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 2022  giugno 22 Mercoledì calendario

Intervista a Elisa Di Francisca

Lo chiama l’ultimo assalto. Darà l’addio stasera, nella città dove tutto è iniziato, dove i fioretti non sono le buone intenzioni, ma armi per colpire. Anche se è da due anni che non mette più la maschera. Elisa Di Francisca, 39 anni, campionessa olimpica a Londra e argento a Rio, saluta il suo mondo. Lascia la pedana, ufficialmente. Sposata con Ivan, due figli. È stata l’atleta diversa, sincera e istintiva, sempre contro. La donna che si fa male provando la vita, che rompe gli schemi, ribelle alla retorica. Mai meno, senza troppo, soprattutto il talento. Fioretto e tacchi a spillo. Dolori e piaceri. E un libro “Giù la maschera” in finale al Bancarella.
Chi ha invitato alla sua festa?
«La scherma di Jesi, quelli che mi vogliono bene, le colleghe di rientro dagli Europei di Antalya dove l’Italia è andata benissimo, vediamo se Alice Volpi farà in tempo, spero di avere con me Elisa Vardaro, con cui condividevo la stanza, la preparatrice atletica Annalisa Coltorti, quelle poche amiche rimaste».
Ci sarà Giovanna Trillini, la sua ex allenatrice?
«No. Si è offesa per quello che ho scritto nel libro “Giù la maschera” e non mi parla più. È molto arrabbiata per le mie parole, ma a voce le ho detto anche peggio: è una brava maestra, ma è un’eterna seconda, si mette da sola nell’angolo e poi si lamenta che non viene considerata.
Io con lei ho risolto, ma Giovanna non vuole più avere nessun rapporto con me e la mia famiglia, peccato perché ai Giochi come allenatrice ce l’ho portata io».
E la sottosegretaria Valentina Vezzali?
«Non l’ho invitata. Meglio che non perda tempo, pensi a lavorare per lo sport italiano e a fare in modo che istruzione e attività fisica non siano nemiche. Il lunedì m’ interrogavano apposta quando ero di rientro dai tornei. Come ho risolto? Non andando a scuola quel giorno».
Manca il ct Stefano Cerioni.
«Mi ha detto che proverà a venire.
Dipende dagli aerei, anche lui sta tornando dalla Turchia. Anche lui non voleva che la nostra storia sentimentale finisse nel libro. Si è raccomandato: non scrivere niente.
Stefano, mi conosci, gli ho risposto, come posso stare zitta?
Parlo dei conflitti terribili con mio padre che ora è diventato un genitore adorabile e che forse si è dato un po’ più di strumenti e non parlo di te, che stavi con me, e che sei andato ad allenare in Russia la mia nemica Deriglazova che mi ha battuta in finale a Rio?».
Le manca la scherma?
«Ogni secondo. Mi manca il procedimento mentale che c’è dietro alla maschera, il fatto che devi trovare una soluzione, che devi confrontarti con chi hai davanti. Da febbraio 2020, da quando ho vinto a Kazan la prova di fioretto, non ho più fatto sport. Non va bene, bisogna che rimetta in moto il fisico, con palestra, bici, corsa. Mi devo reinventare».
Cosa farà ora?
«Il 3 luglio a Chianciano faccio un corso federale per diventare istruttrice di bambini. Vediamo se sono in grado, il primo livello mi spetta di diritto come campionessa olimpica. Mi piacerebbe trasmettere valori: sacrificio, sudore,allenamento. Far capire che la sconfitta insegna e che il successo ha tutt’altro sapore. Poi penso di continuare a Roma in un centro sulla Tiburtina dove fanno anche pugilato e karate. Non è un quartiere privilegiato, c’è un traffico pazzesco, ci metterò due ore ad arrivare, mi attrezzo con un motorino, mi piace lavorare dove c’è vivacità e difficoltà. Anzi ci porto anche Brando, il mio secondogenito, che da poco ha fatto un anno, ma che è già una piccola bestia, prende tutto a testate».
A Tokyo poteva esserci.
«Ho preferito di no. Ho smesso in un momento particolare, c’era la pandemia, le persone morivano, mancava ancora il vaccino, e io sono claustrofobica. Ho avuto paura, di risultare positiva, di non poter tornare da mio figlio Ettore, di averlo lontano. Essere madre ti cambia la percezione del mondo, forse avrei potuto vincere ancora una medaglia, ma io non vado alle competizioni per partecipare, l’idea di arrancare non mi piace. Quando ti capita di dare sempre più la mano alla tua avversaria e dirle: brava, mi hai messo una stoccata che non avevo previsto, vuol dire che qualcosa è cambiato. La tedesca Ebert diventata campionessa europea è quella che ai mondiali d Lipsia nel 2017 mi portava la sacca. Rispetto la scelta diversa di Federica Pellegrini e di Aldo Montano, ma io non sono così. Non si tratta di essere giusti o sbagliati, ma diversi. Capisco la difficoltà di non sentirsi più nessuno, ma la vita va vissuta e affrontata anche fuori dalla scherma».
La parola ex fa paura.
«Credo preoccupi di più sbarcare in un mondo dove la meritocrazia non vale più. Nello sport decidi tu di te stessa, ci sei tu sotto la maschera.
Quando smetti devi svestirti, andare nuda, con le tue fragilità, senza corazza. Devi resettare tutto, faccio un esempio: il mio abito da matrimonio non lo metterò più. È servito quel giorno, e basta. Invece da atleta hai sempre una prossima volta.
Io devo molto all’esempio che ho avuto a Jesi da Vezzali e Trillini, erano in palestra anche a Natale, ad allenarsi e a rimettersi in discussione. Posso non andarci d’accordo, ma quella fame la rispetto».
In chi si rivede?
«L’ho sempre detto, in Alice Volpi vedo un’erede, anche se non so se augurarglielo. Ha un po’ di follia, però lei è introversa, grazie a Dio. Mi piace l’americana Lee Kiefer, primo oro Usa nel fioretto a Tokyo, dallo stile irregolare, corre a destra e a sinistra, e non capisci mai dove piazza il fioretto. Ammiro la disciplina delle giapponesi. Ma le azzurre a Parigi avranno buone armi»
Elisa, cosa lascia?
«Il senso della verità. Sono stata una scapestrata, ma ho sempre lavorato duro. E ora sono in pace. Fa niente se mi danno della lesbica, della puttana, dell’ammazza-bambini, perché da giovane ho abortito, mi interessa il giudizio di chi mi conosce e di chi non crede che amore sia violenza. Ai giovani dico che capita di finire in un tunnel, ma cercate sempre la luce in fondo. Non smettete di credere in voi stessi, non c’è un modo per essere perfetti, ma c’è invece quello di uscirne fuori. E sarà il vostro».