La Stampa, 24 giugno 2022
Mps, operazione rilancio
Territorio e credito alle famiglie. Poggia su questi due pilastri il piano di rilancio del Monte dei Paschi di Siena firmato dal nuovo amministratore delegato Luigi Lovaglio. Un piano nato dopo il fallimento delle trattative, lo scorso autunno, tra il Tesoro e Unicredit per la cessione della banca toscana e che adesso ha l’obiettivo di farne «emergere il valore». Con la promessa del manager che dopo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro «nessuno dovrà mettere soldi» nell’istituto senese: «Se siamo capaci di generare capitale, nessuno dovrà più mettere soldi in questa banca. Se riusciamo ad esprimere il valore di questa banca faremo parte della categoria che se c’è un’operazione importante la valuta con pari dignità», ha detto Lovaglio convinto di portare «la banca in profittabilità dal primo gennaio 2023». Come a dire che lungo la strada del piano industriale al 2026, la banca non esclude operazioni straordinarie. E qualche indizio potrebbe arrivare proprio dall’aumento di capitale, se Lovaglio da un lato ha smentito le voci di un’interesse di Crédit Agricole dall’altro si è detto pronto a parlare con Axa e Anima, già partner del gruppo: «È normale che tutti pensino che possano essere anche anchor investor dell’aumento di capitale ma noi vogliamo tenere separate le due cose. La banca ha un enorme potenziale, è solo questione di tempo e potremo mostrare tangibili risultati».
Dal punto di visto prettamente finanziario, Mps si aspetta un utile di un miliardo di euro nel 2024 e di 833 milioni nel 2026: l’utile pre-tasse si attesterà a 705 milioni nel 2024 e a 909 milioni nel 2026, con il ritorno al dividendo nel 2025, sulla base di un pay-out del 30% dell’utile. I ricavi cresceranno del 2% all’anno, a 3,29 miliardi, alimentati anche dall’aumento dei tassi.
Per raggiungere l’obiettivo, la banca incentiverà un piano di uscite volontarie mediante il Fondo di Solidarietà per 4.200 dipendenti con un risparmio pari a 270 milioni di euro e un costo di 800 milioni (finanziato dall’aumento di capitale); prevista anche la chiusura di 150-200 filiali: «Non è un numero scolpito nella pietra – spiega Lovaglio -, taglieremo quelle non redditizie». In questo modo il rapporto costi-ricavi, tallone d’Achille del Monte, scenderà dal 71% del 2021 al 57% nel 2026. Con i sindacati si aprirà ora il confronto: se da un lato c’è apprezzamento per un piano che garantisce «un futuro» a Siena, dall’altro – sintetizza la Uilca – c’è preoccupazione per le «ricadute» occupazionali e operative di un taglio del 20% della forza lavoro.
Nel frattempo il manager ha incassato il via libera alla riorganizzazione interna la suddivisione in tre direzione Chief commercial officer con l’obiettivo di puntare ad una maggiore specializzazione e all’offerta di un servizio “su misura” per la clientela. Una svolta che per Lovaglio rappresenta «un primo importante tassello funzionale al raggiungimento degli obiettivi del Piano, per snellire e velocizzare i processi con un’organizzazione più semplice e agile e una condivisione all’interno della Banca di tutte le competenze che metteremo al servizio della clientela, a cui saremo sempre più vicini». D’altra parte il nome del piano “Clear and simple commercial bank” chiarisce come Mps intenda rafforzare il proprio ruolo di banca commerciale con un posizionamento definito «chiaro e semplice». «Questa – ha proseguito Lovaglio – è la banca piu antica del mondo» con «175 miliardi di euro di asset gestiti» e «79 miliardi di crediti netti alla clientela» e ha «rete commerciale molto forte e radicata sul territorio». Oltre all’asset Widiba.
Le maggiori incognite sul futuro di Mps arrivano dal mutato contesto geopolitico: il piano di Lovaglio stima per fine anno un’inflazione al 5% e una crescita del Pil del 2,2%, ma la situazione rischia di peggiorare ulteriormente, con una frenata della crescita o addirittura una recessione. Che renderebbero più difficile il raggiungimento degli obiettivi del piano.