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 2022  giugno 22 Mercoledì calendario

Cronaca del concerto dei Rolling Stones a Milano

«Ciao Milano! Come va? Che bello tornare qui»: l’urlo liberatorio di Mick Jagger di fronte ai 57mila di San Siro, subito dopo l’attacco al fulmicotone con Street Fighting Man, è il segnale che l’attesa è finita. Il 78enne leader dei Rolling Stones ci ha messo una settimana a riprendersi dal Covid e a farsi trovare pronto dai fan che avevano acquistato da marzo i biglietti per l’unica data italiana del Sixty Tour che celebra i sessant’anni del gruppo (69 euro per vederli col binocolo, 345 per stare a pochi metri da Jagger e soci): «È bello essere di nuovo sul palco, anche se è più caldo del quinto girone dell’Inferno», scherza, in italiano, asciugandosi il sudore.I FLASHA San Siro il cantante salta, corre, stuzzica il coetaneo Keith Richards e gli altri componenti della band, il 75enne Ronnie Wood, il 60enne bassista Darryl Jones e il 65enne Steve Jordan, al posto del mitico Charlie Watts alla batteria (viene ricordato con alcune immagini sugli schermi all’inizio dello show: «Questo è il nostro primo tour europeo senza Charlie e ci manca tantissimo», dice Mick). Sembra quasi voler dimostrare che se fosse dipeso da lui, che nel 2014 aspettò non più di due mesi per tornare sul palco dopo il suicidio della compagna L’Wren Scott, avrebbe continuato ad esibirsi pure con il Covid: «Mi spiace per gli show annullati. Ma saremo a Milano: ci vediamo lì», aveva promesso sui social alla vigilia, dopo aver dovuto rimandare il concerto ad Amsterdam e cancellare quello a Berna. Arrivati dal lussuoso hotel Four Seasons a San Siro a bordo di quattro auto scortate dalla polizia, benedicendo con la mano i fan, i Rolling Stones hanno cominciato a suonare alle 21.15. L’inizio con la stessa Street Fighting Man e 19th Nervous Breakdown è un pugno allo stomaco: si entra subito nel vivo dello show, che prosegue poi con classici degli Anni 60 e 70, l’età d’oro di una band che oggi continua ad essere una macchina da guerra, oltre che da soldi (546,5 milioni di dollari di incassi per i 58 show del precedente tour, il No Filter). Da Tumbling Dice a You Can’t Always Get What You Want, passando per Wild Horses (gli spalti sono una distesa di flash: «Sì, così mi piace», sorride Jagger): i Rolling Stones ricordano gli anni in cui il rock era davvero uno stile di vita, una religione, non moda o Instagram. In apertura non ci sono i Maneskin, come a Las Vegas, ma i Ghost Hounds, rocker grezzi di Pittsburgh, Pennsylvania.L’ULTIMA OCCASIONEIn Italia gli Stones mancavano da cinque anni, a Milano da sedici: quello a San Siro è un ritorno trionfale, tra striscioni («Mi chiamo Angie per la vostra canzone»), t-shirt celebrative, cori. Li guardi e ti rendi conto che a muoversi sono delle leggende in carne ed ossa, che vivono in una dimensione tutta loro, dove il tempo non esiste, a dispetto della sensazione condivisa che questa possa essere l’ultima occasione per vederli nel nostro paese. «Alla faccia di chi ci vuole male», sbiascica Richards quando il divo Jagger gli lascia il microfono e intanto si prepara al gran finale. Non prima di salutare i fan arrivati da Torino, Bologna, Genova, Roma, sottolineando – sempre in italiano – il particolare feeling con il nostro paese: «Sono passati cinquantacinque anni dal primo concerto in Italia. Grazie per essere ancora con noi». La carrellata che mette in fila Start Me Up, Paint It Black, Sympathy for the Devil, Jumpin’ Jack Flash e Gimme Shelter è un rituale che celebra il potere salvifico del rock’n’roll, fino all’irresistibile (I Can’t Get No) Satisfaction, che chiude l’apoteosi.