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 2022  giugno 24 Venerdì calendario

La situazione dell’Afghanistan (terremoto a parte)

(…) Il terremoto di martedì è il primo disastro naturale che affrontano i taleban da quando sono tornati al potere nell’agosto del 2021, e probabilmente metterà alla prova le loro capacità amministrative, in un Paese che vive una delle più gravi crisi umanitarie del mondo, a corto di liquidità e con un governo non riconosciuto a livello internazionale. I taleban hanno promesso aiuti finanziari alla popolazione, squadre mediche e di soccorso, ambulanze e chiesto supporto alla comunità internazionale. In un video pubblicato ieri dai social media della polizia di Kabul si vedono i funzionari del governo lasciare la capitale per raggiungere le zone colpite in elicottero e si vede Khalid Zadran, il portavoce della polizia, dire: «Qualsiasi tipo di aiuto è urgente. La gente non ha cliniche, né riparo. C’è urgente necessità di tende e aiuti».
Il disastro rappresenta un’enorme sfida per i taleban. Il gruppo ha attuato politiche sociali ultraconservatrici e limitato i diritti di donne e ragazze, intensificando il suo isolamento internazionale e lasciandolo tagliato fuori dalla maggior parte degli aiuti esteri.
Dopo la presa del potere ad agosto, come è noto, i finanziamenti che coprivano l’80% del budget afghano si sono interrotti, la comunità internazionale ha sanzionato il regime di Kabul e gli Stati Uniti hanno congelato i fondi della Banca Centrale Afghana che erano depositati nelle banche americane ed europee: sette miliardi di euro che avrebbero dovuto essere destinati alla sopravvivenza di una popolazione segnata da quarant’anni di guerre e oggi anche da crisi climatiche e alimentari. Secondo i dati di un rapporto di maggio delle Nazioni Unite la malnutrizione infantile che da tempo affligge il Paese è in costante aumento e quasi la metà della popolazione non sa come procurarsi da mangiare. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite stima ora che circa 18 milioni di persone avranno bisogno di assistenza alimentare urgente a giugno.
I leader taleban in questi mesi hanno più volte chiesto aiuto alla comunità internazionale e sono tornate a farlo dopo il terremoto. L’ufficio del mullah Abdul Ghani Baradar, vice primo ministro del regime taleban, ha chiesto supporto alle agenzie di aiuto estero e lo stesso ha fatto Abdul Qahar Balkhi, un alto funzionario taleban: «Il nostro governo è purtroppo soggetto a sanzioni – ha detto- quindi non è finanziariamente in grado di assistere le persone nella misura necessaria. L’assistenza deve essere aumentata in misura molto ampia perché siamo di fronte a un evento devastante».
Ieri, in una conferenza stampa a New York, il vice rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, ha dichiarato che sono già stati stanziati 15 milioni di dollari per affrontare la crisi, che le Nazioni Unite stanno lavorando per trovare il modo di distribuire aiuti alimentari alle famiglie sfollate e che le agenzie umanitarie hanno richiesto una rapida assistenza alla Turchia, che è il Paese più vicino con capacità di ricerca e soccorso professionale.
Concludendo la conferenza stampa Alakbarov ha anche ribadito però che «sarebbe responsabilità delle “autorità di fatto” farsi carico della missione di recupero».
Che è come dire al regime taleban di Kabul: avete il potere, amministratelo nel bene e nel male.
Provocazione o dato di fatto, a pagarne sono – una volta ancora – milioni di cittadini, donne, uomini e bambini afghani lasciati al loro destino.
Lo dimostrano le cifre. A gennaio il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres aveva lanciato un drammatico appello: servono 4 miliardi di dollari, disse, per aiutare il Paese a uscire dalla crisi. Per aiutare gli afghani a sopravvivere.
Ne sono arrivati meno della metà. Poi c’è stata l’invasione russa dell’Ucraina, la distrazione occidentale. È servito un terremoto per risvegliare l’attenzione sull’Afghanistan e sulla sua gente che muore di fame.