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 2022  giugno 18 Sabato calendario

Grillo, Tolstoj e il doppio mandato a quel paese

Mentre tra le tribù perdute dei Cinque Stelle era in corso l’ennesimo regolamento di Conte, Grillo è sceso dalla montagna per annunciare che il Supremo gli aveva parlato. Cioè aveva parlato all’Elevato, che però è Grillo medesimo, mentre non è dato conoscere l’identità di questo Supremo: il fantasma di Casaleggio senior o lo stesso Grillo in uno sdoppiamento di personalità che a questo punto non sarebbe nemmeno l’aspetto di maggior rilevanza psichiatrica. Anziché le tavole della Legge, il novello Mosè brandiva un articolo sull’evoluzione nei processi riproduttivi che sembrava scritto da Medvedev dopo quattro giri di vodka e solo nelle ultime righe virava verso la chiarezza: nessuna eccezione al limite del doppio mandato, ovvero al divieto di ricandidarsi dopo due legislature.
Non lo dico per compiacere l’Elevato e per suo tramite il Supremo, ma dal loro punto di vista hanno ragione. Il limite del doppio mandato è la ragion d’essere dei Cinque Stelle, come l’abolizione della proprietà privata per i comunisti. Si nutre anch’esso di un’utopia: che la politica sia una forma di volontariato sganciata dall’avidità, dal narcisismo e dall’istinto di autoconservazione tipici dell’animo umano. Tolstoj ammoniva: «L’uomo vuole sempre cambiare il mondo, ma mai sé stesso, per questo il mondo non cambia mai». Temo che l’Elevato non abbia letto Tolstoj. Altrimenti, dopo averci doppiamente mandato un po’ tutti, capirebbe che è arrivato il momento di mandarsi da solo anche lui.