Avvenire, 26 giugno 2022
Luisa Dell’Orto, suora uccisa ad Haiti per pochi dollari
Il cortile di Kay Chal era un via vai di ragazzini. Alcuni, i più piccoli, stavano rannicchiati in un angolo, con un libro in mano. Altri, appoggiati sui tavoli, premevano con forza la matita sul quaderno, nello sforzo apparentemente titanico di tracciare le lettere. Un gruppetto giocava a pallone, infrangendo le regole. «Il momento del basket comincia alle 17, prima ci sono i compiti», era solita dire, tra il rassegnato e il divertito, suor Luisa Dell’Orto. Questa piccola sorella del Vangelo era la colonna del centro dedicato a Charles de Foucauld nel cuore di Port-au-Prince. Quando era arrivata ad Haiti, nel 2002, la struttura esisteva già. Era stata, però, la religiosa lombarda, originaria di Lomagna, in provincia di Lecco, ad occuparsi della sua ricostruzione dopo il catastrofico terremoto del 2010. Un lavoro estenuante quanto fondamentale per il quale aveva ricevuto il sostegno di Caritas italiana grazie ai fondi raccolti con la maxicolletta per l’isola dopo il sisma promossa dalla Conferenza episcopale italiana (Cei). «Venga con me per capire perché è tanto importante», aveva detto suor Luisa quando Avvenirel’aveva incontrata la prima volta, nel decimo anniversario del tragico sisma. Dalla terrazza rudimentale si vedeva la distesa di baracche addossate le une sulle altre. In mezzo, qualche scarsa lingua d’asfalto e un dedalo di viuzze sterrate che si facevano spazio a fatica. Questa selva di mattoni lamiere è Cité Okay, baraccopoli a cavallo tra Delmas 31 e Cité Soleil, la bidonville emblema del dramma haitiano. «Non c’è un solo spazio per i bambini. Né per studiare né per giocare. Kay Chal è l’unica oasi dove pos- sono incontrarsi, stare insieme, fare i compiti, vivere la loro infanzia troppo spesso rubata o ridotta in catene». Non si trattava di una metafora. Gran parte dei piccoli del centro erano “restavek”, bambini delle famiglie più vulnerabili della provincia inviati in città da parenti o conoscenti – solo un po’ meno poveri – nell’illusione che ricevano un’istruzione. In realtà, tutti sanno che saranno trasformati in domestici tuttofare. A questo esercito di almeno mezzo milione di babyschiavi, suor Luisa ha dedicato la vita e la missione. Fino a ieri mattina quando la religiosa è stata vittima di un’aggressione armata mentre passava per Delmas 19. Una rapina probabilmente. Se ne contano decine ogni giorno nel caos anarchico in cui ormai, da oltre un anno, è precipitato il Paese. Gravemente ferita, la suora è stata portata d’urgenza all’ospedale Bernard Mevs, dove si è spenta poco dopo, due giorni prima di compiere 65 anni. La notizia ha prodotto un fortissimo impatto a Port-au-Prince dove “seur Luisa”, come la chiamavano, era un’istituzione. La gente di Cité Okay la ricorda mentre camminava con l’immancabile sorriso fra nei viottoli pieni di buche per andare a parlare con gli “zii”, cioè i “padroni” dei restavek per convincerli a lasciare andare i ragazzini al centro. Il più delle volte ci riusciva. Era ostinata suor Luisa. «Un po’ baro – spiegava –. Dico loro che se i ragazzini impareranno, diventeranno dei domestici più efficienti. Certo, è necessario un lungo tira e molla. Ma io non mi arrendo. L’istruzione è l’unica possibilità che questi ragazzini hanno di spezzare le loro catene. Altrimenti resteranno restavek a vita. O, quanti riusciranno a fuggire, finiranno sulla strada a mendicare».
Suor Luisa aveva creato per loro un programma ad hoc, articolato in due anni di alfabetizzazione. «Non potrebbero stare in una classe normale. Non sono abituati. Alcuni sono adolescenti e non l’hanno mai fatto. Molti arrivano qui già sfiniti perché prima di andare a scuola devono avere già fatto i lavori domestici. Tanti, affamati e maltrattati, fanno fatica a concentrarsi», sottolineava. Anche con loro era ostinata suor Luisa: con molta pazienza insegnava loro lettere e numeri. E, alla fine, la spuntava. Jean ne è la dimostrazione. Quando è arrivato al centro, dieci anni fa, era introverso e violento. Non voleva saperne di libri e quaderni. Ora, a 27 anni, fa l’animatore volontario e aiuta altri restavek. Poi, terminati i gruppi di studio, si chiude nella biblioteca del centro a leggere. Questa stanza era il rifugio di suor Luisa. Là, fra i volumi economici e le enciclopedie spesso ricevute in dono, tornava ad essere l’esperta di filosofia e dottrina sociale della Chiesa, materie che insegnava al seminario Notre Dame d’Haiti e all’istituto salesiano. «Lo studio mi strappa dalla gabbia dei pensieri quotidiani – diceva –. È un’esperienza di liberazione. Per questo, mi batto perché tutti possano farlo».