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 2022  giugno 24 Venerdì calendario

I 40 anni di Radio Deejay


Una festa lunga due giorni per celebrare i quarant’anni di Radio Deejay, nata come radio di quartiere nel 1980 e diventata in poco tempo una delle emittenti più seguite d’Italia. «Sarà un grande happening di quarantotto ore a Parco Sempione di Milano, non solo un concerto. È una cosa che non avevamo mai tentato prima, una sfida di cui sono molto orgoglioso», commenta Linus, il suo direttore artistico nonché speaker e dj storico che intervistiamo per l’occasione. Oggi Radio Deejay conta cinque milioni di ascoltatori al giorno – «una bella responsabilità!» – e si può seguire sia sulle sue frequenze che tramite web, su computer e cellulari. Una combinazione vincente che ha consentito a lei, e alle altre radio, di non subire la stessa flessione negativa di pubblico degli altri mezzi di comunicazione come ad esempio la carta stampata. Nel rapporto sui “media dopo la pandemia” dell’ottobre scorso, il Censis rileva che se il 79,6% degli italiani ascolta la radio, lo fa soprattutto con gli apparecchi tradizionali e le autoradio. Che risultano però in discesa rispetto agli strumenti digitali.«La radio agisce un po’ come un “parassita” – ma ci vogliono le virgolette! – perché riesce a cavalcare l’avanzata delle nuove tecnologie arrivando subito sul web, sui cellulari, riuscendo ad inserirsi in ogni nuovo device. E sì, i mezzi più utilizzati continuano a essere quelli convenzionali di radio e autoradio», spiega ancora Linus, «però posso dire che adesso lo streaming, il digitale è in forte crescita, il 15 per cento dei nostro pubblico ci ascolta così». L’interazione con i mezzi digitali è sempre più importante, e a Radio Deejay ricevono circa 1000 messaggi all’ora su whattsapp che arrivano dai paesi più diversi: nel suo programma che va in onda dalle dieci a mezzogiorno grazie proprio a quest’interazione, Linus sa di essere ascoltato sia da un pubblico italiano ed europeo, che da Dubai, dalla Cina, dal Giappone, paesi che in quel momento stanno andando a cena. «È una cosa importantissima, che funziona anche come termometro sociale. Non si tratta solo di uno smistamento di emozioni, noi siamo all’interno del mondo reale, è una cosa a cui teniamo molto. Quando è scoppiata la guerra inUcraina non abbiamo fatto finta di niente», continua a raccontare. «Io ho cercato di approfondire, di informarmi il più possibile. L’idea naturalmente era di provare a essere super partes, una cosa difficilissima. Mantenendo – come sempre – la possibilità di esprimere un’opinione. Una cosa che di solito si fa con due motivazioni diverse: il proprio tornaconto, come il 90 per cento dei politici, oppure manifestare le proprie convinzioni. A rischio di diventare impopolare».E restando sulle novità legate a internet – «cose bellissime per uno come me che è cresciuto con le radio di quartiere, un’apertura incredibile di orizzonti» – a Radio Deejay hanno visto che il podcast va fortissimo. «Negli Stati Uniti è esploso già da tempo ed è un fenomeno pazzesco. Noi abbiamo creato OnePodcast, che in cinque mesi è diventata la più grande compagnia italiana di questi contenuti. I nostri durano circa una trentina di minuti, e sono montati in modo più serrato rispetto alle trasmissioni live. Ma il ritmo è una cosa a cui siamo abituati e posso dire senz’altro che siamo primi in questo mercato. Credo che il podcast possa diventare l’alternativa futura alla radio anche se per ora tira di più il live». Ecco, il futuro, bisogna immaginarselo in fretta perché i 20enni di oggi non ascoltano la radio, ci dice ancora Linus, quello è un passo successivo che si raggiunge con l’indipendenza, la patente e un’automobile con la radio. L’età media dei conduttori che trasmettono sulle frequenze di Radio Deejay si aggira sui 45 anni, un po’ più alta di quella degli ascoltatori che hanno in media dai 35 ai 40 anni. «Mi ricordo che negli anni ‘80 abbiamo fatto un concorso per le voci nuove. Il range di età richiesto era tra i quindici e i venticinque. Adesso non sarebbe possibile perché i loro coetanei di oggi cercherebbero altri strumenti per lanciarsi come Youtube, Tik Tok oppure Instagram».E quando era lui ad essere un ragazzo? Correvano gli anni Settanta, un periodo caldo in cui molti, tra cui parecchi suoi amici, si sono persi. A Linus la radio ha dato uno scopo: «ero uno che veniva dalla periferia, che ha cominciato quasi per gioco. È senz’altro una cosa che mi ha salvato la vita, riempito, caratterizzato tenendomi lontano dal resto. E un mezzo importante per comunicare, parlare, anche ascoltare». Lanciandolo sul canale in cui lavora ancora oggi, assieme ad altri talenti come Amadeus, Fiorello, Fabio Volo, La Pina (gli ultimi due ancora in onda).Quarant’anni di storia insomma, che si festeggiano con musica, sport e intrattenimento, le tre anime della radio. Il clou sarà il grande concerto di sabato sul grande palco a forma di libro aperto voluto da Linus. «Non sono mai stato un fan delle strutture faraoniche e non volevo sprecare energie. Un paio di settimane fa sono stato al concerto di Billy Joel a New York, c’erano 25mila persone. Il palco era minimale, e non si è lamentato nessuno. Il libro dice molto e sottolinea quello che piace a noi: più contenuto che cornice»