Avvenire, 26 giugno 2022
Le rotte dell’aborto
Le chiamano già «rotte dell’aborto». Sono gli itinerari che prendono forma negli Stati Uniti per orientare le donne alle prese con la drammatica decisione di interrompere la gravidanza all’indomani della sentenza che, venerdì, lo ha messo al bando a livello federale. La bozza della mappa disegnata dal pronunciamento della Corte Suprema descrive un Paese spaccato esattamente in due: aborto impraticabile (o fortemente limitato) in 20 Stati da un lato, aborto tutelato e facilitato in altrettanti 20 dal-l’altro. Nei restanti 10 lo scenario, legato agli sviluppi della politica locale, come l’esito del referendum di agosto in Kansas, è da decidere.
Lo Stato di Louisiana, per citare uno dei casi più significativi, è uno dei 13 in cui l’interruzione volontaria della gravidanza è diventata illegale seduta stante, appena dopo la pubblicazione del verdetto, grazie a una «legge dormiente», norma varata per entrare in vigore al verificarsi di un determinato cambiamento. Ciò significa che le donne, per esempio, di Baton Rouge o New Orleans decise ad abortire dovranno d’ora in poi viaggiare centinaia di chilometri a nord, verso Illinois o New Mexico.
Il servizio non è infatti più offerto neppure nelle cliniche degli Stati confinanti: Texas, Mississippi e Arkansas. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è impegnato, venerdì, a garantire che gli spostamenti da una città e all’altra non vengano ostacolati. La possibilità che alcuni governatori possano inasprire le leggi statali al punto da penalizzare la mobilità transfrontaliera non è esclusa a priori. Dibattuto è inoltre il capitolo sui costi che le donne dovranno sobbarcarsi per affrontare il viaggio.
La scossa che ha sepolto la sentenza Roe vs Wade del 1973 è seguita dall’uscita con cui diverse società private, come Disney, JP Morgan e Meta, hanno confermato di voler contribuire alle spese delle dipendenti costrette a dover migrare per abortire. L’importo offerto da Amazon per tratte oltre i mille chilometri è di 4mila dollari; quello di Netflix arriva fino a 10mila. Della lista fanno parte, solo per citarne alcune, anche Starbucks, Tesla, Mastercard, Johnson & Johnson, Microsoft e Apple. Anche i rimborsi delle aziende, tuttavia, potrebbero finire nel mirino dei legislatori locali più conservatori.
La loro legittimità dipenderà, anche in questo caso, dai provvedimenti attuativi delle leggi pro-life. Alcuni potrebbero spingersi a criminalizzare gli aiuti economici come facilitazione illegale dell’interruzione della gravidanza. Ci vorrà tempo prima che il nuovo impianto legislativo si assesti. È in evoluzione anche la giurisprudenza degli Stati pro-choice come Colorado, Maryland, Connecticut, Vermont. In California sta per entrare in vigore una legge che rafforza il diritto di accesso all’aborto introducendo uno scudo a proteggere da eventuali contenziosi esterni chiunque, residenti e non, riceva un aborto nello Stato.
L’ha firmata il governatore Gavin Newsom secondo cui negli Stati Uniti «le donne sono trattate come cittadini di seconda classe». «Tutto questo – ha tuonato arrabbiato – non sarebbe successo se a fare figli fossero gli uomini».