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 2022  giugno 18 Sabato calendario

Putin contro il mondo

«Non andremo indietro». Ma neppure avanti, a giudicare da un discorso tanto atteso quanto simile a quelli che lo hanno preceduto. Se c’era qualche novità fondamentale, è stata coperta dai timidi applausi che si levavano dalla sala del Forum economico di San Pietroburgo.
Il portavoce Dmitry Peskov aveva allertato su un «intervento estremamente importante» del suo presidente al vertice che fino all’anno scorso era la vetrina internazionale della Russia e ieri sembrava una riunione ristretta dei Paesi non allineati. Ma dopo un’ora e mezza di ritardo dovuta a un attacco hacker, Vladimir Putin si è prodotto in un riassuntone delle puntate precedenti.
«L’epoca del mondo unipolare è terminata, questo è ineludibile. Si tratta di un cambiamento naturale della storia, che andrà contro gli stereotipi imposti da un solo centro decisionale, con una sola potenza che controlla i Paesi a lei vicini e fa tutto nel suo esclusivo interesse. Dopo aver vinto la Guerra fredda, gli Stati Uniti si sentono i messaggeri di Dio. I loro governanti sono persone che non hanno alcuna responsabilità ma coltivano solo i propri interessi, creando una corsia a senso unico che rende il mondo instabile».
Questa era la premessa iniziale. Il resto è venuto di conseguenza. L’Occidente sta crollando, l’Unione europea è una colonia americana, l’invito agli altri Stati a liberarsi dal giogo occidentale, le sanzioni non ci fanno alcun male, alcuni progetti per il futuro della Russia, con la promessa di contributi immediati ai cittadini. Siamo alle repliche di un copione ormai ben definito.
«Gli Usa e l’Europa sono prigionieri dei loro errori, per loro tutto il resto è periferia, colonia, retrobottega: considerano gli altri popoli come se fossero di seconda categoria. E fanno quel che vogliono, basta ricordare quanto accaduto in Siria, in Iraq e nella ex Jugoslavia. Con le sanzioni si stanno dando la zappa sui piedi, perché la crisi economica farà invece nascere all’interno dei loro Paesi elementi radicali e di degrado che nel prossimo futuro porteranno a un cambio delle élite».
L’Europa colonizzata
L’Unione europea è una colonia americana, le sue sanzioni non ci fanno alcun male. Si stanno dando la zappa sui piedi. La crisi economica porterà a radicalizzazioni e a un cambio delle élite nei loro Paesi
E ancora: «L’Unione europea ha perso la propria sovranità, e sta danneggiando la sua stessa popolazione. L’inflazione e il calo delle materie prime sono il risultato dei loro errori di sistema. Ma usano il Donbass come una scusa che gli permette di attribuire a noi tutti gli errori fatti in questi anni». Quanto alla crisi alimentare, naturalmente «pesa sulla coscienza degli Usa e degli eurocrati, che non lesinano risorse per trasformare l’Ucraina in una piazza d’armi. Ma non gli importa nulla della popolazione».
La parola più citata è stata «sovranismo», declinata in ogni possibile modo. «La Russia è uno Stato orgogliosamente sovrano. Proprio per questo, le sanzioni non funzionano con noi. Ossessionato dal mito dell’indebolimento della Russia, l’Occidente è caduto da solo nella trappola, usando un’arma a doppio taglio. Ma le regole del nuovo Ordine mondiale saranno decise invece da Stati sovrani forti, che non si muovono su una traiettoria già tracciata da qualcun altro. Solo loro potranno farlo. Gli altri, invece, saranno destinati a rimanere una colonia senza diritti».
Al Forum di San Pietroburgo sembra che la guerra non esista. Putin ne ha fatto cenno quasi solo durante la conversazione con Margarita Simonyan, direttrice di Russia Today. Oltre ai soliti proclami, ha detto che «prima o poi la situazione si normalizzerà, e allora sarà inevitabile il ripristino delle relazioni con l’Ucraina». Ma sul come e sul quando, nessuna deroga. «Noi stiamo agendo nel rispetto delle regole internazionali, seguendo il precedente del Kosovo. Se una parte di un Paese vuole staccarsi, può farlo in modo legittimo. Con il Donbass è la stessa cosa». La situazione di stallo è certificata dalla risposta immediata di Joe Biden, anche questa già sentita: «Se non avessimo fermato Putin, in Europa ci sarebbe stato il caos».
In platea c’era la pattuglia degli oligarchi, compresi gli autori di timide dichiarazioni contro la guerra, come il re dell’alluminio Oleg Deripaska, che aveva annunciato la sua assenza dicendo che preferiva raccogliere ciliegie nella sua tenuta, e invece è stato visto applaudire spesso.
Russia senza colpe
Nel Donbass stiamo agendo nel rispetto delle regole internazionali
Se una parte di Paese vuole staccarsi,
è legittimo che lo faccia. È l’Occidente che ha voluto trasformare l’Ucraina
in una piazza d’armi
Il messaggio di Putin nei loro confronti è stato esplicito: «Stare a casa è più sicuro. Coloro che sono andati via, hanno perso molto. Non dovete cadere sempre nello stesso errore: investite qui, in Russia, per creare nuovi posti di lavoro, come fecero i grandi mecenati dell’Ottocento». Tutto qui. Chi si aspettava piccoli spostamenti di prospettiva deve prendere atto di un discorso monolitico, che allontana ancora di più ogni flebile speranza di cambiamento a breve termine. Sarà ancora lunga. Ma su questo non c’erano dubbi.