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 2022  giugno 18 Sabato calendario

La sceneggiata di Brunetta

Riecco Brunetta che fa Brunetta, iconografica macchietta scurrile della politica italiana. Un ministro che digrigna, insulta, irride, esibisce una cattiveria senza ironia e senza motivo, un incomprensibile senso di superiorità. Ieri sono diventate all’improvviso virali le immagini di un comizio elettorale del 10 giugno a Mira, in Veneto, durante il quale Renato Brunetta offende e deride un lavoratore che lo ha interrotto, con la pessima idea di provare a fargli una domanda.
La scena, a ben vedere, ha una sua surreale, magnifica decadenza. Bisogna osservare i dettagli: il ministro è da solo su un piccolo palco quadrato, circondato da tre file di sgraziati sarcofagi adibiti a fioriere, ognuno adornato da un paio di vasetti di gerani rossi. Il comizio si tiene in quello che pare essere il giardino di un’abitazione privata. Nel video compare giusto una manciata di persone e dal tenore degli applausi si può dedurre che ad assistere all’esibizione del ministro ci sia al massimo una decina di persone.
Tra di loro, l’incauto signore che prova a interloquire col ministro. Il video è tagliato (e la versione pubblicata sul sito di Brunetta, molto opportunamente, omette del tutto lo scambio tra i due), ma la conversazione inizia così, con il ministro già stizzito: “Allora tu, cosa mi chiedi? Ah sei dipendente? E cosa chiede il tuo datore di lavoro?”. La risposta è interlocutoria: “Deve provarlo a chiedere a lui”. Qui Brunetta sbrocca immediatamente: “E perché cazzo parli allora?!?”. Segue un brevissimo scambio incomprensibile, poi ancora Brunetta strilla nel microfono: “Grazie! Grazie! Grazie! E perché non ti metti in proprio? Perché non ti metti in proprio?”. Il lavoratore si avvicina per provare a rispondere, ma Brunetta ormai è una specie di bulletto, cattivissimo e infantile: “Nooooo, non ti lascio parlare perché il microfono ce l’ho io, quindi comando io”. In sottofondo gli applausi scroscianti delle cinque o sei persone che assistono. Poi la chiosa brunettiana, da gran signore: “Viva la democrazia. Continua a fare il tappezziere, dipendente”. Brunetta non risparmia nemmeno l’aneddoto morale. “Vedete il mondo è bello anche per questo perché a me, figlio di venditore ambulante, mio padre mi diceva sempre: ‘mai sotto padrone’. Questa cosa l’ho continuata nella mia vita, ho avuto solo un datore di lavoro, lo Stato”.
Un umile servitore della Cosa pubblica, richiamato sul proscenio dopo anni di retrovie in un partito agonizzante, Forza Italia, per rappresentare la Pubblica amministrazione nel “governo dei migliori”. A Brunetta che esplode pubblicamente per umiliare i suoi interlocutori – ma soprattutto se stesso – si è abituati: l’ha fatto talmente spesso da non sorprendere più. Al fatto che sia di nuovo ministro non ci si abituerà mai.
Riecco Brunetta che fa Brunetta, iconografica macchietta scurrile della politica italiana. Un ministro che digrigna, insulta, irride, esibisce una cattiveria senza ironia e senza motivo, un incomprensibile senso di superiorità. Ieri sono diventate all’improvviso virali le immagini di un comizio elettorale del 10 giugno a Mira, in Veneto, durante il quale Renato Brunetta offende e deride un lavoratore che lo ha interrotto, con la pessima idea di provare a fargli una domanda.
La scena, a ben vedere, ha una sua surreale, magnifica decadenza. Bisogna osservare i dettagli: il ministro è da solo su un piccolo palco quadrato, circondato da tre file di sgraziati sarcofagi adibiti a fioriere, ognuno adornato da un paio di vasetti di gerani rossi. Il comizio si tiene in quello che pare essere il giardino di un’abitazione privata. Nel video compare giusto una manciata di persone e dal tenore degli applausi si può dedurre che ad assistere all’esibizione del ministro ci sia al massimo una decina di persone.
Tra di loro, l’incauto signore che prova a interloquire col ministro. Il video è tagliato (e la versione pubblicata sul sito di Brunetta, molto opportunamente, omette del tutto lo scambio tra i due), ma la conversazione inizia così, con il ministro già stizzito: “Allora tu, cosa mi chiedi? Ah sei dipendente? E cosa chiede il tuo datore di lavoro?”. La risposta è interlocutoria: “Deve provarlo a chiedere a lui”. Qui Brunetta sbrocca immediatamente: “E perché cazzo parli allora?!?”. Segue un brevissimo scambio incomprensibile, poi ancora Brunetta strilla nel microfono: “Grazie! Grazie! Grazie! E perché non ti metti in proprio? Perché non ti metti in proprio?”. Il lavoratore si avvicina per provare a rispondere, ma Brunetta ormai è una specie di bulletto, cattivissimo e infantile: “Nooooo, non ti lascio parlare perché il microfono ce l’ho io, quindi comando io”. In sottofondo gli applausi scroscianti delle cinque o sei persone che assistono. Poi la chiosa brunettiana, da gran signore: “Viva la democrazia. Continua a fare il tappezziere, dipendente”. Brunetta non risparmia nemmeno l’aneddoto morale. “Vedete il mondo è bello anche per questo perché a me, figlio di venditore ambulante, mio padre mi diceva sempre: ‘mai sotto padrone’. Questa cosa l’ho continuata nella mia vita, ho avuto solo un datore di lavoro, lo Stato”.
Un umile servitore della Cosa pubblica, richiamato sul proscenio dopo anni di retrovie in un partito agonizzante, Forza Italia, per rappresentare la Pubblica amministrazione nel “governo dei migliori”. A Brunetta che esplode pubblicamente per umiliare i suoi interlocutori – ma soprattutto se stesso – si è abituati: l’ha fatto talmente spesso da non sorprendere più. Al fatto che sia di nuovo ministro non ci si abituerà mai.