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 2022  giugno 25 Sabato calendario

Storia della sentenza Roe contro Wade

Nacque nel caos, in un giorno di tempesta su Washington e sull’America, tra le manifestazioni di piazza delle opposte fazioni; visse pericolosamente, stramaledetta dai nemici e brandita come un fragile scudo da chi la sosteneva; è morta allo stesso modo, nel rumore, segnando una spaccatura probabilmente irrevocabile tra due Americhe e lasciando uno strappo sulla bandiera a stelle e strisce difficile da ricucire. 
La sentenza Roe contro Wade (1973-2022) venne alla luce sotto la presidenza di Richard Nixon, il quacchero eletto nel 1968 – l’anno degli omicidi di Martin Luther King e di Bobby Kennedy lanciato verso la nomination democratica – come il candidato «legge e ordine» che non faceva sconti a hippie e capelloni vari. Per capire cosa è successo all’America in questo mezzo secolo non c’è niente di meglio che andare a leggere la storia di Roe contro Wade, il caso di una ragazza texana anonima (Norma McCorvey, con lo pseudonimo Jane Roe) che aveva fatto causa al procuratore generale dello Stato nel quale l’aborto era illegale. «Jane Roe» voleva abortire, ma non poteva (portò a termine la gravidanza e dette il bimbo in adozione). Era il 1969: la causa finì tre anni dopo davanti alla Corte Suprema di Washington. 
L’ennesimo paradosso: la mente dietro la sentenza del 22 gennaio 1973 fu quella del giudice Harry Blackmun (1908-1999), repubblicano nominato alla Corte suprema dal repubblicano Nixon. Fu Blackmun a trovare nella Costituzione – nel XIV emendamento, quello ora preso di mira – il diritto alla privacy che ha permesso alle donne americane di abortire legalmente, diritto da lui definito «fondamentale» (assoluto soltanto nel primo trimestre). 
Uomo mite, diventò immediatamente il nemico numero 1 degli antiabortisti e della (allora nascente e poco organizzata) destra evangelica: era un moderato del Minnesota la cui nomina era stata convalidata dal Senato con un plebiscito bipartisan, 94-0, e che si definiva «il vecchio numero 3» perché prima di lui Nixon aveva nominato altri due giuristi entrambi bocciati dal Senato per l’appoggio alla segregazione razziale (uno dei due, qualche anno dopo, noto come fustigatore di costumi, finì processato e condannato per aver fatto delle avances a un poliziotto della buoncostume in un bagno pubblico). 
Il provinciale Nixon, inventore del moderno populismo americano, fustigatore delle élites, odiatore dei Kennedy (e di Harvard, dove avevano studiato), non fece in tempo a portare a termine il progetto causa Watergate. La lunga marcia della destra americana ha avuto varie tappe da allora, sempre usando come spauracchio numero 1 Roe contro Wade (Nixon stesso, peraltro, nelle registrazioni segrete della Casa Bianca, pur ammettendo con i suoi uomini che l’aborto «distrugge le famiglie», borbottava che «a volte si rende necessario»).
Dal 1973 la necessità di cancellare «Roe» è stata fino a ieri il collante di una destra disomogenea, la cartina di tornasole per ottenere consensi (e fondi) dagli evangelici, dalle mega-chiese dei riti carismatici degli Stati rurali, del profondo Sud e del Sudovest che hanno progressivamente svuotato le chiese episcopali di una volta. Politologi come Garry Wills (in Under God) e più di recente Rick Perlstein (nella massiccia trilogia Nixonland, Invisible Bridge e Reaganland) hanno documentato questa evoluzione, quasi una transustanziazione, dal partito repubblicano eisenhoweriano anni Cinquanta, geneticamente moderato, a una nuova creatura politica basata su culto cristiano, antiabortismo, culto delle armi.
Le responsabilità? Politicamente un po’ di tutti, perché un tema caldissimo come l’aborto non è mai stato toccato dal Congresso visto che Blackmun aveva tolto le castagne dal fuoco. Con una parte che lo usava come babau e l’altra come simbolo di libertà (entrambe raccoglievano fondi dagli elettori).
Però sullo sfondo del chiacchiericcio washingtoniano della solita alternanza democratici-repubblicani nasce nel 1982 la Federalist Society, che da conferenza di universitari di destra diventa negli anni una potenza, associazione di magistrati che di fatto seleziona il personale politico che, nominato nelle varie corti federali, ha cambiato in trent’anni il volto del potere giudiziario americano. Anti-abortisti, contrari a qualsiasi limitazione sulle armi, favorevoli ai tagli alle tasse e alla deregulation. Quanti giudici dell’attuale Corte suprema ne hanno fatto parte? Sei (5 dei quali nominati da presidenti repubblicani che avevano perso il voto popolare), proprio quelli che hanno votato per la cancellazione di Roe contro Wade.