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 2022  giugno 22 Mercoledì calendario

Il mondo del broker Bochicchio

A Roma c’era un «mondo di mezzo» e c’è un «mondo di Massimo» (Bochicchio). Quest’ultimo, a differenza del primo, affiora, è visibile, anzi s’ostenta. Ha una sua geografia, una storia e un’antropologia. Molle si stende sul Lungotevere, ma si sperde per le vie del centro e s’inerpica sulla collina Parioli. Si perpetua, come un rito o un film di Neri Parenti, da qualche decennio, cambiano gli attori, ma la trama è la stessa: un profeta venuto dal nulla o quasi promette la moltiplicazione dei pani e dei pesci a una genìa che ha fede nei miracoli del dio denaro. Bochicchio, o chi per lui, non è che un minor deus ex machina. Non avrebbe effetto alcuno se non ci fosse quel mondo, targato Roma.
A Milano, per dire, l’esistenza, il potere di accesso oltre la velvet rope, il tesseramento sono garantiti dal biglietto da visita. Conta che la carica esista e sia in corso. Appena scade, tutto si dissolve come per Cenerentola a mezzanotte: l’auto aziendale perde le ruote, la carta si smagnetizza, si ridiventa nessuno. Roma indulge. Un direttore, un onorevole è per sempre. La mondanità accoglie vivi e fantasmi. Alle prime cinematografiche si volge lo sguardo al tappeto rosso, si scruta l’obiettivo dei flash e ci si domanda regolarmente: «Quella, chi era?», giacché lucean ancor le morte stelle. Il mondo di Massimo è popolato di ex qualcosa, fratelli di qualcuno, di presunte e sedicenti. Stanno tutti a un dipresso. Sfioranti, un soffio appena. Consoli onorari dello Stato delle cose. Ambasciatori senza pena. Noti per essere noti a qualcun altro. Nomi che si fermano sulla punta della lingua. Nomignoli che lascian perplessi: a Milano Pupi è femminile (Pupi Solari) a Roma è maschile (Pupi d’Angieri). Inezie. Conta la riconoscibilità. La si conquista prevalentemente di sponda. La domanda chiave è: «Ma tu, come stai messo con?». Perché se sei «messo bene con» il nuovo consigliere d’amministrazione, il politico emergente, il presidente dai mandati multipli, allora è fatta. Quello è la porta, l’altro la chiave. «Che ce l’hai un progetto? ’Na sceneggiatura, ’na mostra, ’na ristrutturazione?».
Il problema, come spesso nella vita, sono i gradi di separazione. Nel «mondo di Massimo», come spesso a Roma, potevano essere tanti. Che significa: troppi. Il simbolo della prossimità sono gli armadietti dei circoli. Il detentore garantisce per il proprio vicino, ma innesca una catena in cui ognuno lo fa per chi gli sta accanto e finisce che il primo affida i soldi non all’ultimo della fila, ma a quello che passava nel corridoio e ha fatto buona impressione. È lo schema di Para-Ponzi. Quando la nota stecca e la musica cessa, soltanto allora ci si chiede chi fosse il conduttore, quali titoli avesse. «Ma non era amico tuo?», «Mio? Nooo, era amico dell’amico di Coso. Io mai glieli avrei dati i soldi a uno così: bravo nel suo campo per carità, ma non di più». Quale fosse il suo campo, però, esattamente nessun sa dirlo. Le competenze sono esportabili, labili i confini. Già in partenza non si capiscono bene. C’è chi di professione organizza rassegne e c’è chi conferisce premi. Vale il principio della partecipazione di scambio. Tu vieni ospite da me quest’anno, il prossimo io ti assegno un ambito riconoscimento. Si splende di luce riflessa, di qui la necessità di attingere ai bacini dove nuotano i soliti noti: sport, cinema, diplomazia, cultura. Ogni settore fa da specchietto per l’altro. Non essendo vasi comunicanti, la rilevanza dei singoli può essere auto-certificata, perfino prodotta dalla fantasia. La verifica è un esercizio superfluo, la storia una materia mai studiata, altrimenti come sarebbe possibile per i Bochicchio riproporsi a distanza di tempo negli stessi ambienti e con le medesime modalità? L’avidità non muore mai, fa da schermo a ogni valutazione. Regna il principio della delega: all’agente, al manager, perché non anche al consulente finanziario? I talenti hanno sempre fruttato, perché sotterrarli?
È mossa la fotografia del «mondo di Massimo». Non è il «generone» sorridente in posa, non è il «cafonal» di Dagospia sorpreso a bocca piena. Va oltre e in quell’oltre si muove. Quando fai l’appello dei truffati dai Madoff de Roma rispondono, tra gli altri, Ruggiero Rizzitelli e Patrice Evra, i figli di Gassman e il padre di Calenda, Anne de Bellefroid e Regis Donati. In ordine sparso. Ma se li metti insieme a tavola, di che cosa parlano? L’anello di congiunzione è d’oro matto, Bochicchio o princisbecco. La pietra angolare non regge e prima o poi cadrà la piramide intera. Il «mondo di Massimo» è inevitabilmente destinato a fermarsi, un attimo sospeso in un cielo di cartapesta e poi giù, nel cestino. Alla fine, proprio alla fine, viene un moto di compassione per chi crea universi fasulli, perché è il solo a sapere che imploderanno e perché, fra tutti, paga il conto più alto.