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 2022  giugno 21 Martedì calendario

Intervista a Carmen Consoli

“Se è vero che ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita”, Carmen Consoli è l’eccezione alla regola nella musica italiana.
Vive di sottrazione, di sottoesposizione, ma la luce che emana è sempre intensa. Non si è mai lasciata imbrigliare dal sistema della produzione e del consumo di musica mordi e fuggi. Con il recente album Volevo fare la rockstar, uscito nel settembre dello scorso anno, torna sui palchi per un tour estivo “orchestrato” in maniera originale. Il debutto, il 18 giugno al festival Musicastelle a La Salle, vicino a Courmayeur. E, poi, dall’Etna al Monte Bianco e via verso altri lidi, da Ravenna a Paestum. La cantautrice siciliana si esibirà anche nella sua terra, tra luglio e settembre, a Messina, Castellammare del Golfo, Noto e Taormina.
Carmen Consoli, tre concerti diversi in un unico tour. Come li ha immaginati?
«Ho pensato di triplicarmi, di essere come un embrione che contiene tre gemelli. Tutte le mie canzoni, anche quelle più rock, sono nate suonando la chitarra acustica nella mia stanza, tranne alcune che ho composto al basso elettrico. Questo mio aspetto acustico lo voglio difendere e così ho scelto di fare per l’estate alcuni set molto curati, per chitarra, violino e una chitarra elettrica. Suoneremo in punta di plettro e quindi dovremo essere molto precisi. Il secondo set che proporrò sarà super rock come la mia anima, con un muro di amplificatori e la presenza di Marina Rei. E poi l’altra situazione con una piccola orchestra con violino, viola, clarinetto basso e la mia band con tastiere, Wurlitzer, basso e batteria. L’idea è passare da un concerto all’altro con una spinta nuova».
In Valle d’Aosta, da dove è partito il tour, si sono sfiorati i 34 gradi. La spaventa questo clima impazzito?
«Malgrado gli allarmi sull’imminente pericolo a cui sta andando incontro il nostro Pianeta e noi di conseguenza, sembra che questa cosa non ci importi. Siamo concentrati sul presente. Sono più che altro dispiaciuta, penso a mio figlio, al futuro. Penso che forse la rivoluzione debba essere fatta dal singolo. Io mi sono trasferita a vivere in montagna, a Puntalazzo, alle pendici dell’Etna. E quest’anno ho deciso di investire il mio denaropiantando duecento alberi di olivo. Se devo fare qualcosa per l’ambiente allora pianto alberi.
Non posso piantumare una foresta amazzonica, ma è già un’azione concreta. Non uso la macchina, non ho mai voluto prendere la patente, cammino a piedi, in casa uso pochissima corrente elettrica e faccio a meno dell’aria condizionata».
Ci sono due brani che ha scritto e cantato con Franco Battiato, “Tutto l’universo obbedisce all’amore” e “Marie ti amiamo”, dove l’amore è connesso alla natura. Anche Battiato cercava di muoversicome un ospite su questa Terra con “delicata attenzione”?
«Sì, anche Franco aveva scelto di vivere alle pendici dell’Etna, a Milo. Catania è una città molto bella, accogliente, ma la dimensione della natura ti offre la qualità del silenzio, il fruscio delle foglie, le tonalità di verde, il fresco. I bioritmi cambiano, la coscienza si espande e si vedono le cose da un’altra quota. Non ci sei solo tu ma anche la natura.
Penso che siamo feti dentro un grembo che è la Terra. Come canta Franco in Marie ti amiamo, “qualcuno dice che gli elicotteri spaventano gli uccelli, chestiamo diventando indifferenti e senza più sensibilità”. Se ci pensiamo basta poco per essere felici e migliori, basta prendersi il tempo.
Se pianto un ulivo oggi, so che ci vorranno anni perché dia i primi frutti».
Anche nel suo modo di fare musica si è sempre discostata dalla velocità e voracità dell’industria discografica.
«Ne vado fiera. Oggi una canzone ha lo spazio di una settimana, forse due. Ricordo Sunday bloody Sunday degli U2, l’abbiamo ballata per anni e anni alle feste con i miei coetanei. O Boys don’t cry dei Cure.
Vedo una bulimia, una frantumazione dei contenuti senza elaborarli, non solo con le canzoni, anche con i sentimenti, le amicizie, le persone.
Si tende a sostituirli anziché ripararli, come facciamo col telefonino rotto».
In “Volevo fare la rockstar” racconta dei suoi sogni di bambina, del desiderio di andare in America. Ci è poi andata veramente a suonare. Che ricordo ha dellaprima volta?
«Portai le radici musicali dell’italianità, la musica come sapore, come un piatto che ti parla di un popolo. Volevo far vivere agli americani un piccolo viaggio in Italia attraverso le nostre sonorità e la nostra lingua. Ricordo che andai a testa alta, ero l’italiana che portava nelle università agli studenti le mie canzoni, ma anche Dante, Pirandello, la Sicilia, i tamburi, i pastori e la loro cultura. Da lì è stato amore reciproco».
Al Summer Lucca Festival suonerà nella stessa serata con Robert Plant e Alison Krauss.
Emozionata?
«Ho sempre adorato i Led Zeppelin. Gli chiederò di farci una foto insieme. Quella sera suonerò con Marina Rei e spaccheremo tutto con il nostro rock».