  giugno 26 Domenica calendario

Le battute di Nora Ephron


Quando Nora Ephron era una giovane giornalista del New York Post, il suo caporedattore Fred McMorrow le diede una regola: mai cominciare un pezzo con un virgolettato. Questo perché la scintilla in testa bisogna farsela scattare da soli, non vale prenderla in prestito, spiegava McMorrow, e un attacco con le parole di qualcun altro diventa una scorciatoia. Ephron seguì quella regola per tutta la vita, fino agli ultimi articoli scritti prima di morire dieci anni fa, il 26 giugno 2012.
Oltre a essere una sceneggiatrice indimenticabile (basta citare un film: Harry ti presento Sally), poi diventata regista (citiamone tre: Insonnia d’amore, C’è posta per te, Julie&Julia), aveva fatto tanti altri mestieri, con la scrittura come unica costante: era stata giornalista di cronaca nera, aveva scritto di cibo e ristoranti, infine drammaturga. Spiegava che a ogni decennio aveva dovuto cambiare, fare cose diverse, mettersi a raccontare da angoli nuovi. Viene da pensare che quindi, essendo passati dieci anni da quando è morta, anche questo potrebbe essere uno dei suoi esperimenti, e chissà che non possa ritornare prendendoci tutti di sorpresa. Sarà che in fondo è rimasta sempre qui: grazie ai suoi film, ai libri, a certe battute inimitabili, e al suo modo di raccontare l’amore, New York, le stagioni, ma anche di ridere delle tragedie, che a detta sua potevano diventare le commedie di domani. Fu quello che fece quando il marito Carl Bernstein, uno dei due giornalisti del Watergate, la tradì mentre era incinta del loro secondo figlio; per lo choc partorì prematuramente, dopodiché prese il primogenito Jacob, il neonato Max e un quadro di Saul Steinberg, e da Washington tornò a New York. Era disperata ma doveva guadagnarsi da vivere, e siccome scrivere era l’unica cosa che sapeva fare, scrisse l’autobiografia Affari di cuore, poi diventato un film con Jack Nicholson e Meryl Streep.
Forse però è il caso di andare con ordine, e allora ecco, partiamo dal principio. Nora nacque a New York da genitori sceneggiatori, che a un certo punto si trasferirono a Hollywood. Dopo di lei arrivarono le sorelle Delia, Hallie e Amy, e la loro fu un’infanzia ricca di parole e d’ispirazione (la famosa frase «Everything is copy», citata ogni volta che si parla di Ephron, era di sua madre, e significava: tutto può trasformarsi in una storia, perciò teniamo gli occhi bene aperti). Diceva che quegli anni le erano sembrati un intermezzo fastidioso, perché dentro di sé era certa di dover vivere a New York, il luogo magico e pieno di possibilità dove sarebbe riuscita a diventare l’unica cosa che valesse la pena, ovvero una giornalista. Aveva ragione. E appena finita l’università vi si trasferì, iniziando poco dopo a lavorare a Newsweek come addetta allo smistamento della posta. Da allora il resto è leggenda, che poi è ciò che succede alle persone brave. Nora si fece notare, andò al New York Post e capì che raccontare era il suo mestiere. Cominciò occupandosi di cronaca nera; le piaceva talmente tanto da temere, diceva, che la arrestassero, nel senso che forse divertirsi scrivendo di omicidi non stava bene, e aveva il terrore di doverla pagare. Curiosamente il percorso verso la sua, di morte, fu l’unica cosa che non volle mai far diventare materiale narrativo. Lo confermano gli amici, tra cui Meryl Streep, Meg Ryan e Tom Hanks, che nulla sospettavano della sua malattia (morì di leucemia).
Fu malata per sei anni e in quel periodo scrisse due libri, due spettacoli teatrali, un centinaio di articoli, e diresse un film, senza mai dire che stava per andarsene, se non a una manciata di persone, tra cui i figli e il terzo marito Nick Pileggi, con cui fu sposata per 25 anni. Pileggi, oltre a essere lo sceneggiatore di Quei bravi ragazzi e Casinò, fu il suo grande amore: c’è sempre un momento in cui la fortuna gira nel verso giusto, e per Ephron era stato così, dopo non poco soffrire. Meryl Streep ha detto, del film Julie&Julia in cui lei interpreta Julia Child, che il grande amore tra Julia e Paul era basato soprattutto «sulla storia tra Nora e Nick». Molti sono anche i racconti di quanto fosse prezioso averla come amica. Infatti furono in tanti a prendere male la notizia della sua morte, non solo perché quasi nessuno se lo aspettava, ma pure perché sembrava impossibile che non ci fosse più quella donna forte, ironica, un filo giudicante (lei diceva che per non dire la sua su tutto le sarebbe servito un trapianto di personalità), ma sempre pronta ad ascoltare e a far sentire accolti. Nora però c’è eccome: è rimasta in tutte le cose belle e divertenti che ha lasciato ad amici, lettori, spettatori, e in ogni insegnamento importante, come la regola che di dolci se ne possono prendere due, non sta scritto da nessuna parte che se ne debba ordinare uno soltanto. È poi senz’altro in molti angoli della sua città. Diceva che da morta le sarebbero mancate tante cose, tra cui New York, la primavera e l’autunno, e basta riguardare C’è posta per te per capire che lei rimane nell’aria croccante di ottobre, quando le foglie si colorano d’arancione e dentro di noi spunta il desiderio di passeggiare con un bel cappotto, svaligiare cartolerie e spedire un bouquet di matite ben temperate, se solo sapessimo l’indirizzo del nostro amore