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 2022  giugno 23 Giovedì calendario

Beautiful, la formula dell’eternità

Taylor chiacchiera a bordo piscina con Ridge, mentre poco più in là Steffy e John bevono champagne ammirando il mare solcato da uno yacht. Non si tratta delle scene inedite di una puntata di Beautiful ma del party organizzato sulla terrazza dell’hotel Fairmont in onore dei 35 anni della soap opera, celebrati al 61° festival della tv di Monte Carlo. A festeggiare, oltre agli attori Krista Allen, Thorsten Kaye, Jacqueline McInnes Wood e Tanner Novlan ecco apparire Bradley Bell, deus ex machina di questo inesauribile successo che ha ereditato negli Anni 90 il ruolo di produttore e capo sceneggiatore dal padre e creatore originale William J. Bell, già inventore di Febbre d’amore. «Il segreto del successo credo sia dovuto al fatto che Beautiful ha continuato ad evolversi dalle origini ad oggi – spiega Bell – provando a riflettere i cambiamenti della società, e io ho cercato di introdurre nell’alternarsi di drammi amorosi, anche temi che riecheggiassero quelli che affronta la gente reale». L’esempio forse più significativo è quando l’affezionato pubblico della soap ha scoperto nel 2015 che Maya Avant era in realtà un uomo, diventando così la prima protagonista transgender di uno show della tv americana. «Molti pensavano all’epoca che questa rivelazione avrebbe causato una reazione negativa del pubblico – spiega Bell – ma in realtà è accaduto il contrario e c’è stato un appoggio eccezionale, non solo da parte della comunità Lgbtq».
Prima del party in terrazza Bell e i protagonisti hanno avuto modo di spiegare come funziona questa collaudatissima macchina per l’intrattenimento che tiene incollati ancora milioni di spettatori in tutto il mondo (in Italia va in onda tutti i giorni su Canale 5, alle 13.35): «Il 30% sono in America – dice Bell – e il resto all’estero, con l’Italia, la Francia, la Germania e la Spagna a guidare». Il titolo Usa è The Bold and The Beautiful: «Credo ci fosse un film intitolato The Bad and the Beautiful (Il bruto e la bella, ndr.) e siccome a mio padre piaceva il ritmo che aveva lo prese a ispirazione. Ha scritto la serie per i primi sei anni e successivamente sono subentrato io, come capo sceneggiatore – spiega Bradley Bell -. Molti personaggi assomigliano caratterialmente ai miei amici, e dato che li conosco bene mi è più facile tratteggiarli. Naturalmente prima di ispirarmi a loro chiedo il permesso e solo in un paio di occasioni ho ricevuto un rifiuto. Di solito io e l’altro capo scrittore Michael Minnis parliamo al telefono e definiamo il filo narrativo degli eventi di ogni puntata e poi questo canovaccio viene inviato a una decina di sceneggiatori in varie parti d’America che scrivono i dialoghi».
Per realizzare più di 8500 puntate in 35 anni i ritmi sono da sempre forsennati. «Giriamo due puntate al giorno – rivela Tanner Novlan – e così non c’è praticamente tempo di rifare una scena, ma bisogna sempre essere pronti a dare il meglio al primo ciak». Di sicuro è una cosa a cui non tutti sono preparati: «Arrivando alla soap opera dal cinema e le serie tv – spiega Krista Allen – all’inizio mi sono sorpresa che sul set non ci fosse nessuna direzione d’attori da parte di un regista, ma solo membri della troupe che si occupano di aspetti tecnici. Questo richiede una grande fiducia in se stessi, per essere sicuri di interpretare il personaggio in modo giusto». «Tra l’altro dobbiamo essere molto fedeli alla scrittura e non abbiamo nessun dialogo con gli sceneggiatori né possiamo dire la nostra sullo sviluppo dei personaggi: per esempio trovo che Ridge sia un uomo spregevole, ma il mio compito è vivere il momento, interpretarlo, non giudicarlo», dice Kaye. «E io penso che Taylor sia patetica nella sua relazione con Ridge, ma in fondo il pubblico ama questi personaggi proprio perché come esseri umani sono un vero disastro», ride Allen.
«In 35 anni abbiamo davvero inventato di tutto – racconta Bell – e se ripenso a uno dei momenti più folli di sempre non posso che citare quando Taylor è ritornata dalla morte. Mi sono divertito molto a inventare la storia del principe Omar. Mi ha anche reso molto orgoglioso raccontare la caduta in povertà di Stephanie Forrester. L’idea mi era venuta passando per downtown (il quartiere più povero di Los Angeles, ndr.) vedendo tutte queste persone che non avevano una casa, e un giorno mi sono chiesto come si poteva finire in quella condizione, così ho trasformato quella forma di curiosità profondamente umana in uno spunto per la trama».
A guidare i cambiamenti è stato anche il feedback del pubblico, che nell’era dei social è diventato sempre più importante. «Oggi sappiamo in tempo reale su Twitter se gli spettatori hanno apprezzato una puntata o un nuovo personaggio – conclude Bell – anche se i nostri più fieri alleati sono le nonne: quando i nipoti vanno a trovarle e le trovano a guardare Beautiful si siedono accanto a loro e si appassionano. E così la tradizione si tramanda nel tempo».