Robinson, 18 giugno 2022
Le prime pagine di Linus
«Un giorno mi chiama Elisabetta Sgarbi e mi dice: “Mi è venuta un’idea: che ne dici se esponiamo tutti i 685 numeri originali diLinus?”. E io le rispondo: “Fantastico, è un’idea pop!”. E intanto penso: “Mio Dio, speriamo che non ne perdano qualcuno”». Sembra già di essere in una striscia dei Peanuts, in uno di quei dialoghi che significano molto più di ciò che dicono in apparenza – a dimostrazione – se ce ne fosse bisogno, di quanto le strisce create da Charles Schulz nel 1950 continuino a essere attuali.
Igor Tuveri, in arte Igort, oltre a essere uno dei maggiori autori internazionali, dal maggio del 2018 è anche il direttore di Linus, nonché storico del fumetto delle origini in grado di vantare una libreria che ha lasciato incantato anche Art Spiegelman, il creatore diMaus: «Art era venuto a trovarci in Sardegna proprio quando io ho saputo che sarei diventato direttore diLinus», spiega Igort, «e con somma irritazione di sua moglie Françoise Mouly ( art director delNew Yorker, ndr) non si muoveva più dal mio studio perché, per darmi una mano, voleva fare un punto sul fumetto mondiale; si divertiva come un matto rovistando nella mia collezione di riviste originali: non voleva più uscire. Françoise che invece, giustamente, sognava di andare al mare almeno qualche ora, ci voleva uccidere ( ride, ndr)». Ecco perché il primo numero diLinus targato Igort ha in copertina proprio un disegno esclusivo di Spiegelman, che a sua volta a Linus deve molto: «È stato il primo editore a pubblicarlo fuori dagli Stati Uniti, dove usciva suRaw, la rivista autoprodotta fondata da Françoise e Art. Per questo era così eccitato!».
Naturalmente una mostra degli albi originali è un’occasione non solo per fare un viaggio nel tempo ma anche nella società e, soprattutto, nei grandi autori del fumetto mondiale. Come spiega Elisabetta Sgarbi: «L’eccezionalità e l’unicità della rivista Linus vengono raccontate in questa mostra che, attraverso le copertine e i numeri originali, ne ripercorre l’intera storia. Ma c’è un racconto nel racconto: il nuovo corso diLinus— determinato dall’ingresso della Nave di Teseo e dalla linea editoriale di Igort – è caratterizzato dall’attenzione alla storia del fumetto e a trovare nuovi tratti e nuove voci. Questa mostra – nel centenario della nascita del creatore dei Peanuts, Schulz – esemplifica questa direzione bifronte, che caratterizza ogni vero progetto culturale. La Venaria è il contesto più prestigioso in cui raccontare queste storie. Credo che questa mostra sarebbe piaciuta molto a Umberto Eco».
Ne siamo più che convinti: infatti, non solo Eco avrebbe voluto pubblicare i Peanuts ( Giovanni Gandini, fondatore e primo direttore di Linus, ottenne la licenza prima di lui) ma nel primo numero, quello dell’aprile 1965, mostrando di non serbare rancore fu protagonista di uno storico dialogo con Elio Vittorini e Oreste Del Buono intitolato “Charlie Brown e i fumetti”.
IlLinus di Igort riparte proprio da lì, dagli inizi: «Sì, infatti ho chiamato il mio primo numero “Linus ritorna bambino”. Perché mi interessa la meraviglia della scoperta e ritengo che il mio ruolo all’interno del mondo del fumetto oggi sia un po’ quello di pioniere e archivista. A me interessa esplorare e scoprire segni e personalità che altrimenti avrebbero difficoltà ad atterrare sul pianeta editoriale. Quando, 22 anni fa, ho aperto la Coconino Press, nessuno in Italia pubblicava i romanzi grafici maLinus invece aveva già la visione de “la Politique des auteurs”, per citare la Nouvelle Vague. Con la mia direzione sono partito ripubblicando dei classici del fumetto insieme ai nuovi autori per dire: “Non buttiamo via le cose, guardiamole bene”. E poi ho voluto la brossura: sembra un fatto tecnico ma è un modo per dare importanze alle cose». Come molti di noi, anche Igort ha conosciuto i Peanuts su Linus: «Per me sono sempre stati il fumetto perfetto: un miracolo che si rinnova alla fine di ogni quarta vignetta per cui ogni volta penso a Charles Schulz come a un genio dalla capacità di sintesi universale. Le sue quattro vignette sono come le 17 sillabe di un haiku giapponese».
Linus, però, non è stato solamente il giornale dei Peanuts. «No, c’era il meglio: la poesia stralunata delKrazy Kat di Herriman, Li’l Abner di Al Capp, Popeye di Segar. Tutti autori che rielaborano il linguaggio, lo distorcono, lo inventano. Il che richiedeva traduttori estremamente abili, acrobatici». Anche gli stessi Peanuts: fu Franco Cavallone, notaio e a tempo perso traduttore per passione, a inventare le “toffolette” per i “marshmallow” o il “Grande Cocomero” (“The Great Pumpkin”). «Sì, anche Ranieri Carano fece un grande lavoro con Maus, anche se qualcuno disse a Spiegelman che non era tradotto bene, forse perché non era letterale e così lui lo fece ritradurre. Ma era meglio prima: una traduzione letterale non cattura l’essenza».
Su Linus ci fu la prima apparizione di Valentina di Crepax. «Nel 1965, anche se la prima copertina è del 1969: fu solo la prima di una serie di donne che rimandavano alla rivoluzione femminista. Memorabile la Lucy che dice “io sono mia” nel gennaio del 1974 ma già nel 1967 c’era stata la copertina dedicata aBarbarella di Jean- Claude Forest. E poi il Corto Maltese di Pratt, ilColombo e ilCipputi di Altan fino a Pazienza, Dylan Doge oggi Zerocalcare. Ma anche Crumb, Battiato, Lou Reed, Pasolini e Umberto Eco. Cultura “alta” e “bassa”, passato, presente e futuro da sempre si incontrano suLinus».