Corriere della Sera, 22 giugno 2022
Sesso e droga nel Rigoletto di Martone. Polemiche
Serata controversa alla Scala. Alla prima di «Rigoletto» nella nuova edizione affidata a Mario Martone, il pubblico si è diviso tra fautori e detrattori, scatenando un vivace coro di applausi misti a fischi e buu come da tempo non si sentiva a Milano. Divisiva, la messinscena, effettivamente lo è. Ambientata al giorno d’oggi, ruota attorno al contrasto tra i privilegiati e gli esclusi. La scenografia è a due facce. Il lato A è il palazzo del Duca: architettura moderna, oggetti di design, alcool, belle donne, cocaina. C’è persino la stanza sado-maso per pratiche erotiche estreme. Gira la scena ed ecco il lato B, un quadro desolante della periferia dei sofferenti e dei senzatetto, dove dormono anche le «accompagnatrici» reduci dal party dei ricchi. Martone ritrae queste ultime che si lavano chi le ascelle, chi i piedi, chi il fondoschiena in un orrido bagno di piastrelle scrostate. Qui abitano Gilda e Rigoletto. E qui Sparafucile ha la sua stamberga, dove Maddalena e altre prostitute attirano clienti per pochi spicci. Il teorema politico di un mondo senza mezze misure, che rievoca in qualche modo il film «Parasite», in realtà regge l’intreccio del dramma probabilmente più cattivo del teatro verdiano. Ma alla fine scatena le reazioni di cui sopra. Mentre Rigoletto abbraccia la figlia morente, armati di pistole, coltelli e mazze da baseball, i ragazzi del lato B irrompono nel palazzo e massacrano tutti, duca compreso. E il sipario si chiude sull’immagine splatter dei cadaveri e delle tracce di sangue su pareti, quadri e divani. Non c’è gusto della provocazione fine a sé stesso, in ogni caso. Lo spettacolo di Martone è efficace proprio perché duro, né più né meno spietato del dramma di Victor Hugo che ispira l’opera. Ed è a suo modo rigoroso nei presupposti e nella realizzazione. Pregevole assai è pure la direzione di Michele Gamba, la sua migliore alla Scala. Stacca tempi rapidi e li sa sostenere, anch’egli rigorosamente. Difficile capire tuttavia perché certi passi lirici («Caro nome» su tutti) lo inducano a slargare il tempo, perdendo per strada il convincente ritmo drammatico dell’esecuzione. Di livello buono, non eccelso, il cast formato da Amartuvshin Enkhbat (un Rigoletto cui manca un po’ di «proiezione»), Nadine Sierra, Piero Pretti, Marina Viotti e Gianluca Buratto.